La 40enne messinese morta dopo la cena di pesce: «Se avesse ricevuto le cure giuste, sarebbe viva»

«Se Giuliana Faraci fosse stata trattata nel modo giusto dai sanitari, forse oggi sarebbe ancora viva». Ne è convinto l’avvocato Salvatore Mancuso, che assiste i familiari della 40enne di Alcara Li Fusi, in provincia di Messina, morta la scorsa settimana dopo essersi sentita male al rientro da una cena a base di pesce in un ristorante di Capo d’Orlando, sempre nel Messinese. «Se fosse stata ricoverata o se fosse stata sottoposta a delle cure, probabilmente sarebbe ancora qui». È un’ipotesi, quella del legale, che arriva dopo i primi risultati dell’autopsia. L’esame sul cadavere della donna, infatti, ha escluso che la causa del decesso sia un’emorragia, un infarto intestinale o un aneurisma all’aorta. «È molto probabile che sia morta perché non è stata trattata come avrebbe dovuto», aggiunge l’avvocato Mancuso, certo, comunque, che ad accertare i motivi sarà l’inchiesta della procura di Patti, in provincia di Messina. Nel registro delle persone indagate sono state iscritte una dottoressa e un infermiere: l’accusa è di omicidio colposo.

I primi risultati dell’autopsia – eseguita dalla medica legale Elvira Ventura Spagnolo, nominata dalla procura, e alla quale ha assistito anche il medico legale Nino Bondì come consulente di parte della famiglia della vittima – non hanno ancora escluso l’ipotesi che la morte di Giuliana Faraci possa essere collegata a ciò che ha mangiato durante la cena con le amiche di venerdì 19 luglio. Un antipasto di pesce fritto condiviso e poi un primo piatto, uguale per tutte, a base di spaghetti allo scoglio. Dopo la cena, un gelato. Secondo quanto emerso finora, infatti, è a partire dal pomeriggio dell’indomani che la 40enne avrebbe iniziato a stare male: febbre, vomito, diarrea, sudorazione eccessiva con brividi di freddo, sintomi che per Faraci peggiorano ancora il giorno dopo e che le altre commensali non hanno avuto. Tanto che, durante la giornata di domenica 21 luglio, viene richiesto l’intervento del 118. I sanitari, però – stando a quanto riferiscono i familiari – dopo una flebo, non avrebbero ritenuto necessario un ricovero. Dopo delle ore che la madre della donna ha definito «un calvario», la mattina successiva Giuliana Faraci viene trovata senza vita.

«Il cuore di Giuliana – ha riferito l’avvocato Mancuso all’AdnKronos – è stato portato in laboratorio per ulteriori analisi, esami istologici e tossicologici. È possibile che abbia avuto una semplice gastroenterite per cause virali o batteriche e che – ipotizza il legale – non sia stata idratata abbastanza. Questo ha portato a un arresto cardiaco. Ma, per capire meglio, bisogna aspettare il tossicologico». Faraci lavorava in una clinica e, proprio in quanto dipendente, veniva sottoposta con regolarità a una visita completa. «L’anno scorso – continua l’avvocato – aveva fatto un check up cardiologico completo ed era risultata in perfetta salute». I suoi familiari hanno anche confermato che la donna non soffriva di allergie alimentari. Dagli elementi clinici finora disponibili, «l’ipotesi che riteniamo più plausibile – afferma Mancuso – è che abbia avuto uno squilibrio idrolitico, un calo di potassio che non è stato trattato come avrebbe dovuto. Gli operatori sanitari del 118 che sono andati a visitarla a casa – conclude l’avvocato – avrebbero dovuto ospedalizzarla. Con il prelievo del sangue avrebbero notato che il potassio era a terra».


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