Sedici pagine per raccontare la città dalle trecento moschee, Palermo, e l'influenza che la dominazione araba ha ancora sulla vita di chi ci abita. Un servizio sulle meraviglie patrimonio dell'umanità realizzato in un anno dalla storica tedesca Ursula Janssen e dal marito, il fotografo iraniano Manoocher Deghati. Guarda le foto
National Geographic racconta Quando eravamo arabi Un reportage sul percorso Arabo-Normanno Unesco
Troverai quivi ogni cosa che tu bramar possa, buona o bella. Con le parole del viaggiatore andaluso Muhammad Ibn Jubair, tradotte da Michele Amari, si apre il reportage di sedici pagine che la rivista National Geographic ha realizzato per raccontare il percorso Arabo Normanno, diventato Patrimonio Unesco il tre luglio scorso e che comprende Palermo, Monreale, Cefalù e Cefalà Diana. Quando eravamo arabi questo il titolo dell’articolo che uscirà per l’edizione italiana della storica rivista per una tiratura di centomila copie, presentato a Palazzo delle Aquile dagli autori: il fotografo iraniano Manoocher Deghati e la storica tedesca Ursula Janssen.
Tra le foto di Deghati che accompagnano l’articolo ci sono il Mercato dalle origini arabe di Ballarò, la Cattedrale, il Duomo di Monreale, l’hammam di Cefalà Diana e la stanza Blu di via Porta di Castro a Palermo, rinvenuta nel corso di un restauro di un’abitazione con affreschi e scritte arabe risalenti al 1860. Per scrivere il servizio la giornalista tedesca, moglie del fotografo iraniano col quale firma l’articolo, ha impegnato circa un anno: «Siamo venuti in Sicilia tre volte – spiega – e fatto diverse ricerche». Spazio anche alla questione migranti. Marco Cattaneo, chief editor di National Geographic Italia, che scrive un editoriale intitolato Viva le contaminazioni, infatti, ci tiene a ringraziare «In particolare agli abitanti di Lampedusa che in questi anni si sono battuti per dare dignità ai migranti».
«Devo subito smentire il titolo dell’articolo – dice il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando – Noi siamo ancora arabi. Palermo non è Francoforte, Palermo è Istanbul, è Tripoli, ma siamo anche la porta d’Europa. Quando a Bonn ho presentato la proposta di Palermo arabo normanna patrimonio Unesco tutti erano d’accordo tranne il ministro della cultura giapponese. C’è stato qualche momento di panico, non ho ben capito, sembrava molto arrabbiato e ho temuto il peggio, poi invece hanno tradotto quello che stava dicendo e secondo lui era una vergogna che ci dessero il riconoscimento così tardi».
Nel reportage ampio spazio è dedicato alla storia degli arabi nella città, Palermo, che fu capitale dell’Emirato e che all’inizio dell’800 contava 300mila abitanti e 300 moschee, tanto che esisteva una tassa, la jizya, imposta ai non musulmani. Segni indelebili che si ritrovano ancora per le vie del centro storico e nelle abitudini dei palermitani.