Molto gossip e pochi film

A prescindere dal trionfalistico bilancio finale stilato nella conferenza stampa conclusiva dal rappresentante di Tao Arte Ninni Panzera e dal direttore del TaoFilmFest Felice Laudadio, questa edizione della storica manifestazione cinematografica taorminese è stata una delle più deludenti degli ultimi anni. Per il cinquantesimo anniversario del festival ci si aspettava qualcosa di meglio e qualcosa di più. Ma ciò purtroppo non è avvenuto, per quanto illudersi in un cambiamento fosse sin dall’inizio un pò ingenuo per chi conosceva la filosofia festivaliera delle recenti edizioni: molto “gossip” e pochi film. Fedele a questa linea è stata la presenza di tanta Hollywood – Michael Douglas, Antonio Banderas e Mira Sorvino hanno fatto strage di mature fan e di adolescenti urlanti – e di poca qualità cinematografica.

La vittoria nella categoria Opera Prima è andata all’irlandese John Simpson con la pellicola thriller “Freeze Frame”, storia sulla generale crescente paranoia da consumo di precotta televisione realtà. Film sicuramente riuscito dal punto di vista tecnico, ma artisticamente poco significativo, da guardare col conforto di un secchiello di pop-corn. Ugualmente poco esaltante il panorama delle rimanenti sette opere in concorso che andava dal dilettantistico political road-movie “Cargo” del regista inglese Andi Reiss al pessimamente recitato thriller estone “Set point” di Ilmar Taska. Le uniche due eccezione, nel generale grigiore del concorso per autori esordienti, sono state le opere “Hurensohn” (letteralmente “Figlio di puttana”) dell’austriaco Michael Sturminger, racconto delicato e poetico di vago sapore pasoliniano sul difficile rapporto madre-figlio all’interno della realtà della prostituzione, e il serbomontenegrino “Memo” del regista Milos Jovanovic il quale ha messo in scena un ironico apologo pannonico, in perfetto stile kusturiziano, ma forse eccessivamente metaforizzato, sulla storia europea a partire dalla tragedia della seconda guerra mondiale sino alla realizzazione della superficiale unità continentale dei giorni nostri.
Le cose più interessanti si sono viste certamente nella categoria non competitiva Cinema del Mondo, misteriosamente accorpata alla sezione Opera Prima che invece lo era, “Turn left at the end of the world” dell’israeliano Avi Nesher che racconta attraverso una prospettiva adolescenziale il tentativo di comprensione reciproca tra due comunità ebraiche di differente etnia, marocchina ed indiana, nell’Israele degli anni sessanta, e il danese “Villa Paranoia” del regista-attore Erik Clausen molto bravo nel narrare con equilibrata ironia una moderna vicenda di incomunicabilità e di incomprensione interpersonale e sociale.
Per quanto riguarda “Il Grande Cinema al Teatro Greco” sono passate per lo più le solite “americanate” che poco piacciono ad un pubblico esigente e preparato come quello di un festival. “The Alamo” di John Lee Hancock, polpettone hollywoodiano retorico e fracassone su uno degli episodi più fintamente gloriosi della storia americana, e il comico “Starsky & Hutch” di Todd Philips tratto dall’omonima serie TV, sono stati le punte di diamante di questa sezione, almeno nella visione ottimistica del Direttore Artistico. L’unica pellicola veramente di valore passata sullo schermo del Teatro Antico è stata “Immortel” del fumettista e regista serbo trapiantato in Francia Enki Bilal, capace di realizzare una storia “fantasy” di grande originalità narrativa e di bellissimo impatto visivo.

Nella sezione competitiva dedicata ai registi siciliani di cortometraggi ad aggiudicarsi la vittoria è stata l’opera “Stidda ca curri” di Piero Messina con una storia di relazioni familiari forse un po’ troppo soggettiva per essere di facile comprensione, mentre la menzione speciale della giuria è andata al comicissimo ed originale “Il regalo di compleanno” di Christian Bisceglie. Poco da segnalare per il resto riguardo a questa categoria del festival se non che ben due opere (tra le quali quella vincitrice del concorso) sforavano di ben tre minuti il limite categorico di quindici primi imposto nel bando di concorso ufficiale del TaoFilmFest per poter accedere alla selezione.
Unici eventi veramente originali di questo cinquantesimo Festival di Taormina sono state le mattiniere lezioni di cinema, in cui il pubblico ha avuto la possibilità nell’arco di una settimana di dialogare liberamente e proficuamente con alcuni maestri della “settima arte” dello spessore di Peter Weir, Francesco Rosi, Margarethe von Trotta e Jane Campion.
Impossibile concludere questa breve carrellata-report senza un riferimento ad alcuni dei più clamorosi errori organizzativi che hanno funestato la manifestazione. A cominciare dal fatto che i film “storici” presentati per celebrare il cinquantesimo compleanno del Festival sono stati proiettati in DVD e non nell’originale formato in pellicola, la qual cosa è inutile dire quanto possa irritare il vero appassionato di cinema; per concludere con la pantomima verificatasi durante la proiezione del film “Memo” in cui Laudadio è stato costretto a chiedere al regista, in sala e davanti al pubblico, la sua personale copia in DVD dell’opera (ovviamente molto poco curata tecnicamente)  perché era impossibile mandare la versione in pellicola vista la mancanza degli indispensabili sottotitoli in inglese. Incredibile che in un festival così importante a nessuno sia venuto in mente di visionare i rulli prima della proiezione. Ovviamente, finito lo spettacolo, il regista non ha potuto fare a meno di dichiarare che avrebbe ricordato quella proiezione “come uno dei suoi incubi peggiori”.
Nel complesso un’edizione sicuramente insoddisfacente, che è comunque valsa a Laudadio la riconferma per il prossimo anno. Nella conferenza stampa di chiusura festival il direttore artistico si è affrettato annunciare le novità per la prossima edizione: innanzitutto la reintroduzione, dopo anni, del concorso ufficiale (Taormina è infatti l’unica manifestazione cinematografica importante dove in concorso vi sono soltanto le categorie Corto ed Opera Prima che negli altri festival esistono solo a margine del concorso principale per lungometraggi), una retrospettiva su Francis Ford Coppola alla presenza dello stesso autore (il quale, insieme a Martin Scorsese, è uno degli ospiti “fantasma” più frequentemente pubblicizzati e mai materializzatisi), la presenza di molti altri maestri a tenere le lezioni di cinema e molto altro ancora. Sarà tutto vero? L’unica cosa su cui Felice Laudario ha sicuramente ragione è che la 51ma edizione del Taormina Film Festival sarà senza dubbio migliore della 50ma. Per ciò che s’è visto quest’anno, sarebbe impossibile il contrario.


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