Al congresso di Diventerà Bellissima il governatore spiega perché mantenersi neutrali alle Europee - posizione non condivisa da Stancanelli - e come essere fondatori di un nuovo soggetto politico. E sulla Sea Wacth: «Non ci sono muri che possono fermarli»
Musumeci: «Né con Meloni, né con Salvini, futuro è al centro» E agli alleati: «Chi pensa di condizionarmi è miseria umana»
Libera per tutti alle Europee, «ma ogni dirigente e ogni iscritto si tenga davvero estraneo alla competizione altrimenti verrà cacciato», e un futuro nel centrodestra ma né con Matteo Salvini, né con Giorgia Meloni. Piuttosto fondatori, insieme ad altri, di un soggetto politico nuovo all’indomani delle elezioni del 26 maggio. È la svolta resa esplicita dal presidente Nello Musumeci durante il congresso regionale del suo movimento, Diventerà Bellissima, oggi a Catania. E votata dalla maggioranza del congresso che alla fine di una lunga giornata ha eletto per acclamazione Musumeci, Gino Ioppolo e Giuseppe Catania, rispettivamente presidente, coordinatore regionale e presidente della assemblea regionale.
La mozione risultata maggioritaria non è stata condivisa integralmente da alcuni uomini forti del partito, a cominciare dal senatore Raffaele Stancanelli. «Come può un movimento rispondere a chi ci chiede cosa fare per le Europee, “non facciamo nulla”? – ha detto l’ex sindaco di Catania – Dobbiamo essere partecipi alle elezioni per essere partecipi alla creazione del nuovo soggetto politico».
Musumeci affronta tutti i temi scottanti nel suo lungo intervento, a cominciare dalla posizione di Diventerà Bellissima per le elezioni del 26 maggio. Che si lega al futuro del movimento e al suo salto da soggetto regionale a nazionale. «Abbiamo il dovere di non prendere posizione alle Europee – dice il governatore – lasciare liberi i nostri iscritti, non svendiamo la nostra autonomia, né pensiamo di fare investimenti per capitalizzare un domani. Potremmo avere un candidato in Forza Italia, nella Lega e in Fratelli d’Italia. Ma sarebbe una cosa squallida». Quindi il pugno duro: «Ogni iscritto e ogni dirigente è tenuto a tenersi estraneo dal fare campagna elettorale altrimenti viene cacciato fuori, sarò inesorabile. Se invece il congresso dovesse decidere altre cose, mi allineerò al mandato del congresso». A cui, più tardi, arriva la replica di Stancanelli. «Se ognuno può fare come vuole non ci possono essere valutazioni a posteriori, mi sembra contraddittorio».
Per Musumeci il futuro sta in un nuovo soggetto politico nazionale, magari insieme al governatore della Liguria Giovanni Toti, riempiendo lo spazio politico che nel centrodestra è libero fuori dalla Lega. Uno spazio che sta al centro. «Se mi guardo a sinistra – comincia l’analisi del presidente – vedo una geografia frammentata, se mi guardo a destra vedo Fratelli d’Italia che rimane inchiodato a una percentuale tra il 2,5 e il 5 per cento, significa che non ha saputo aggregare larghe fasce di opinione che avrebbe dovuto aggregare». Per Musumeci non ci sono più debiti da saldare con Fdi. «Giorgia Meloni è stata generosa quando mi ha appoggiato, io non ho dimenticato e alle Regionali abbiamo fatto due liste, poi alle Politiche abbiamo dato il nostro miglior candidato, Stancanelli. Adesso siamo pari, non possiamo esser debitori in eterno». Musumeci chiede di essere parimenti distanti anche dalla Lega, perché «non è la destra in cui mi sono riconosciuto per tanti anni». Parole a cui segue uno degli applausi più lunghi dalla platea del congresso. «Ma con la Lega abbiamo ancora un debito da saldare, morale e politico, perché Salvini è stato generoso con noi».
Ecco quindi che la prateria su cui il presidente vorrebbe correre sta al centro. «C’è un grande vuoto, si chiama centro, area cattolica, che non riesce più a esprimere le potenzialità di cui dispone. È finita l’area di destra, è già occupata. Quando l’Udc non riesce a raggiungere percentuali degne di questo nome in una terra che continua a essere democristiana fino al midollo, bisogna chiedersi perché. Serve coprire quest’area moderata, perché la gente preferisce l’originale alla fotocopia: tant’è che cresce la Lega, non Fdi». «Non allearsi, non confluire, non sostenere, ma creare il nuovo soggetto politico», queste le parole d’ordine che si accompagnano alla posizione neutrale per le Europee, sostenuta anche dal fedelissimo Ruggero Razza. «Se è vero che le Europee sono un passaggio epocale, rimanendo neutrali saremmo tagliati fuori dalla possibilità di costruire un nuovo soggetto politico? Io non la penso così – afferma l’assessore regionale alla Sanità, replicando a distanza all’opposta posizione di Stancanelli – un centrodestra riorganizzato non può fare a meno dell’unico presidente di regione eletto a Sud».
Durante il congresso Musumeci ha tempo e modo anche per lanciare messaggi agli alleati di governo, in particolare a quell’area autonomista che fa riferimento a Raffaele Lombardo che invece ha stretto un’alleanza con Fratelli d’Italia per le Europee che potrebbe anche cambiare gli assetti della maggioranza all’Ars. Per poi aumentare il pressing su Musumeci. «Il nostro problema – tuona il governatore – non è l’opposizione, è all’interno di una coalizione dove qualcuno non ha capito che siamo stati eletti per determinare una rottura col passato. Sono impermeabile a ogni tipo di segnale, diretto o indiretto, che mi mandano. Io il mio gruppo ce l’ho. Quelli che pensano di condizionare il presidente della Regione per avere di più, sono miserie umane».
Sullo sfondo le battaglie di governo: la riconversione green dei poli petrolchimici («il nostro modello di sviluppo non può essere quello della raffinazione di petrolio, mi dispiace per Confindustria e per qualche sindacalista asservito alla logica dei petrolieri»; il ponte sullo Stretto («vorrei che Salvini mettesse la stessa passione che mette per dire sì alla Tav, anche per dire sì al Ponte, invece non ha speso una parola»); e rompe il silenzio anche sulla vicenda della Sea Watch: «Non è certo la presenza di 47 disperati su una nave a risolvere il problema, di navi e zattere ne arriveranno ancora altre. Quando si muovono milioni di persone non ci sono muri che possono fermarli. È nei paesi poveri che l’Europa deve investire. Le università siciliane invece dovrebbero specializzarsi per ospitare gli studenti che parlano l’arabo. Perché devono andare a Parigi? Perché non ci candidiamo a essere noi l’Europa per loro?».