Fino ad oggi era una tomba senza nome in un cimitero dell’Agrigentino. Oggi quella bara, grazie al lavoro degli uomini della Questura di Agrigento e della volontà ferrea di parenti e compagni di sventura di cercare i cari scomparsi, ha un nome e un volto, quello dolce di Marah Asayed, 19 anni, siriana di Damasco.
La sua storia è strettamente connessa a quella del piccolo Mohammed Alabdullah, identificato dopo l’appello lanciato dalla trasmissione televisiva Chi l’ha visto e anche lui morto nel tragico naufragio del 2 agosto del 2014, quando a largo delle coste libiche una nave che trasportava 500 persone, tra le quali una trentina di bambini, colò a picco. Sono stati i genitori di Mohammed, infatti, a portare in Germania le foto dei passaporti e degli effetti personali repertati dalla polizia, distribuendoli tra i connazionali che avevano perso dei propri cari in mare. Così uno zio della ragazza, oggi residente in Danimarca, si è presentato alla Questura di Agrigento, dichiarando di aver riconosciuto sua nipote. La storia degli ultimi anni della loro vita è comune ai migliaia di migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo.
«Insieme a sua moglie e ai suoi quattro figli – spiegano le forze dell’ordine -, a causa della guerra in corso, nel 2012 furono costretti a fuggire dalla Siria per raggiungere la Libia. Nel 2014 decisero di fare la traversata via mare per raggiungere l’Italia. Avevano pagato mille dollari a persona a un trafficante di migranti del posto e avevano invitato a seguirli anche Marah, figlia del fratello, che si trovava ancora in Siria, la quale li raggiunge nel luglio del 2014. L’uomo riferiva – continuano dalla Questura – che insieme ad altre centinaia di migranti, si ritrovava in un’imbarcazione stipata fino all’inverosimile e che loro, in particolare, erano stati collocati nella stiva (anche se nella parte intermedia) del natante. Dopo circa quattro ore di navigazione erano stati soccorsi ma, a causa del sovrannumero a bordo e della concitazione creatasi al momento dell’arrivo della nave soccorritrice, il peschereccio si capovolse».
Solo una volta a bordo della nave Peluso si resero conto che erano sparite, inghiottite dal mare, la nipote e la figlia. Arrivati ad Agrigento, ospitati dalla Caritas, i parenti della ragazza hanno potuto effettuare il riconoscimento della ragazza, anche attraverso gli oggetti repertati, tra i quali i documenti e una medaglietta riportante il nome Marah. Adesso i genitori, ancora oggi residenti in Siria, hanno manifestato la volontà di visitare la tomba.
Marah e Mohammed sono due gocce in un mare immenso: l’ultima relazione semestrale del Commissario del ministero dell’Interno per le persone scomparse, del dicembre 2015, infatti, parla di oltre 5.455 minori ancora da ricercare, dei quali la stragrande maggioranza sono proprio vittime dei flussi migratori.
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