Multiservizi, niente risposte per i dipendenti Unicobas: «Bianco sulle orme di Stancanelli»

È una questione che ha radici lontane. La vertenza sindacale contro la Catania Multiservizi, società partecipata al cento per cento dal Comune etneo, è iniziata nel 2011 e ha ripreso vigore ieri, nel corso di un tavolo di lavoro convocato in prefettura per scongiurare 130 procedure di mobilità. All’appuntamento, però, l’amministrazione etnea ha chiesto una proroga e ha ottenuto una riunione a Palazzo dei Chierici il prossimo 18 settembre. «Sono arrivati impreparati, hanno solo ribadito che intendono applicare la linea di Matteo Renzi che prevede la totale dismissione delle partecipate», denuncia Franco Tomasello, segretario regionale di Unicobas Sicilia.

La questione è vecchia di tre anni: oggetto del contendere erano, all’epoca, 179 lavoratori dell’azienda municipale, tutti variamente impiegati nel servizio alle scuole pubbliche catanesi, licenziati per far tornare meglio i conti di un bilancio – quello comunale – più che zoppicante. Un ricorso collettivo al tribunale del Lavoro e i successivi pronunciamenti del giudice hanno cambiato le carte sul tavolo dell’amministrazione, all’epoca guidata da Raffaele Stancanelli, e hanno ottenuto che i licenziamenti venissero definiti illegittimi. Unicobas Sicilia, che sosteneva i lavoratori, non ha nemmeno avuto il tempo di festeggiare: «Il Comune è andato in Appello e, nonostante l’area politica diversa, Enzo Bianco segue la strada del suo predecessore», spiega Tomasello.

«Nel 2011 – racconta il sindacalista – Stancanelli disse che voleva dismettere un ramo d’azienda della Catania Multiservizi, cioè quello che si occupava delle scuole. Secondo i programmi, sono state mandate a casa più di 170 persone, tutte impiegate nei vari plessi degli istituti scolastici». In quei giorni, però, la linea della difesa di Unicobas venne accolta dal giudice del tribunale del Lavoro chiamato a pronunciarsi sui ricorsi degli ex lavoratori: «Un’azienda pubblica non ha rami d’azienda, quindi mica può cederli così. Il licenziamento non era valido e quelle persone dovevano essere re-integrate. Probabilmente per ragioni di convenienza politica, anche Enzo Bianco si schierò con noi». Le vittorie dei lavoratori nelle aule giudiziarie, nonostante i ricorsi del Comune, sono continuate una dietro l’altra e a ottobre 2013 erano state trattate «circa 70 cause», si leggeva in un comunicato diffuso dal sindacato di base proprio in quelle ore.

Reintegrati gli ex licenziati («Non tutti, alcuni hanno preferito un indennizzo, di altri non si hanno notizie, altri ancora sono defunti», precisa Tomasello), con due note di agosto 2014, la Catania Multiservizi ha annunciato 130 esuberi e l’avvio di altrettante procedure di mobilità: «In altre parole: licenziamenti. Basati su un elenco che doveva includere tutti i dipendenti della partecipata, invece non era aggiornato e, soprattutto, era incompleto». Per Franco Tomasello, il «comportamento dell’azienda è poco chiaro, sembra quasi che stiano brancolando nel buio, perché non hanno un piano industriale: senza quello non si può neanche pensare di negoziare qualcosa». E se anche le altre sigle – Cgil, Cisl e Uil – dovessero trovare punti di contatto con l’amministrazione «non è detto che noi non faremo niente: se saranno violati i diritti dei lavoratori, impugneremo anche un eventuale accordo coi sindacati». Quest’ultima prospettiva, comunque, è ancora lontana. Quel che è certo è che neanche giovedì la vertenza Multiservizi sarà conclusa.


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La vertenza tra i sindacalisti e la società partecipata al cento per cento dal Comune di Catania ha radici che arrivano al 2011. A quando, cioè, l'ex primo cittadino etneo ha annunciato di voler dismettere l'azienda. Erano scattati 179 licenziamenti, poi giudicati illegittimi dai giudici del tribunale del Lavoro. Ma adesso che quei lavoratori sono stati reintegrati, sono stati annunciati altri 130 esuberi con relative procedure di mobilità

La vertenza tra i sindacalisti e la società partecipata al cento per cento dal Comune di Catania ha radici che arrivano al 2011. A quando, cioè, l'ex primo cittadino etneo ha annunciato di voler dismettere l'azienda. Erano scattati 179 licenziamenti, poi giudicati illegittimi dai giudici del tribunale del Lavoro. Ma adesso che quei lavoratori sono stati reintegrati, sono stati annunciati altri 130 esuberi con relative procedure di mobilità

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