Per il procuratore di Termini Imerese e fratello di Francesca, la moglie del giudice Falcone, «la sconfitta definitiva di Cosa Nostra è ancora lontana». A distanza di 23 anni dalla strage di Capaci molto è stato fatto sul fronte della repressione. Ma quello che manca è «un impegno maggiore sulla prevenzione»
Morvillo: «La mafia? Continua a fare affari» «In Italia ci vorrebbero mille Cantone»
«In Italia ci vorrebbero uno, dieci, mille Cantone (presidente dell’Anticorruzione, ndr). Con poteri allargati e con la possibilità di agire a 360 gradi». Alfredo Morvillo, procuratore della Repubblica di Termini Imerese e fratello di Francesca, la moglie del giudice Giovanni Falcone, uccisa insieme al marito nella strage di Capaci 23 anni fa, sintetizza così la strada in salita della lotta a Cosa Nostra. Perché quella contro i boss è una partita ancora tutta da giocare. «La mafia continua ad accumulare ricchezze e a fare affari: la sua sconfitta definitiva, totale, ancora è lontana» dice a MeridioNews.
Certo rispetto a 23 anni fa, quando il tritolo di Cosa Nostra sventrò l’autostrada A29, condannando a morte oltre al giudice e alla moglie anche gli uomini della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro, i passi avanti sono stati fatti. Soprattutto sul fronte della repressione. «Il lavoro di magistrati e forze dell’ordine ha portato risultati eccezionali. Un meccanismo efficiente e ben oleato ha permesso di incassare successi sia sul fronte degli arresti che su quello patrimoniale con il sequestro e la confisca dei beni ai boss».
Quello che, invece, è mancato per il procuratore Morvillo è un impegno forte sulla prevenzione, perché non basta togliere i beni ai mafiosi, occorre «ostacolare l’organizzazione, impedirle di fare affari, accumulare ricchezza». Recidere i tentacoli che la legano a doppio filo da un lato all’imprenditoria corrotta, dall’altro alla politica collusa. «Bisogna – spiega il procuratore – intervenire sulla mafia imprenditoriale, impedendo alle imprese in odor di mafia di partecipare a bandi pubblici, di fare soldi con lo Stato. Su questo Cantone ha fatto tanto, ma occorre approfondire ancora questo aspetto».
Sono i «contatti con gli uomini di potere a tutti i livelli e in tutti i settori» secondo Morvillo che andrebbero monitorati, perché sono proprio questi legami, di «importanza vitale» per Cosa Nostra, a consentirle di arrivare ai centri nevralgici del Paese. «Chi ricopre cariche pubbliche dovrebbe essere in possesso di quello che una volta era definito requisito di onorabilità. Non possiamo permetterci il lusso di essere amministrati da persone che non siano al di sopra di ogni sospetto. Il problema più grande di questo Paese è che manca il primato dell’interesse della collettività su quello del singolo». Invece il bene comune dovrebbe «prevalere sempre e a qualunque costo». Su questo per il procuratore Morvillo «c’è ancora tanto da lavorare. Chi ha in mano le sorti di questo Paese dovrebbe promuovere un messaggio forte e chiaro di onestà, legalità e di rispetto delle regole».
Domani all’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo ci sarà anche il capo dello Stato, Sergio Mattarella, fratello Piersanti, vittima anche lui della violenza mafiosa. «E’ un bel segnale – conclude Morvillo -. E’ una persona dalle qualità morali indiscusse, sentire la sua vicinanza è importante». Ai ragazzi, che affolleranno il tempio dell’antimafia, l’aula del maxi processo a Cosa Nostra, Falcone probabilmente avrebbe raccomandato una cosa. Almeno secondo il procuratore di Termini Imerese. «L’abnegazione e la passione per il proprio lavoro, che premia sempre. Era questo il metodo Falcone. Lui era innamorato del suo lavoro, studiava le carte con grande attenzione e in ogni minimo particolare.E’ questo il messaggio che avrebbe consegnato alle giovani generazioni: l’impegno serio paga sempre».