Centinaia di migliaia di euro l’anno e il controllo di un terzo dei terreni gestiti dall’Azienda silvo pastorale di Troina. Ammonterebbero a tanto gli affari della Conti Taguali srl, impresa agricola attiva nell’area dei Nebrodi che, secondo la Prefettura di Catania, sarebbe suscettibile a infiltrazioni mafiose. L’ente territoriale del governo, nei giorni scorsi, ha emesso un’interdittiva che presto potrebbe portare alla revoca delle concessioni ottenute nel corso degli anni. Accordi che risalgono a prima della stipula del protocollo di legalità con cui, dal 2015, si impone agli enti pubblici la richiesta dell’informativa antimafia ai privati interessati ai beni demaniali.
Registrata nel 2013, la
Conti Taguali srl detiene circa 1300 ettari sui Nebrodi. In un’area ricadente nel territorio di Cesarò, ma di proprietà del Comune di Troina, si occupa soprattutto di allevamento di animali con la possibilità di accedere a diverse linee di finanziamento comunitarie. Business che da circa vent’anni – in precedenza gli affitti sarebbero stati intestati a singoli soggetti – la famiglia Conti Taguali avrebbe avuto garantito, grazie anche a rinnovi delle concessioni avvenute senza gare pubbliche né approfondimenti in materia di possibili contiguità con gli ambienti criminali.
Amministratore unico dell’impresa è
Giuseppe Conti Taguali. Il 64enne fa parte del gruppo di 14 persone alle quali è stato chiesto il prelievo del dna perché sospettate di un coinvolgimento nell’attentato dell’anno scorso contro il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. Già condannato per invasione di terreni e sotto giudizio per ricettazione, è fratello di Sebastiano Conti Taguali, a sua volta legato da parentela alla famiglia mafiosa Bontempo Scavo, avendo sposato la figlia di Sebastiano. I cognati Rosario e Carmelo, inoltre, sono stati condannati definitivamente all’ergastolo nel processo Icaro-Romanza.
A fare parte della società oggetto di interdittiva è anche la moglie di Giuseppe Conti Taguali,
Carmela Pruiti. La donna, originaria come il marito di Tortorici e con tre fratelli assassinati con modalità mafiose e ritenuti interni o vicini alle cosche dei Nebrodi, lo scorso novembre è stata denunciata per truffa aggravata in un’indagine riguardante il conseguimento di erogazioni pubbliche legate a fondi comunitari per l’agricoltura. Pruiti detiene il 16,67 per cento delle quote societarie, così come i tre figli Calogero, Maria e Sebastiano. Anche per questi ultimi non sono mancati i problemi con la giustizia: il primo, nel 2008, è stato condannato a due anni per possesso di armi clandestine; destino che l’anno precedente era toccato a Sebastiano, il più piccolo della famiglia, al quale tempo dopo è stata comminata anche una multa da oltre 22mila euro per invasione di terreni e tentato furto.
Per quanto riguarda l’unica figlia, invece, esiste una segnalazione da parte della polizia perché indiziata di avere favorito la fuga di un altro fratello destinatario di custodia cautelare. Si tratta di Signorino Conti Taguali che, con Gaetano, completano la famiglia. I due non possiedono quote societarie, ma dalla loro hanno pesanti condanne. Signorino è stato arrestato nel 2008 per associazione mafiosa, con i magistrati che lo accusavano di avere ottenuto il controllo di attività imprenditoriali tramite la forza intimidatoria derivante dalla vicinanza alla famiglia Bontempo Scavo, e di recente ha visto scadere la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Centuripe. Gaetano, invece, dopo essere stato condannato in via definitiva per estorsione e porto d’armi, ha ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali. Un curriculum familiare che avrebbe portato la Prefettura etnea a ritenere verosimile la vicinanza della famiglia ad ambienti criminali del Messinese.
A sollecitare un chiarimento da parte dell’ente etneo era stato il sindaco di Troina
Fabio Venezia, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che lo scorso anno ha previsto la richiesta della certificazione antimafia anche per i contratti già stipulati. Adesso il primo cittadino sarà tenuto a revocare tutti gli affitti riconducibili ai Conti Taguali. Ciò per l’intera area dei Nebrodi significherebbe la definizione di uno scenario del tutto nuovo: si tratterebbe, infatti, del colpo più duro inferto alle imprese ritenute vicine alla mafia dei pascoli. La scorsa primavera, l’Azienda silvo pastorale aveva già proceduto a indire le prime gare pubbliche per riassegnare i terreni sottratti ad affittuari risultati non in regola con la documentazione antimafia.
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