Dopo il corteo, il governatore riceve una delegazione. Toni accesi quando Musumeci parla di strumentalizzazione della protesta e di tempi lunghi per cambiare l'agricoltura. La risposta del segretario generale avrebbe portato quasi al contatto fisico
Musumeci-Coldiretti, è alta tensione nel faccia a faccia «La prossima volta coi bastoni». E il presidente reagisce
Che l’incontro non sia stato dei più sereni è stato evidente subito, dai primi commenti e dai comunicati stampa di entrambe le parti. Ma ieri mattina il faccia a faccia tra il presidente Nello Musumeci e i rappresentanti di Coldiretti a Palazzo d’Orleans avrebbe davvero superato i livelli di guardia, passando dai toni molto accesi al rischio di un vero e proprio contatto fisico, che sarebbe stato evitato solo dall’intervento delle forze dell’ordine presenti all’interno della sala.
Facciamo un passo indietro. L’associazione dei coltivatori diretti l’aveva preparata nei minimi dettagli la grande manifestazione di ieri. Gli immancabili palloncini gialli e le bandiere hanno invaso le strade di Palermo ancora prima dell’arrivo dei manifestanti: 20mila secondo gli organizzatori, meno di 15mila per i cronisti presenti. Comunque tantissimi, con una buona presenza di giovani ma con una maggioranza di agricoltori più in là con gli anni che, nonostante tutto, hanno voluto essere presenti, ancora una volta, per incarnare la disperazione quotidiana che vivono nelle loro campagne.
Tanti cori e qualche cartello chiedevano le dimissioni dell’assessore all’Agricoltura Edy Bandiera. Coldiretti ha puntato il dito soprattutto contro la fallimentare gestione dei consorzi di bonifica (la cui riforma presentata dal governo Musumeci è ferma all’Ars), contro i mancati pagamenti del Piano di sviluppo rurale con produttori che hanno anticipato notevoli somme rimanendo pericolosamente esposti, contro le strade secondarie impraticabili.
Rivendicazioni che i vertici di Coldiretti, guidati dal presidente nazionale Ettore Prandini, hanno ribadito in faccia a Musumeci che li ha ricevuti al culmine del corteo arrivato proprio sotto palazzo d’Orleans. «Ci vogliono dodici anni per realizzare tutto quello che voi chiedete», avrebbe risposto il presidente dopo aver illustrato quanto fatto dal suo governo per un settore a lui molto caro, accusando inoltre l’associazione di strumentalizzare il corteo a fini politici. Concetto ribadito, con parole meno forti, anche nel comunicato stampa ufficiale inviato nel pomeriggio: «Ci vorranno almeno tre lustri per rendere la nostra agricoltura competitiva al pari delle altre Regioni Italiane».
La risposta non sarebbe affatto piaciuta alla delegazione di Coldiretti, che ha sottolineato come loro le manifestazioni le fanno anche in Regioni governate dal centrosinistra come la Puglia. E a prendere la parola sarebbe stato il segretario generale Vincenzo Gesmundo: «Vuol dire che la prossima volta potremmo manifestare coi bastoni». Sarebbe stata questa frase a fare infuriare Musumeci. Stando a diversi dei presenti, il governatore, dopo un momento di silenzio, si sarebbe tolto gli occhiali, avrebbe posato il telefono, e si sarebbe alzato andando incontro al suo interlocutore. A quel punto, raccontano ancora i presenti, sarebbero volate parole forti in un confronto che da acceso è presto divenuto incandescente. Il contatto fisico, da quanto filtra, sarebbe stato evitato solo grazie all’intervento della scorta del presidente e di alcuni uomini della Digos presenti, che si sarebbero frapposti tra i due.
A distanza di qualche ora dall’accaduto e dalla fine della manifestazione, sono arrivati i rispettivi comunicati. Da una parte Musumeci «auspica un clima di serenità nel confronto con la Coldiretti, così come c’è con tutte le altre organizzazioni di categoria». Dall’altra i coltivatori diretti ribadiscono di non «poter accettare che un governatore dica che per allineare la Sicilia alle altre Regioni debbano passare più di 10 anni. Non possiamo accettare – continuano – che si addossi la colpa delle inefficienze alla mancanza di personale qualificato. O che la colpa sia del governo nazionale o di quello precedente e dell’Unione europea». Una frattura difficile da sanare.