Morte Brigantony, per Antonio Ferlito un vuoto incolmabile  «Baluardo di catanesità. Ci lascia in epoca senza contenuti»

«L’ultimo e forse l’unico baluardo della catanesità se n’è andato. Lasciandoci in un’epoca triste e svuotata di contenuti, dove tutto nasce e muore nel tempo di un Tik Tok». Sono passate poche ore dalla morte di Brigantony, annunciata dalla figlia Giusy sulla pagina Facebook da lei stessa creata anni fa per perpetuare il ricordo di quello che è senza ombra di dubbio uno dei simboli della catanesità. A pensarla così è anche Antonio Ferlito, componente dei Brigantini, gruppo che dal 2001 ha reso omaggio ad Antonino Caponnetto, arrangiando i suoi brani in diverse chiavi, ma soprattutto «abbracciandone la filosofia», afferma a MeridioNews. Per l’acese Ferlito, Tony – come lo chiama affettuosamente – è stato «un artista trasversale», con un umorismo tipicamente catanese, sempre diretto e poco cervellotico «che lo ha reso unico. Purtroppo stava male da tempo, negli ultimi giorni si era aggravato. È un momento molto triste. Adesso stiamo organizzando il funerale insieme alla famiglia». A testimoniare la poliedricità artistica di Brigantony, imbianchino con la passione per la musica nato nel 1948 nel quartiere Cibali, è il suo vastissimo repertorio iniziato nel 1975 e durato fino agli anni Duemila, in un registro che tocca la musica leggera legandosi al rock, passando al blues fino alle scenette dove Brigantony interloquisce con personaggi inventati e doppiati dalla sua stessa voce. 

Ha beffato sempre la vita con l’ironia, ma «quando era fuori dal palcoscenico, era una persona riservata, a volte anche timida – sottolinea Ferlito – Sapeva scegliere sempre il momento giusto per farti ridere e regalarti momenti indimenticabili. Con lui ce ne sono stati diversi, dovuti a una lunga collaborazione». Brigantony, il nome con cui sarà conosciuto in tutto il mondo, è frutto del nomignolo con cui lo apostrofava la nonna Carmela, che lo chiamava Brigante dopo che lui le forava le uova e poi rimetteva i gusci a posto dopo averle bevute. A risaltare in lui sono state sempre l’ironia e la satira, dove il proverbiale linguaggio fatto di doppi sensi e allusivo si presta, anche in maniera cruda, a raccontare tematiche che per gli anni Ottanta erano dei veri e propri tabù. Nei testi di Brigantony, oltre a evidenziare il carattere docile e grossolano di alcuni personaggi popolani, si trattano diversi argomenti che toccano l’omosessualità per poi andare alla critica sociale: su tutti Osvaldo e, per citare una scenetta emblematica, Padre Tamarindo. Poi le intramontabili ‘U cannolu, Semu Fuiuti Frischi, ‘a Sucalora e le scenette dove il ragioniere Brigantony si trova sempre in situazioni rocambolesche insieme al suo amico Cammelu (Carmelo) o in compagnia del Cavaliere Muschitta (Moscerino), quando interpreta il ragioniere Lattuca. 

Nel repertorio anche canzoni in italiano come Telefonata d’amore e Tanti auguri. Poi le intramontabili cover che hanno segnato un’epoca. Grazie al figlio maggiore Salvo scopre The final countdown, il successo degli Europe impazza nella Catania degli anni Ottanta, ma sotto il titolo di Stuppai ‘na Fanta: con una rilettura del testo nella mente dei siciliani diventa tanto originale da scalzare il successo della band svedese. Antonino Caponnetto ha avuto la capacità di giocare col doppio senso e con la musicalità del catanese riuscendo a diventare un simbolo per i tanti che hanno dovuto lasciare la propria terra. Bedda è diventata un’icona per i siciliani all’estero, dove Brigantony registrava il pienone in ogni concerto. Negli States è diventato protagonista, arrivandosi a esibire anche al Madison square garden di New York. Esibizioni anche in Australia. Un’emozione per i siciliani d’oltreoceano ma anche per quelli sparsi in tutta Europa. Le esibizioni di Brigantony toccano la Germania e il Belgio, dove è emigrato anche lui per qualche anno. A supportarlo durante la sua carriera sono stati la moglie i suoi tre figli. Negli ultimi anni dedicava tutto ai nipoti, diventati anche loro fan del nonno. Un lungo percorso artistico che lo ha visto anche a Sanremo, con la presentazione della canzone Mi piaci a mia to soru, poi scartata. Ma la sua vita è stata sempre intrecciata con Catania. Nel 2005 si candidò al Consiglio comunale, ma molte preferenze furono annullate perché sulle schede era riportato il suo nome d’arte.

Per Ferlito quel tipo di umorismo ormai è andato perduto, ma la speranza è sempre l’ultima a tramontare. «Mi piacerebbe che i più giovani, sulla scia di Brigantony, riprendessero la canzone popolare siciliana – conclude il cantante – Oggi, tutti cavalcano il momento o si concentrano sul neomelodico che, oltretutto tratta temi che non hanno nulla a che vedere con il repertorio di Brigantony, la catanesità e la canzone popolare. Ho l’impressione che tutto quello che c’era da fare è già stato fatto. Bisogna ascoltar le proprie radici e non so se oggi, nell’epoca vuota dei Tik Tok, in quanti sarebbero disposti a farlo».


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