Nassiriya, il ricordo delle vittime a 15 anni dalla strage «Anni di dolore e strazio ma vissuti con grande orgoglio»

«Abbiamo vissuto 15 di dolore e di strazio, ma vissuti con discrezione e, soprattutto, con grande orgoglio. Proprio questo ci ha aiutati in questi anni ad andare avanti». È una ferita ancora aperta e dolorosa per Marco Intravaia, e la sua famiglia, che aveva solo 16 anni quando il padre Domenico, appuntato dei carabinieri in missione all’estero, fu ucciso nella strage di Nassiriya. Quella mattina del 12 novembre del 2003, due kamikaze fecero esplodere una autocisterna all’ingresso della base in Iraq: un bilancio pesantissimo quello delle vittime con 28 morti di cui 19 italiani. Tra loro dodici carabinieri, cinque soldati dell’esercito e due civili. Il prezzo più alto per Sicilia con sette vittime: oltre a Intravaia, vice brigadiere di Monreale, persero la vita anche Giovanni Cavallaro, sottotenente, originario di Messina; Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante di Messina; Giuseppe Coletta, brigadiere di Avola; Ivan Ghitti, brigadiere di San Fratello; Horacio Majorana carabiniere scelto, di Catania; ed Emanuele Ferraro, caporal maggiore scelto di Carlentini.

Stamane i familiari delle vittime hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione in ricordo della strage celebrata a Palazzo dei Normanni. Presente anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani che, assieme al presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, ha deposto una corona di alloro sulla targa che ricorda il sacrificio dei soldati appartenenti alla missione internazionale di pace denominata Antica Babilonia. «Oggi piangiamo le tredici vittime del maltempo ma ricordiamo anche le vittime di 15 anni fa – ha detto Tajani -, siciliani caduti a Nassiriya assieme ad altri italiani morti della violenza del terrorismo, uomini che erano andati a difendere la pace e la libertà a migliaia di chilometri ma sempre in difesa dei valori che contraddistinguono l’Unione europea. È grazie all’Unione europea se oggi viviamo in pace da 70 anni. Libertà, democrazia e abbattimento delle frontiere sono una grande conquista. Purtroppo, al di là dei nostri confini, ancora si muore perché violenza, guerra e terrorismo continuano a uccidere».

«Sono trascorsi quindici anni e tutti abbiamo ancora impresse nella memoria le terribili immagini della strage di Nassiriya – ha ricordato Micciché – Un attentato terroristico che provocò la morte di 19 nostri connazionali. Commemoriamo questi eroi del nostro tempo, affinché i loro nomi, di fedeli e coraggiosi interpreti del nostro impegno al servizio della collettività, rimangano sempre impressi nella nostra memoria». Dopo gli interventi di Miccichè e Tajani, a Sala d’Ercole si è svolto un concerto dell’orchestra del Teatro Massimo diretta dal maestro Gabriele Ferro, che ha eseguito brani di Mozart. Il concerto è stato aperto con l’esecuzione dell’Inno di Mameli, a cui è seguito un minuto di silenzio. Alla cerimonia hanno preso parte anche il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, alcuni componenti del governo regionale, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, deputati regionali e nazionali, le massime autorità civili e militari e i familiari delle vittime.

«La Sicilia è la regione che ha pagato il tributo più alto di sangue in quello che è stato il primo attentato nei confronti dei contingenti italiani – ha aggiunto  il comandante della legione carabinieri Sicilia, il generale Giovanni Cataldo – Ogni azione rappresenta una occasione per apprendere lezioni e il nostro approccio, anche nei teatri operativi, è stato sempre di vicinanza alle popolazioni. Evidentemente gli attentati terroristici di matrice confessionale non riconoscono anche l’opera di appoggio alle popolazioni – ha concluso – e quindi abbiamo dovuto rimodulare in maniera più attenta le misure di sicurezza a tutela dei nostri operatori».


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La mattina del 12 novembre del 2003 due kamikaze fecero esplodere una autocisterna all’ingresso della base in Iraq: un bilancio pesantissimo quello delle vittime con 28 morti di cui 19 italiani. Il prezzo più alto per Sicilia con sette morti. Marco, il figlio di Domenico Intravaia: «Una sofferenza che ci ha aiutati»

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