L'omicidio di Francis Miracle riporta alla ribalta la struttura nei pressi di Mineo. «Il 20 dicembre il marito ci ha salutato dicendo di volerla raggiungere», raccontano dalla provincia di Pavia, dov'era ospite. Intanto emergono altri dettagli, come quello dell'utilizzo di un autobus del centro per arrivare a Catania dopo il delitto
Morte al Cara, la città dei migranti e i suoi paradossi Dalle richieste di chiusura ai buchi usati dagli abusivi
Una mega struttura che per la commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema d’accoglienza dovrebbe essere già chiusa, ma che resta aperta e accessibile. Anche da chi vuole varcare i suoi confini senza i permessi necessari. L’omicidio della donna nigeriana di 26 anni, Francis Miracle, porta nuovamente alla ribalta la questione sicurezza al Cara di Mineo. Il centro d’accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa, pensato per le famiglie dei militari americani di base a Sigonella, dal 2011 riconvertito in una grande città nel nulla della pianura calatina. Attualmente in contrada Cucinella, secondo i dati forniti a MeridioNews dall’amministrazione, ci sarebbero 2500 persone. Il condizionale è d’obbligo perché secondo associazioni e fonti giudiziarie nel residence degli Aranci i migranti sarebbero molti di più. A mischiarsi tra i 404 alloggi per giorni c’è stato anche Bill Francis, accusato di avere ucciso la moglie con una coltellata all’altezza della vena giugulare la sera dell’1 gennaio.
Il 20 dicembre ci ha salutato. Voleva raggiungere la moglie a Mineo
In Sicilia il presunto omicida era arrivato da Mortara, Lombardia, provincia di Pavia, dopo essersi allontanano dal centro in cui era ospite. Un personaggio «dal profilo basso, taciturno e schivo», lo descrive a MeridioNews Fabio Garavaglia, responsabile della cooperativa Faber. «Era con noi da circa un mese e ci diceva che voleva raggiungere la moglie e i due figli e per questo avevamo avviato le pratiche per il ricongiungimento». A cinque giorni dal Natale però Bill Francis decide di non volere più aspettare e lascia la Lombardia: «CI ha detto che andava via – continua Garavaglia -. Noi non potevamo trattenerlo ma abbiamo segnalato tutto alla prefettura». Il resto della storia è contenuta nella cronaca dei giorni scorsi: il trentenne maliano riesce a introdursi nel Cara senza i permessi necessari e uccide la moglie. Come ha fatto? Uno degli espedienti più noti e utilizzati dai migranti è quello dei buchi presenti nelle reti di recinzione. «Una delle aperture si può vedere già dalla strada Catania-Gela – racconta un investigatore -. Aspettano che la ronda faccia il giro e poi passano».
I migranti entrano dai buchi nelle reti ma se ti beccano con un pollo ti viene sequestrato
«Già durante la nostra ispezione, nel luglio 2015, avevamo segnalato questa criticità», aggiunge la parlamentare Marialucia Lorefice, esponente del Movimento 5 stelle e componente della commissione d’inchiesta sul sistema d’accoglienza. «Si entrava e usciva senza forme di controllo, nonostante per gli ospiti sia previsto l’utilizzo di un badge». Un ulteriore tassello di questa storia riguarda la fase successiva all’omicidio. Bill Francis viene arrestato diverse ore dopo il delitto mentre si trova a Catania, a cinquanta chilometri da Mineo. L’uomo secondo quanto appreso dal nostro giornale si sarebbe spostato da dentro il Cara attraverso uno degli autobus messi a disposizione dei migranti. Mezzi che fanno la spola dal Calatino al capoluogo etneo con capolinea a piazza della Repubblica. «Non ho idea di questo», precisa a MeridioNews il commissario del Cara Giuseppe Di Natale. Il funzionario palermitano nominato dopo lo scandalo di Mafia Capitale smorza anche le polemiche sul nodo sicurezza. «Il centro non è fatto per ospitare detenuti e paradossalmente la recinzione potrebbe anche non esserci, non avendo funzioni di contenimento».
Nell’insieme delle mille contraddizioni di questa struttura dentro il Cara vigono alcuni divieti. Come quello che non consenti di allestire i mercatini all’aperto. Stesso discorso per quanto riguarda la possibilità di cucinare all’interno degli alloggi. Vietato ormai da tempo per questioni di sicurezza. Misure che hanno scatenato la protesta degli ospiti durante la scorsa estate e che vengono bollate come «paradossali» da Alfonso Di Stefano, esponente della Rete antirazzista e attivista della campagna LasciateCIEntrare. «Se ti beccano con un pollo ti viene sequestrato ma nello stesso tempo ci sono persone che entrano ed escono com’è accaduto con l’uomo maliano accusato di omicidio». Per Di Stefano, così come per Lorefice, l’unica soluzione sarebbe chiudere quella città, costruita nel nulla e simbolo delle incongruenze dell’accoglienza.