Morte di un commesso viaggiatore

Titolo: Morte di un commesso viaggiatore. Autore: Arthur Miller. Traduzione: Masolino D’Amico. Regia: Marco Sciaccaluga. Scene e Costumi: Valeria Manari. Musiche: Andrea Nicolini. Luci: Sandro Sussi. Interpreti: Eros Pagni, Orietta Notari, Gianluca Gobbi, Aldo Ottobrino . Produzione: Teatro Stabile di Genova – Compagnia Mario Chiocchio.

Il genio di Arthur Miller non tramonta mai, neanche quando cambiano i tempi i luoghi ed i personaggi. Il grande drammaturgo statunitense, scomparso quasi novantenne nel febbraio del 2005, con il suo capolavoro Morte di un commesso viaggiatore, mette in scena la sfiducia nei confronti del “mito americano”, quell’ideale tanto ambito da tutti ma che in molti casi rimase solo un sogno, un’utopia, una chimera da inseguire come una gratificazione che segna il percorso di tutta una vita.

Esattamente come la storia di un venditore ambulante di nome Willy Loman, eccellentemente interpretato da Eros Pagni, che negli ultimi giorni della sua vita esprime quella disillusione nei confronti del self-made man, già introdotta da altri drammaturghi e romanzieri al tempo di Miller.

Nonostante i numerosi fallimenti personali Willy vuole ugualmente convincere i suoi due figli, Biff (Gianluca Gobbi) e Happy (Aldo Ottobrino), a seguire le orme e gli ideali positivi dell’iniziativa privata, affinché essi possano riscattarlo, vendicando tutti i suoi rimpianti e rimorsi. Al suo fianco la moglie Linda (la brava Orietta Notari) seppur con fatica prova a tenere unita la famiglia e a superare le quotidiane difficoltà del bilancio, che peggioreranno dopo che Willy verrà licenziato. A causa della grave urgenza economica e del ricordo di un passato non sempre edificante, la famiglia lentamente si sgretolerà e l’azione precipiterà verso la tragedia finale.

La difficile situazione provoca dei disturbi nella mente del commesso viaggiatore, che ora ricorda i tempi passati in cui egli avrebbe potuto cambiare il suo destino e quello della sua famiglia, cercando fortuna in Alaska al fianco del fratello Ben, ora richiama alla memoria alcune vicende che invece segnarono la sua vita e quella del figlio maggiore Biff, il ragazzo più adatto a seguire le orme del self-made man rispetto al fratello Happy, fin troppo dedito alla continua ricerca di compagnie femminili. La brillante regia rende tali turbamenti mentali attraverso la sovrapposizione dei piani spazio-temporali, con audaci flashback ed improvvise incursioni nell’onirico. La spoglia scenografia contribuisce nella resa scenica con un pannello nero nel fondo, dotato di cinque porte da cui si affacciano di volta in volta eventi, dialoghi e personaggi che fanno parte di un passato stabilito dallo stesso protagonista. Mentre il cambio di scena è reso evidente dal movimento di una piattaforma rotante sul palco. 

Attraverso la grande forza esteriore contrapposta ad un’intima fragilità, la figura di Willy Loman offre ad Eros Pagni l’opportunità di costruire un altro personaggio memorabile (lo ricordiamo nelle vesti del ricco ebreo Shylock nella recente rappresentazione de Il Mercante di Venezia) della sua lunga carriera, svoltasi quasi interamente sotto il segno del Teatro Stabile di Genova. Su di lui ricade il messaggio che Arthur Miller ha voluto consegnarci attraverso la messa in scena di quest’opera: il crollo di un mondo costruito sull’illusione o sul primato dell’apparenza rispetto alla sostanza, una tematica che ancora oggi conserva pienamente l’attualità del suo assunto di base. 

Morte di un commesso viaggiatore è un dramma, rappresentato per la prima volta nel 1949 con la regia di Elia Kazan e l’interpretazione di Lee J. Cobb, che continua a riscuotere un forte successo sui palcoscenici di tutto il mondo. Il Teatro Stabile di Genova, in coproduzione con la Compagnia Mario Chiocchio, si è impegnato a presentarlo al pubblico nella maniera più autentica possibile, rispettando i canoni ed i concetti proposti nel capolavoro di Miller. La versione italiana di Masolino D’Amico rende al meglio i profondi significati del testo, mentre la magistrale regia di Marco Sciaccaluga svela con forza le dolorose verità dei contenuti, all’interno dei quali si aggirano personaggi che non hanno più alcuna speranza. 

La scena finale in cui Willy corre verso una fessura da cui viene irradiata una luce accecante rappresenta il preludio alla conclusione della sua esistenza ed al compimento del suo ultimo dovere: la sua vita in cambio del bene e della tranquillità della sua famiglia. Il commesso viaggiatore scompare, come partito in uno dei suoi viaggi, a compimento del suo più grande segreto: “Un giorno io sarò indipendente”.

Benedetta Motta

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