Muos, le motivazioni del sequestro dell’impianto «Come una costruzione abusiva fatta da privati»

Sette indagati per violazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio per aver eseguito opere in assenza di autorizzazione o in difformità da essa o per aver omesso la vigilanza sull’attività urbanistico edilizia. È quanto emerge dal dispositivo di sequestro del Muos, l’impianto satellitare statunitense in costruzione a Niscemi, attuato mercoledì scorso dalla procura di Caltagirone. Secondo quanto riporta il comitato No Muos niscemese, nel mirino dell’inchiesta coordinata dal procuratore calatino Giuseppe Verzera sono finiti Giovanni Arnone, all’epoca dirigente dell’assessorato regionale Territorio e ambiente della Regione in qualità di responsabile del procedimento di autorizzazione; Mauro Gemmo, presidente della Gemmo spa ditta vicentina (già nota per i lavori di allargamento della base Dal Molin di Vicenza); Adriana Parisi, responsabile della ditta Lageco che si è aggiudicata l’appalto per la costruzione del Muos e che assieme alla Gemmo spa ha formato una associazione temporanea di imprese denominata Team Muos Niscemi; Giuseppe Leonardi, direttore dei lavori; Concetta Valenti, titolare della Calcestruzzi Piazza Srl; Carmelo Puglisi, responsabile della Pb Costruzioni e Maria Rita Condorelli della Cr Impianti srl. Inoltre sarebbe indagato anche un cittadino statunitense appartenente alla flotta della Nato.

Secondo il pm «il sequestro va effettuato per impedire che la libera disponibilità dell’immobile aggravi le conseguenze del reato ancora in permanenza». Un’urgenza aggravata dalla mancanza di collaborazione della controparte statunitense: «A tutt’oggi – scrive Verzera – il governo americano non ha fornito alcuna informazione circa le generalità del committente dei lavori». A pesare sul sequestro attuato la scorsa settimana è stata la sentenza del Tar – al quale si era rivolta l’associazione antimafie Rita Atria che ha annullato le autorizzazioni concesse dal governo regionale. A supporto dei ricorrenti anche i filmati presentati dal legale Goffredo D’Antona nel quale sono documentate le attività all’interno della base nonostante il tribunale avesse bloccato il cantiere. 

In particolare, durante un sopralluogo della polizia effettuato il 3 marzo, «si evince come all’interno della struttura Muos siano ancora presenti mezzi e personale intento a protrarre i lavori di edificazione e ciò nonostante l’avviso di pubblicazione della sentenza del Tar sia stato trasmesso a tutte le parti costituite». Un rilievo compiuto anche grazie a riprese aeree che sorprendono gli operai al lavoro. Pochi giorni dopo, ricordano i membri del comitato No Muos, D’Antona presenta nuovi video che immortalano le attività. Da qui la decisione della procura di intervenire con un procedimento di sequestro. 

La lunga vicenda giudiziaria, ricordano i No Muos, parte da una denuncia effettuata nel settembre 2011 dal Comune di Niscemi. In quell’occasione il governo statunitense aveva dichiarato «che i lavori previsti erano di “continuazione delle attività già in essere nell’area”». Ma, sottolinea Giuseppe Verzera, «è dubbio che le nuove opere possano essere una continuazione delle precedenti, si tratta di una nuova stazione radio e al riguardo basterebbe riflettere sull’enorme divario della scala delle frequenze tra l’esistente e il nuovo sistema». Gli inquirenti, in particolare, si concentrano sul decreto che istituisce la riserva niscemese della Sughereta, dentro i cui limiti sorge la base militare. «L’articolo 4 del decreto istitutivo – si legge nell’atto di richiesta di sequestro – prescrive una serie numerosa di divieti fra cui la demolizione e ricostruzione dell’immobile». E, secondo la procura, «non può assolvere all’onere della motivazione l’inciso che si legge nel verbale di sopralluogo istruttorio del 6 giugno 2008 laddove si afferma testualmente: “Non si ritiene che la realizzazione del sistema di comunicazioni utenti mobili (Muos) nel sito radio Us. Navy di Niscemi possa avere impatto negativo sotto il profilo ecologico e paesaggistico con l’ambiente circostante, risultando, quindi, compatibile con le finalità di conservazione del Sic Sughereta di Niscemi”». 

Il magistrato si focalizza sulla fase istruttoria del processo di costruzione. Un punto riguarda la questione della mancata comparizione della Sovrintendenza ai beni culturali, assente in sede di conferenza dei servizi, i cui dirigenti hanno poi presentato dei rilievi successivamente ignorati. Il dirigente regionale Arnone aveva dichiarato che «una nuova conferenza dei servizi non avrebbe cambiato lo status del progetto». Ma, dal canto loro, dalla Sovrintendenza affermano che lo stesso ente «non avrebbe mai potuto rilasciare alcuna autorizzazione alla realizzazione del progetto se l’infrastruttura fosse ricaduta in zona A». Una elemento, quello della perimetrazione della Sughereta, al centro di altri rilievi da parte del magistrato. Il sito Muos infatti, a seguito della riperimetrazione, risultava essere in zona A, ossia di totale inedificabilità. Un problema risolvibile, secondo Verzera, solo attraverso la convocazione di una nuova conferenza dei servizi. «Il provvedimento finale adottato in seguito alla conferenza dei servizi risulta illegittimo e va disapplicato in quanto viziato sul piano procedurale e sul piano sostanziale perché privo di motivazione, comparendovi clausole di stile – scrive il pm – Sopratutto non si trova alcun cenno sulla riperimetrazione del sito, frattanto intervenuta, non appare dunque assistito da un’esauriente istruttoria perché nessun provvedimento è stato adottato in seguito alla revoca del nullaosta del comune di Niscemi sia perché nessuna approfondita disamina è stata operata sotto il profilo della salute pubblica per effetto dei campi elettromagnetici». 

Secondo il procuratore, gli organi regionali «hanno trattato la vicenda come una normale costruzione abusiva di privati, senza alcuna differenza rispetto al colossale impianto che si stava attrezzando, verso cui la cura degli interessi pubblici avrebbe dovuto essere al massimo livello – attacca – Cura che evidentemente includeva anche ripensamenti e riconsiderazioni delle precedenti volontà una volta che uno dei principali attori, appunto il Comune di Niscemi, mostrava di avere forti perplessità sulla edificazione del manufatto militare, perplessità basata su fatti oggettivi e riscontrabili».

Nel documento Giuseppe Verzera effettua delle precisazioni sul precedente sequestro disposto nell’ottobre 2012 e rivisto dal tribunale del riesame. Sull’immunità territoriale rivendicata dall’ambasciata Usa viene specificato come la giustizia italiana possa agire anche contro cittadini statunitensi anche nel caso si tratti di membri appartenenti alla Nato. Giustificata anche la revoca del nullaosta disposta dal Comune di Niscemi: non un «dissenso postumo», come sostenuto dal riesame, ma dissenso «motivato da fatti nuovi e giuridicamente rilevanti».

Alla luce del dispositivo, il movimento si ritiene ancora più soddisfatto: «Una richiesta di sequestro che dà ragione su tutta la linea agli attivisti No Muos e che dimostra la superficialità con cui sono state concesse le autorizzazioni del Muos all’interno di un’area così sensibili».


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