Cesarò, Troina e San Teodoro sono i territori più colpiti dall'emergenza animali selvatici. «Devono essere controllati - spiega a MeridioNews uno dei 150 firmatari dell'appello alle istituzioni - Comandano loro, non possiamo farci ammazzare». Guarda le foto
Nebrodi invasi dai cinghiali: attacchi a pascoli e allevatori «Ho perso due dita e sono salvo perché non ero da solo»
Un fenomeno che, almeno fino a questo momento, viene sottovalutato dalle istituzioni, nonostante da tempo gli allevatori dei monti Nebrodi non dormano sonni tranquilli. Sotto la lente d’ingrandimento c’è la presenza nel territorio compreso tra Cesarò, Troina e San Teodoro di migliaia di suidi e di diversi branchi di cani inselvatichiti. Fare una stima in termini numerici è praticamente impossibile ma nel 2019, attraverso una ricognizione aerea, in un’area di circa 200 ettari sono stati individuati circa 500 suidi tra maiali, cinghiali e altre specie che appartengono a questa famiglia. La vicenda adesso è finita al centro di una diffida firmata da quasi 150 allevatori che, nei giorni scorsi, è stata inviata all’assessorato regionale all’Agricoltura, ai sindaci della zona, oltre che ai prefetti di Enna e Messina. L’obiettivo è chiedere «l’adozione degli atti necessari e l’avvio delle procedure per contenere o gestire la situazione emergenziale».
Gli animali, come testimoniano foto e diversi video – alcuni dei quali non pubblicabili -, in più occasioni si sono spinti all’interno delle aziende zootecniche. Oltre ai danni alle colture, un allevatore ha dovuto fare i conti con l’uccisione, in un solo giorno, di circa 50 capi di bestiame. «Episodio – si legge nella diffida – che fornisce la misura del pericolo che incombe anche sugli escursionisti e sui turisti che frequentano il parco dei Nebrodi». La situazione, stando ai racconti di chi vive in provincia di Messina, negli ultimi anni si sarebbe aggravata anche per le conseguenze della pandemia da Covid-19 con una netta diminuzione della presenza umana lungo sentieri e trazzere del parco naturalistico.
Così a finire sott’attacco, oltre a pecore e bovini, sono anche gli uomini. Non tutti però denunciano alle autorità. A rivolgersi nei giorni scorsi ai carabinieri della stazione di Cesarò è stato Manuele Ciarra Russo, allevatore che ha un’azienda in contrada Schiavone, proprio nel territorio di Cesarò. «Mi mancano quasi due dita dopo che un maiale selvatico mi ha aggredito – racconta a MeridioNews – Il 6 agosto, lo stesso destino è toccato a mio padre Rosario, azzannato alle gambe e già costretto a subire due delicati interventi chirurgici». Quest’ultimo è stato sorpreso da un cinghiale che poco prima aveva ucciso pure alcuni vitellini. «Prevenire gli attacchi è impossibile – prosegue Ciarra Russo – perché creano dei buchi lungo la recinzione. Dopo devastano i terreni come delle ruspe, si muovono anche in grossi gruppi. Io sono stato sorpreso mentre ero con un gruppo di amici, sono andato dietro la casa e un maiale mi ha buttato a terra, ho provato a spostarlo e mi ha mangiato due dita».
Per Ciarra Russo non è il primo attacco subìto, in passato era stato sorpreso da un altro gruppo di animali selvatici ma era riuscito a salvare la pelle arrampicandosi sul tetto di una casa semi-diroccata. «Come allevatori vogliamo soltanto che questi animali vengano controllati – spiega – Al momento comandano loro ma non possiamo permetterci di farci ammazzare, anche se prima o poi il morto ci scapperà». I sindaci della zona, che conoscono bene la problematica, tuttavia aspettano che dall’alto qualcuno detti la linea d’intervento, anche per evitare inutili ordinanze spesso difficilmente applicabili. L’idea, magari, sarebbe quella di replicare quanto recentemente successo all’interno del parco delle Madonie, con la Regione che ha approvato un piano di gestione per l’emergenza animali selvatici.
«C’è un problema molto serio – spiega a MeridioNews la sindaca di San Teodoro Valentina Costantino – ma dobbiamo capire come muoverci, non possiamo ordinare l’abbattimento. In questa settimana cercheremo di approfondire la questione. Negli altri anni – continua la prima cittadina – si era già parlato di questo problema ma stavolta la questione sembra davvero più grave e bisogna evitare nella maniera più assoluta di fare la prima mossa in ritardo».