L’ex deputato Ruggirello e il patto con Cosa nostra: «Con Articolo 4 ha aperto le porte delle istituzioni alla mafia»

«Il movimento politico Articolo 4 è stato lo strumento idoneo a consentire l’ingresso nelle istituzioni di soggetti graditi alla consorteria mafiosa e, in ultima analisi, a incrementare seriamente le possibilità di Cosa nostra di influenzare lo svolgimento della vita politica democratica». Sono soltanto alcune delle conclusioni riportate nelle motivazioni della sentenza con cui, ad aprile, è stato condannato a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello. Il politico, nato a Trapani ed eletto all’Assemblea regionale siciliana per due legislature, durante la sua carriera politica è passato dal Movimento per le autonomie alla lista Nello Musumeci presidente salvo poi transitare nel movimento dei renziani di Articolo 4 e, successivamente, nel Partito democratico.

Ed è proprio sulla militanza di Ruggirello nel gruppo politico fondato dall’ex vicepresidente della Regione Lino Leanza, che si concentra uno dei passaggi salienti del documento. Salti dal centrodestra al centrosinistra che, per magistrati e giudici, avrebbero avuto come sfondo una costante disponibilità del politico nei confronti di «diversi autorevoli esponenti di Cosa nostra». Tuttavia, il tribunale di Trapani – con collegio presieduto dalla giudice Daniela Troja – non ha accolto del tutto la richiesta dell’accusa che per Ruggirello chiedeva la condanna a 20 anni per il reato di associazione mafiosa. «Gli scambi di favori tra l’imputato e la mafia – si legge nelle motivazioni – non costituiscono elementi indiziari sufficienti per ritenere Ruggirello stabilmente inserito nel consesso di Cosa nostra».

I rapporti tra Ruggirello e i boss trapanesi risalirebbero almeno al 2001. All’epoca all’uomo d’onore Filippo Coppola, che era in carcere a Trapani, sarebbe stato chiesto tramite il fratello di reperire voti per le comunali di Erice, dove Ruggirello è stato consigliere comunale prima e assessore poi. In mezzo ai presunti rapporti con altri personaggi legati al contesto mafioso trapanese, come Giovanni Buracci, Michele Accomando e il boss massone Mariano Asaro, per i giudici con l’ultima legislatura all’Ars di Ruggirello sarebbe stato accertato «un cambio di passo, caratterizzato dall’aggravarsi della compromissione con Cosa nostra e dalla stipulazione di serissimi accordi politico-mafiosi con importanti esponenti del sodalizio».

Gli ambienti mafiosi di Castelvetrano «avevano compattamente fornito a Ruggirello pieno sostegno per la sua elezione a deputato di quella legislatura – si legge nelle motivazioni – e, più in generale, la consorteria mafiosa aveva offerto il proprio convinto sostegno al neonato movimento (Articolo 4, ndr) del quale l’imputato era il leader per la provincia di Trapani». In cambio di voti, Ruggirello avrebbe consentito l’ingresso nelle istituzioni di persone indicate da Cosa nostra. Nell’elenco sono finite anche le pressioni che avrebbe esercitato nei confronti dell’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante. Obiettivo ottenere un rimpasto in giunta così da consentire a Calogero Giambalvo l’ingresso in Consiglio comunale. Quest’ultimo, assolto dal reato di mafia, viene comunque indicato dai giudici come «assai vicino alla consorteria mafiosa castelvetranese per avere riportato delle condanne, non ancora definitive, per due estorsioni con l’aggravante mafiosa», oltre al fatto di essere il nipote di Vincenzo La Cascia, ex campiere della famiglia di Matteo Messina Denaro. Parentela di cui Ruggirello sarebbe stato ben a conoscenza tanto di essere «consapevole che, per il tramite di Giambalvo, si relazionava con l’autorevole mafioso La Cascia».

Altro rapporto passato ai raggi X è quello con il mafioso di Campobello di Mazara Filippo Sammartano. Colui che definì Ruggirello «il Santo della provincia di Trapani, il più serio politico che abbiamo». Sammartano è morto per cause naturali nel 2016. E da «convintissimo sostenitore di Ruggirello e del suo progetto politico» sarebbe stato in grado di orientare le scelte del partito, nel 2014, per il sostegno al sindaco Giuseppe Castiglione, in particolare per la composizione delle liste di candidati. Il primo cittadino, però, non è indagato e nei suoi confronti non ci sono contestazioni. «Un importante ruolo al mafioso Sammartano – continuano i giudici nelle motivazioni – veniva riconosciuto anche nelle fasi successive della vita politico-amministrativa» del paese covo di Matteo Messina Denaro, con l’esponente del sodalizio – ossia lo stesso Sammartano – che avrebbe svolto il ruolo di «interlocutore para-istituzionale anche nel corso delle manovre politiche finalizzate alla sostituzione dell’assessore ai Lavori pubblici».

«Per Ruggirello – continuano i giudici – Cosa nostra rappresentava lo strumento per il raggiungimento dei propri scopi politici ma, nel contempo, cercava anche di ottenere favori personali come nel caso di una richiesta di intervento a Carmelo Salerno (pregiudicato mafioso di Paceco, ndr) nei confronti del fidanzato della figlia o dell’ex marito della propria compagna». Salerno, secondo le accuse, sarebbe stato il tramite per accreditarsi con Sammartano ma anche l’anello di congiunzione tra il politico e alcuni elementi di spicco di Cosa nostra come Mariano Asaro, boss di Castellammare del Golfo, e i fratelli Franco e Pietro Virga.


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