«Correre per arrivare prima dei privati». In assenza di un piano regionale che indichi fabbisogni e tipologia di impianti necessari, il presidente accelera sulle strutture pubbliche. Ma dai termovalorizzatori al compostaggio, i privati hanno già tutto pronto
Musumeci e i rifiuti, mano pubblica contro i privati Ma i soliti noti restano avanti anche nei nuovi affari
«Dobbiamo correre per arrivare prima dei privati». Nello Musumeci lo dice chiaramente: per arrivare all’obiettivo di normalizzare il ciclo dei rifiuti in Sicilia – «il 60 per cento degli impianti deve essere pubblico e la restante parte privata – dice – non come ora che il 70 per cento dei rifiuti è trattato in strutture private» – bisogna accelerare. Fare in fretta perché se il pubblico deve recuperare vent’anni di ritardi nell’impiantistica, il privato non solo l’ha fatta da padrone fino ad ora, ma continua a progettare, presentare richieste, chiedere autorizzazioni. A inizio anni 2000 il business si chiamava discarica, oggi si chiama gassificatore, termovalorizzatore, impianti di compostaggio. «Le regole del mercato non le regoliamo né io né lei», risponde il governatore sollecitato da questa testata.
Quello che torna meno in questa corsa in cui i due contendenti starebbero quasi sullo stesso piano è che spetterebbe proprio a uno dei due partecipanti – la Regione – dettare le regole del gioco. Da quando si è insediato, la linea guida di Musumeci è sempre stata chiara: «L’autocompattatore che raccoglie i rifiuti non deve uscire dai confini della provincia». Ogni provincia deve cioè essere dotata di impianti sufficienti a chiudere il ciclo di smaltimento e trasformazione. Ma il documento, il piano regionale dei rifiuti, che dovrebbe stabilire tipologia degli impianti e fabbisogni del territorio non riesce a vedere la luce. Quello vigente risale al 2012. Sono seguiti solo piani e ordinanze emergenziali che non solo hanno permesso ai privati di aprire strutture senza alcuna pianificazione generale, ma hanno anche portato l’Europa ad aprire una procedura d’infrazione sulla Sicilia per la mancata adozione di un nuovo piano regionale.
La giunta Musumeci ha esitato il nuovo piano a fine 2018. Da quel momento il documento ha iniziato il lungo iter per l’approvazione definitiva. Ad aprile 2019 è arrivata la tirata d’orecchie del ministero dell’Ambiente che ha evidenziato una serie di criticità, tra le quali la mancata previsione degli inceneritori. Secondo Roma – e lo dice dal 2015 – nell’Isola ne servono due per bruciare 700mila tonnellate di rifiuti. «Io non sono contrario – ha detto ieri Musumeci – e più vado al Nord e più me ne convinco. Se ce lo chiede il ministero noi li inseriamo».
E così è stato fatto. La Regione ha accolto le prescrizioni di Roma inserendo nel piano la possibilità di realizzarli ma senza indicare né il numero né la localizzazione. «Tutto questo sarà affidato a un atto separato», precisano dal dipartimento. Ma a trovarsi avanti sarà ancora una volta un privato, la Sicula Trasporti, della famiglia Leonardi, che ha già presentato il progetto di un inceneritore da realizzare nella sua sede industriale a Catania, e che attende l’autorizzazione dagli uffici della Regione.
Da un paio di mesi il piano rifiuti ha avuto l’esito positivo della commissione regionale Via-Vas con alcune prescrizioni che in queste settimane il dipartimento regionale sta provvedendo a inserire. Solo dopo si procederà con la discussione in commissione Ambiente all’Ars, poi il documento passerà all’ufficio legale della Regione e infine al Consiglio di giustizia amministrativa.
Intanto Musumeci rivendica il lavoro fatto: l’apertura degli impianti pubblici di Tmb a Gela ed Enna (già previsti dal precedente commissariamento ma non ultimati), la progettazione della settima vasca di Bellolampo, e di quella di nuovi impianti a Castellana Sicula, Vittoria, Casteltermini, Trapani nord e sud, Ravanusa, Sciacca, Castelvetrano e Calatafimi. «Un investimento totale di 147 milioni di euro – ricorda il governatore – Ma dobbiamo considerare che in Sicilia non bastano sei anni per realizzare un impianto pubblico». L’obiettivo è arrivare al «60 per cento di trattamento col pubblico e 40 col privato». Per farlo «servono altri impianti in Sicilia orientale». Il governo regionale ne prevede due nel Catanese (uno vicino all’ex autoparco nella zona industriale), uno rispettivamente nel Messinese, nel Ragusano e nel Siracusano. Tutti destinati a ricevere l’organico.
Ma i progetti del pubblico dovranno fare i conti ancora una volta con quelli privati. Che in alcuni casi sono già avanti. Aprirà a marzo, ad esempio, a Melilli, in provincia di Siracusa, il più grande impianto di compostaggio della Sicilia. A opera ancora una volta della Sicula trasporti. Avrà una capacità di 45mila tonnellate di rifiuti organici all’anno. Considerando che nel 2018 tutta la provincia di Siracusa ne ha prodotte 18mila (seppure con una percentuale di differenziata ancora del 26 per cento), si fa presto a capire come sarà difficile nei fatti, per usare le parole di Musumeci, «rompere l’oligopolio» dei privati.