Attività di spionaggio? Nessuna, semmai l’ha subita. Rapporti con i mafiosi? Nessuno, perlomeno che lui sapesse. E poi al contrario, la fiducia dei magistrati, dell’Antimafia e della politica – Raffaele Lombardo, nello specifico – che lo avrebbe voluto come assessore alla Regione. Nel corso dell’udienza del processo di secondo grado che lo vede principale indagato, Antonello Montante capovolge ogni accusa e traccia di sé un profilo lontano da quello che, in primo grado, gli è valsa una condanna a 14 anni. Una pena che, al solo pensarci, ha specificato l’ex numero uno di Confindustria Sicilia, «mi fa paura». Per l’accusa, in secondo grado rappresentata dalla procura generale di Catania, dopo l’astensione della magistrata nissena Lia Sava, Montante avrebbe costruito un’articolata associazione a delinquere dedita alla corruzione che avrebbe influenzato l’assetto delle istituzioni, dalla politica alle forze dell’ordine. Le cose però per l’industriale, per anni volto dell’Antimafia, starebbero diversamente.
Tra i punti toccati nel corso della deposizione, davanti alla presidente della corte d’appello di Caltanissetta Andreina Occhipinti, ci sono i rapporti con Paolino e Vincenzo Arnone, entrambi mafiosi di Serradifalco, il paese d’origine di Montante. Una foto, pubblicata per la prima volta nel 2011, ritrae Vincenzo Arnone al matrimonio di un Montante giovanissimo. «Non è mai stato mio testimone di nozze – ha specificato l’imputato – Ma io lo scoprii solo nel 2011, quando fu messa in giro una fotografia da parte di alcuni vecchi appartenenti di Confindustria. Lì mi resi conto che a firmare era stato il padre di Vincenzo, Paolino Arnone». Montante, che attualmente è indagato anche per concorso esterno, ha ribadito una tesi già diffusa: il matrimonio fu organizzato in fretta e furia, dopo la scoperta della gravidanza della moglie e Arnone era soltanto un amico d’infanzia, con cui condividere anche la passione per le biciclette. «Vorrei ricordare che Arnone è stato incensurato fino al 2000 – ha detto Montante – Viveva nel mio stesso territorio, siamo stati insieme alle scuole elementari; è diventato un mio amico, ma stiamo parlando degli anni Settanta. Io avevo quindici anni circa. Poi io mi sposai a 17 anni».
Montante ha anche rivendicato di avere più volte fatto il nome degli Arnone, nel corso di eventi alla presenza di magistrati. Come nel caso di un comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza organizzato a Caltanissetta nel 2013. «Con 18 magistrati e i vertici delle forze dell’ordine. C’erano tutti i procuratori capo e procuratori generali della Sicilia. Gli unici civili eravamo io e Ivan Lo Bello. Noi abbiamo consegnato un documento in cui scrivevamo cosa non andava bene in Sicilia», ha aggiunto Montante. Su Vincenzo Arnone l’ex capo di Confindustria nell’isola ha voluto anche specificare che a introdurlo nell’associazione era stato l’allora presidente Francesco Averna. La propria difesa passa anche da un episodio che sarebbe avvenuto nel 2010. «In vista del 23 maggio 2010, Maria Falcone mi chiese di organizzare un convegno in ricordo del fratello (Giovanni, il magistrato ucciso nella strage di Capaci, ndr). Io allora ero presidente della Camera di Commercio e lo organizzai. Partecipammo io, Alfredo Morvillo, Sergio Lari, Maria Falcone, Caterina Chinnici. In quell’occasione, raccontai la mia esperienza del codice etico e di quello che succedeva nel Vallone, a Serradifalco o Villarosa. E feci il nome e il cognome di Vincenzo Arnone».
Al posto di Marco Venturi, nel governo guidato a partire dal 2009 da Raffaele Lombardo, come assessore regionale ci sarebbe potuto essere proprio Montante. Venturi, oltre a essere stato il vice di Montante, è uno dei suoi principali accusatori. «Nel 2009, l’allora presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo mi chiese di diventare assessore regionale della sua giunta perché cercava visibilità e io – ha detto Montante – in quel periodo ne avevo molta. Ero vicepresidente vicario di Ivan Lo Bello, e mi ero occupato di tante attività. Quando gli dissi di no, lui lo chiese anche a Emma Marcegaglia (allora alla guida di Confindustria nazionale, ndr) ma lei gli disse: “Non è possibile”. Dopo qualche giorno, gli dissi che avevo un nome di Confindustria che avrebbe potuto svolgere questo ruolo: Marco Venturi».
Su Alfonso Cicero, l’ex presidente dell’Irsap e un altro degli accusatori, Montante ha commentato: «In quel momento, era un disoccupato in quanto a incarichi politici, non so se lui era un dipendente di qualche ufficio periferico regionale di Caltanissetta. Ma venne nominato lui dall’allora assessora regionale Linda Vancheri a capo dell’Irsap – ha detto Montante – Si contestava che Vancheri nominò Cicero con l’appoggio di Confindustria perché non avesse i titoli e la statura. A noi interessava che ci fosse una persona che portasse avanti la lotta alla mafia», ha aggiunto l’imputato, dicendo di non riconoscere nulla delle accuse rivoltegli da Cicero. E infine sulle attività di spionaggio: «Non sono stato io a fare dossieraggio, cosa di cui vengo accusato, ma io li ho subiti in questi anni, ho subito una sorta di vendetta».
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