Nasce la Rete Mettere in Comune

METTERE INSIEME LE ESPERIENZE, FARE RETE NEI CONFRONTI DI UNA BUROCRAZIA SPESSO CIECA E SORDA, DIFENDERE I BENI COMUNI. DOMENICA 22 SETTEMBRE 2013 ORE 10 FONDERIA ORETEA

Pubblichiamo il testo dell’appello:

Siamo decine di “Pratiche” attivate da realtà di origine molto diversa tra loro: associazioni culturali o a sfondo sociale, gruppi informali, micro-imprese che sviluppano forme di economia alternativa, collettivi che hanno occupato e ora gestiscono spazi di varia natura.

Le nostre azioni hanno luogo in ambiti differenti, che hanno a che fare con differenti tipi di risorse:

* Spazi verdi e orti condivisi;
* Riuso, riciclo e scambio;
* Lavoro (anche e soprattutto cognitivo e artistico);
* Pratiche sociali e caring (come attività di cura per le persone dipendenti e tra le persone tutte);
* Vivere sostenibile (inteso come bisogno generale di uno stile di vita improntato alla dignità per tutti, alla sostenibilità ambientale e all’economia di relazione).

Ogni pratica ha la sua particolarità connessa al suo ambito di azione e al modo in cui vi agisce.

Ogni pratica, però, non rappresenta solo una soluzione particolare a un bisogno specifico, perché ciascuna di esse, al di là dei singoli ambiti, mette in comune alcune risorse – materiali, logistiche, spaziali, di tempo e competenze – per affrontare in maniera creativa, solidale e di nova sperimentazione democratica dal basso la precarietà e l’impoverimento, non solo monetario ma anche relazionale, culturale e “di senso” – connessi anche al protrarsi della crisi economica e finanziaria contemporanea.

Cosa abbiamo in Comune

Abbiamo in comune il fatto di avere inventato strategie per realizzare i nostri progetti e i nostri desideri al di fuori dei percorsi convenzionali. Le pratiche del “mettere in comune” non rispondono soltanto a “bisogni” tradizionalmente intesi, ma anche a desideri propri del territorio, valorizzando quel surplus di valore sociale che esiste in ogni azione di condivisione di problematiche e risorse.

Abbiamo in comune la convinzione che la povertà e la precarietà non derivino dalla mancanza di risorse ma da una loro ingiusta redistribuzione e dal loro inaccettabile spreco.

Abbiamo in comune una visione della qualità della vita che non è data dal PIL o dal reddito pro capite, ma dall’accesso ai diritti fondamentali; per far questo agiamo un diverso ordine di priorità sociali, dando valore a quelli che consideriamo beni comuni, come l’acqua, la terra, l’aria, ma anche la cultura, la cura dell’infanzia, gli spazi pubblici , ecc.

Abbiamo in comune il fatto di avere messo in pratica una logica diversa da quella della competizione sul libero mercato, e di avere scelto invece la via della messa in comune delle risorse per il benessere di tutti. Tutte le pratiche sono nate dalla volontà di recuperare, riconoscere e valorizzare risorse, idee e beni comuni in modo pragmatico; di riappropriarsi dei beni in senso ambientale, in senso comunitario, in senso economico, e di agire anche su sprechi e scarti.

Abbiamo in comune modalità di coinvolgimento e di presa di decisione che sono orizzontali e non gerarchiche. Sperimentando i nostri percorsi sperimentiamo anche pratiche di nuova democrazia dal basso, di riscrittura condivisa delle regole, di nuove modalità di accesso alle risorse che siano includenti e non selettive.

Abbiamo in comune il problema fondamentale dell’accesso alle risorse e agli spazi da mettere in comune; questo accesso è fondamentale per la riproducibilità delle azioni e la loro moltiplicazione in altri contesti sociali.

Abbiamo in comune la voglia di “riconoscimento”, anche culturale, delle azioni che portiamo avanti e che a volte sono viste ancora con sospetto proprio per il loro portato di innovazione sociale.

Abbiamo in comune, infine, la consapevolezza che le politiche pubbliche messe in atto dalle istituzioni sono insufficienti e inadeguate per una reale valorizzazione di beni e risorse comuni, per un loro utilizzo consapevole, per una loro redistribuzione giusta e solidale. E che quindi è necessario cambiarle, nella modalità di applicazione e nel loro contenuto progettuale. Vogliamo contrapporci al dato di fatto che vede oggi la macchina burocratica, e non la politica, agire su dettami prettamente economici come attore unico e assoluto del governo della cosa pubblica.

Perché Mettersi in Comune tra chi Mette in comune:

Tutto questo è per noi base condivisa per una progettualità trasversale che non solo aiuta a sviluppare le potenzialità delle singole pratiche ma che, attraverso la costituzione della Rete Mettere in Comune, le articola in un soggetto nuovo, che è molto di più della sommatoria delle sue componenti, proprio per quel plusvalore sociale e imprevedibile che il mettere in comune sempre comporta.

Quale rapporto con amministrazioni locali e istituzioni:

Le pratiche del mettere in comune vogliono avviare un confronto con le amministrazioni locali, ma su basi nuove. Il fatto di avviare una relazione tra le istituzioni del pubblico e le azioni e le pratiche del “mettere in comune” non deve innanzitutto condurre, in alcun modo, a una deresponsabilizzazione delle prime, né a un ridimensionamento del conflitto ove necessario. Le pratiche agiscono in ambiti innovativi che devono essere riconosciuti come tali, e la loro azione non solleva in nessun senso le istituzioni dai loro doveri e dalle loro responsabilità.

In questa prospettiva, le risposte della cittadinanza attiva alla crisi economica non devono ridursi a contributi gratuiti di cui le istituzioni pubbliche, spesso prive o carenti di risorse monetarie ma anche creative, possono semplicemente avvalersi.

Alla valorizzazione delle pratiche cittadine del “mettere in comune” deve corrispondere una effettiva cessione di sovranità da parte del pubblico, garantendo l’accesso alle risorse e a spazi di co-decisione reale, in cui sia possibile decidere insieme nuove regole e trasformare quelle esistenti.

Per fare questo occorre finalmente superare l’approccio emergenziale alle questioni sociali attraverso la costruzione di una visione progettuale a lungo termine, che parta dall’avvio di riflessioni pubbliche e profonde sui temi in questione e si sviluppi all’interno di nuovi spazi di incontro tra cittadini e cittadine e amministratori locali.

Obiettivi Principali della Rete Mettere in Comune:

Esistono almeno due livelli di obiettivi che la Rete Mettere in Comune persegue:

1. Il primo livello è quello della stessa messa in rete delle pratiche per svilupparsi, crescere e attrarre altre realtà diverse, creando uno spazio comune in cui, attraverso la collaborazione, lo scambio di idee e risorse e il supporto reciproco, potere superare le problematiche e valorizzare le potenzialità di ciascuna.
2. Il secondo livello è quello che pone la Rete in relazione con l’esterno allo scopo di superare ostacoli comuni e problematiche che in maniera trasversale riguardano tutte le pratiche, indipendentemente dall’ambito in cui operano. Tra queste, innanzitutto, la già citata burocrazia che diventa causa e pretesto per frenare i progetti di cambiamento.

Obiettivo principale della Rete Mettere in Comune è, quindi, l’apertura di un nuovo spazio pubblico di confronto con le istituzioni in cui dirigenti e funzionari analizzano insieme ai cittadini e alle cittadine i bisogni/desideri dei territori e le proposte di azione da incentivare attraverso la facilitazione e l’innovazione degli schemi legislativi e regolamentari.

La Rete si pone quindi come primo obiettivo quello di portare le amministrazioni a istituire un tavolo permanente di lavoro che metta insieme anche competenze legali, amministrative, fiscali per risolvere le problematiche burocratiche.

All’interno di questo spazio pubblico si devono da subito:

– Attivare percorsi che facilitino l’accesso a spazi pubblici da usare gratuitamente, anche e soprattutto in maniera polifunzionale, condizione, questa, che appare essenziale per permettere alle pratiche del mettere in comune di espandersi anche in altri contesti sociali e diventare riproducibili.

– Riformare i bandi pubblici e rendere trasparente il loro percorso dal momento della scrittura a quello della firma delle convenzioni e alla valutazione ex post dei progetti attuati. Uno dei nodi fondamentali è quello del riconoscimento e della valorizzazione dei progetti che “mettono in comune”, che non stigmatizzano, che producono valore sociale.

Un percorso sperimentale di riscrittura degli strumenti burocratici e delle relazioni politiche che solitamente portano all’affidamento degli spazi pubblici è l’ipotesi di costruire insieme una “casa delle pratiche del mettere in comune”.

Domenica 22 settembre 2013 dalle ore 10 Fonderia Oretea (alla Cala)


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