MPS, la vergogna di Monti e PD

Da ormai alcuni mesi non si fa altro che parlare di MPS, Il Monte dei Paschi di Siena, ovvero la più antica banca del mondo, le cui origini risalirebbero addirittura al 1472. Eppure, gli eventi che hanno caratterizzato la storia recente di questa banca hanno dell’inverosimile: sembra che siano stati inventati da uno sceneggiatore o da un romanziere.

Qualche tempo fa aveva destato qualche perplessità tra gli esperti il fatto che a gestire una banca, il Monte dei Paschi di Siena, fosse la sua Fondazione. Generalmente, infatti, le fondazioni sono appendici degli istituti bancari.

Nate ufficialmente per la realizzazione di iniziative umanitarie e benefiche, di fatto consentono alle banche, assorbendo parte dei loro utili, di pagare meno tasse. In questo caso, invece, è esattamente il contrario. La Fondazione MPS è azionista di maggioranza della banca di Rocca Salimbeni con il 36,5% del capitale (sino a qualche hanno fa la percentuale di proprietà della Fondazione addirittura superava il quaranta per cento).

Ma questa non è l’unica anomalia di tutta la faccenda. Nei mesi scorsi, infatti, MPS è venuto alla ribalta, riempiendo le prime pagine di tutti i telegiornali e giornali italiani (e di molti di quelli stranieri). Motivo: gli aiuti che il Governo Monti ha erogato allo stesso Monte dei Paschi di Siena, apparentemente per evitare il crack della banca.

Le anomalie che hanno caratterizzato la storia dell’MPS negli ultimi anni, però, cominciano ben prima e precisamente negli anni Settanta del secolo passato, ovvero nel periodo di maggior sviluppo delle attività imprenditoriali dell’allora poco conosciuto alla politica (se non per la sua amicizia con Craxi) Silvio Berlusconi.

Ebbene, in quegli anni, ai tempi di Edilnord, sarebbero stati proprio i cospicui finanziamenti del MPS a permettere a Berlusconi di costruire l’impero immobiliare che gli ha consentito di fare quello che ha fatto negli ultimi decenni. Lo stesso Berlusconi in passato ha ammesso che “grazie a MPS potei costruire Milano 2 e Milano 3, perché era l’unica banca che concedeva mutui premiando la puntualità dei pagamenti”,

Eppure, già allora, qualcuno avrebbe dovuto dubitare dell’operato del MPS, se è vero che, come rivela Il Fatto Quotidiano, già nel 1981, un’inchiesta del sindacato ispettivo della banca di Siena aveva avvertito dell’anomalia costituita dalla “posizione di rischio verso il gruppo Berlusconi che ha caratteristiche del tutto eccezionali e dimostrano un comportamento preferenziale accentuato”.

I rapporti d’affari tra Cavaliere e MPS sono proseguiti fino ai giorni nostri come dimostrerebbe il fatto che, fino a poco tempo fa, buona parte delle ricchezze dell’ex capo di Governo, ormai alla ribalta della politica nazionale ed internazionale, pare fosse depositata proprio su conti della banca senese (anche i pagamenti alle famose “olgettine” da parte del ragioniere Spinelli pare provenissero proprio dalla filiale di Segrate del Montepaschi).

Il panorama delle stranezze della banca in questione, però, con il passare degli anni, si è complicato sempre di più. Uno dei beneficiari delle linee di credito del Monte Paschi, ad esempio, pare fosse il Credito Cooperativo Fiorentino, presieduto, prima di fallire, dal coordinatore del Pdl, Denis Verdini e nel quale pare siano passati anche i crediti a Marcello Dell’Utri (fonte A. Palma).

Non sorprende, quindi, che, nel 2009, a MPS siano arrivati 1,9 miliardi di euro, ciò grazie ai cosiddetti “Tremonti-bond”. La cifra proposta dal Governo Berlusconi desta sorpresa tra gli esperti del settore in quanto è nettamente superiore alle attese. Ma non basta. A giugno 2012, a MPS arrivano altri 2 miliardi di euro. Ancora una volta si tratta di una cifra superiore alle attese dei tecnici e tale da portare a 3,9 miliardi l’esposizione potenziale del gruppo senese nei confronti dello Stato, “attraverso nuovi strumenti finanziari di patrimonializzazione assimilabili a obbligazioni speciali, simili ai T-bond”, come spiega una nota di Palazzo Chigi.

Sempre per restare in tema di stranezze, il provvedimento con cui viene concesso il prestito non viene inserito nel decreto Sviluppo, ma in quello sulle Dismissioni. Come se non bastasse, nonostante la certificazione di Bankitalia stimasse per MPS un fabbisogno di 1,3-1,7 miliardi di euro per raggiungere, entro giugno 2012, il rafforzamento patrimoniale di 3,2 miliardi richiesto dall’Autorità bancaria europea (Eba), il Consiglio dei Ministri, su proposta di Mario Monti (sollecitato dallo stesso gruppo presieduto da Alessandro Profumo e guidato dall’amministratore delegato Fabrizio Viola), decide di concedere un prestito maggiore (2 miliardi) a sua dire, “in attuazione della dichiarazione dei capi di Stato e di Governo dell’Ue del 26 ottobre 2011 sulle misure di rafforzamento del settore bancario”. (fonte Il Sole 24 ore)

Per capire la gravità di una tale azione, basti pensare che nel portafoglio del gruppo MPS sono già depositati 25 miliardi di euro in Btp, circa un terzo dei quali, oltre 8, in scadenza nel 2015. Questo dato solleva dubbi e perplessità circa la scelta del governo Monti. Cominciano a sorgere dubbi, tra molti esperti del settore (tra cui quelli de il Sole 24 ore) circa la causa che ha portato il Governo a decidere di sostenere finanziariamente la terza banca italiana. Ciò anche in considerazione della perplessità mostrata dal mercato azionario sulla capacità del Montepaschi di completare con soddisfazione il piano di dismissioni e dell’imprudenza insita nel ricorso a un aumento di capitale in quella fase.

Ma non basta. Perché anche sulla forma di tale prestito pare non ci sia molta chiarezza. Secondo alcuni osservatori, il tasso di interesse che il MPS dovrà pagare all’Italia per il prestito ricevuto con i Tremonti-bond sarebbe del 9/10 %, in applicazione ai parametri di indicizzazione del prestito connessi al rendimento dei titoli di Stato. Un bel guadagno (come ripetuto da Monti nell’attuale campagna elettorale), seppure correndo rischi che un Governo non dovrebbe correre considerando che gioca con i soldi dei cittadini.

Il bello, però, è che, in base alla legge, questi interessi “sono corrisposti dalla banca solo in presenza di utili distribuibili”. Questo significa che se la banca non produce utili distribuibili, nessuna somma a titolo di interessi è dovuta allo Stato. Casualmente questo è proprio quello che sta accadendo in questi giorni in cui la banca senese, definendo il bilancio, è in perdita. Quindi, in realtà, per un prestito a MPS concesso dal Governo Monti e di dimensioni superiori a quanto sarebbe stato sufficiente, in mancanza di utili, lo Stato non incasserà interessi per un’azione ad alto rischio fatta arbitrariamente. A pagare, ovviamente, soon gli ignari contribuenti italiani.

Fine delle anomalie? Ma quando mai! Tutto questo, infatti, è avvenuto anche grazie all’approvazione del PD, che, come ha affermato Fava, avrebbe ben 13 consiglieri di amministrazione su 16 della Fondazione MPS (sono infatti scelti dal Comune e dalla Provincia di Siena, governate dalla sinistra), ossia dell’azionista di maggioranza MPS e che ratifica le azioni del Governo approvandole.

Non desterà alcuno stupore, a questo punto, scoprire che Giuseppe Mussari, l’ex presidente MPS e presidente, fino a poco tempo fa, dell’Abi, accusato da molti di essere il responsabile del disastro finanziario in cui è finita la banca, tra il 2002 e il 2012, avrebbe finanziato il Partito Democratico con 683.500 euro.

Allo stesso modo, non desterà sorpresa il fatto che la Banca d’Italia, che pure avrebbe dovuto avvisare i due passati Governi del rischio cui si andava incontro emettendo i prestiti, vedendo che il bilancio di MPS presentava palesi criticità (come i 17 miliardi di titoli più o meno sofferenti oltre ai 26 miliardi in titoli di Stato che avevano portato il Ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ad affermare che tutti sapevano che MPS era “alla frutta”), non abbia, invece, posto il proprio veto all’operazione Tremonti-bond.

Come se tutto ciò già non bastasse, di recente è stato scoperto l’ennesimo contratto “derivato”, sottoscritto da MPS, questa volta con la holding giapponese Nomura (prima era stato sottoscritto con Deutsche Bank), che sarebbe dovuto servire per evitare minusvalenze e mascherare le perdite. A questo, giusto per aggiungere un pizzico di suspense, si unisce il fatto che l’azione era tanto rischiosa per il MPS che il suddetto contratto è stato trovato nascosto nella cassaforte dell’ex direttore generale, Antonio Vigni.

Né ha destato sorpresa la telefonata (la cui trascrizione è stata trovata chiusa nella cassaforte) tra Mussari e Sadiq Sayed, capo europeo di Nomura, con la quale quest’ultimo chiedeva all’ex numero uno del MPS se avesse capito bene i rischi che correva sottoscrivendo l’accordo con Nomura e se il Consiglio fosse stato informato e avesse informato delle condizioni contrattuali i revisori. Sarebbe questo uno dei motivi per cui la Procura di Siena da alcuni mesi indaga su MPS (fonte M. Bottarelli).

Al di là del bailamme generale che questa vicenda ha generato e continua a generare (anche a causa, pare, di diffusioni di notizie messe a disposizione della stampa troppo in prossimità delle assemblee del gruppo e di variazioni del fin troppo altalenante titolo in Borsa) resta un solo dato certo: prima di concedere prestiti come quelli che sono stati, a più riprese, concessi, e di autorizzare un simile esborso di denaro pubblico, il Governo, anzi i Governi avrebbero dovuto esigere (come viene imposto alle banche prima di concedere prestiti alle aziende o ai privati) la massima chiarezza e trasparenza sui conti di una banca che, come hanno dimostrato i fatti, aveva numerosi ‘cadaveri’ negli armadi, anzi nei caveau.

Ma, forse, tutte quelle ora raccontate sono solo coincidenze. L’unica certezza è che MPS (che molti economisti hanno valutato come “già morta”) interessa a troppi per fallire. Gli esperti non sanno che in Italia non valgono solo le regole del mercato. Basta che prevalgano gli interessi della classe politica (e senza differenze di colore, posizione in Parlamento o casacca, come hanno dimostrato, in questo caso, i fatti) e anche le favole diventano realtà.

Nel buco del Monte dei Paschi anche 20 milioni della Regione Siciliana

Foto dalla prima pagina tratta da forexinfo.it

 

 

 


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