Rocco Mogliarisi, 22 anni, ieri pomeriggio si era presentato alla polizia di Niscemi per consegnare la patente. Secondo le forze dell'ordine sarebbe scappato ad un posto di blocco nei pressi del presidio. Per l'attivista non c'era stato nessun segnale di alt. «In commissariato, due uomini della Digos mi hanno fatto entrare in un archivio al buio e mi hanno dato due ceffoni con tante forza da sbattere la testa contro un armadio di ferro», denuncia. «E' uscito senza nessun problema», replica la polizia. Il ragazzo resterà in ospedale sotto osservazione fino a domani mattina
Muos: «Io aggredito in commissariato» La Questura di Caltanissetta smentisce
«Noi sappiamo che quando è entrato in commissariato stava bene, quando è uscito aveva un bernoccolo in testa ed è stato costretto ad andare in ospedale». Gli attivisti No Muos di Niscemi sono sul piede di guerra. Uno di loro, Rocco Mogliarisi, 22 anni, che da qualche mese frequenta il presidio di contrada Ulmo, ieri pomeriggio non si sarebbe fermato ad un posto di blocco nei pressi del presidio. Invitato in commissariato per le sanzioni di rito, ne sarebbe uscito con una ferita alla tempia. «Mi hanno dato due ceffoni in una stanza al buio, non me l’aspettavo e ho sbattuto violentemente la testa su un armadio di ferro», denuncia il ragazzo. Attualmente si trova ancora all’ospedale di Niscemi, dove i medici hanno preferito tenerlo sotto osservazione per 48 ore. Ma la Questura di Caltanissetta smentisce. «E’ uscito tranquillamente dal commissariato alle quattro e mezza, solo due ore dopo è andato in ospedale – spiegano dall’ufficio stampa – A noi non risulta nessuna aggressione, non è nostra abitudine».
Tutto comincia nel pomeriggio. Due auto sono dirette al presidio, prassi quotidiana per gli attivisti. Così come è abitudine venire fermati dalle pattuglie per normali identificazioni. Stavolta però le cose avrebbero preso una piega diversa. «Mogliarisi non si è fermato all’alt ed è scappato, andandosi a nascondere in campagna», riferisce la Questura. Opposta la versione del ventiduenne. «Loro non hanno alzato nessuna paletta e io non sono scappato – racconta Mogliarisi – perché non c’era motivo. Ho proseguito lentamente fino al presidio dove ho posteggiato la macchina. Qui i poliziotti sono venuti a cercarmi, chiedendomi i documenti e il motivo per cui non mi fossi fermato al blocco. Ho spiegato che nessuno di noi aveva visto il segnale e, dato che ero senza patente, mi hanno invitato a presentarmi in commissariato».
Rocco entra al locale posto di polizia tra le quattro e mezza e le cinque del pomeriggio. Consegna la patente al poliziotto che lo aveva fermato, quindi si siede in attesa. «A un certo punto mi chiamano due della Digos – spiega l’attivista – sapevo chi erano perché ormai li conosciamo, ma non capivo cosa potessero volere. Mi intimano con tono brusco di spegnere il cellulare, mi perquisiscono, quindi mi fanno entrare in una stanza al buio, credo fosse un archivio. Uno di loro rimane sulla porta; l’altro, appena metto un piede dentro, mi dà due sberloni in faccia con violenza, tanto che sbatto la fronte su un armadietto di ferro. Ero totalmente nel panico, non me l’aspettavo». La paura ha cancellato dalla memoria di Mogliarisi parte di quello che l’uomo della Digos avrebbe urlato in quei frangenti. «Mi ricordo solo alcune frasi – continua il ragazzo – “Voi non sapete con chi avete a che fare, noi siamo gente con i coglioni e ci devi rispettare”».
Tutto sarebbe durato all’incirca 15-20 minuti. Quando Mogliarisi esce dal commissariato, sono gli amici rimasti ad aspettarlo ad accorgersi della ferita alla testa e a portarlo in ospedale. «E’ passato solo il tempo di bere un po’ d’acqua e di tranquillizzarmi», precisa l’attivista. Nessun danno serio, ma, considerata la zona della ferita, rimarrà in osservazione fino a domattina. «Non capisco perché un poliziotto che dovrebbe difendermi, mi colpisce senza motivo», conclude.
Tra le dieci e mezzanotte, gli attivisti hanno organizzato un presidio davanti al commissariato di Niscemi, a cui si è aggiunto un gruppo di bambini che passava da lì. «Abbiamo parlato con alcuni poliziotti – spiega Fabio D’Alessandro – ma si sono giustificati dicendo che non erano sul posto quando è successo l’episodio».
[Foto di Fabio D’Alessandro]