Eleonora Brafa, Giovanna Imbergamo e Maria Concetta Neri sono state arrestate oggi dai carabinieri su disposizione del gip del Tribunale di Ragusa. Sono accusate di avere elargito somme di denaro a persone indebitate, chiedendo indietro interessi altissimi. E a chi non pagava: «Mandiamo amici da Catania»
Modica, donne tra prestiti usurai e minacce Tassi del 60%, indagine nata dopo suicidio
Un suicidio sospetto, un ex direttore delle poste di Scicli trovato impiccato nella sua casa di Marina di Modica, l’indagine che parte e che porta a scoprire un vasto giro di affari usurai da 100mila euro con numerose vittime.
I carabinieri di Modica hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa su richiesta della pm Valentina Botti, per i reati di usura aggravata in concorso, illecita attività d’intermediazione finanziaria senza iscrizione negli albi e minaccia aggravata. Destinatarie dei provvedimenti Eleonora Brafa, 40 anni, Giovanna Imbergamo, 62 anni, e Maria Concetta Neri, di 59.
L’operazione è stata denominata Donne d’affari e rappresenta la parte finale di una indagine iniziata a giugno 2016, a seguito del ritrovamento del cadavere di Guglielmo Delibera. Sfruttando il bisogno di persone indigenti e indebitati con le banche, le tre donne avrebbero iniziato a elargire prestiti con un tasso di interesse che oscillava dal 20 al 60 per cento. Se la vittima non riusciva a pagare, le tre donne non esitavano a ricorrere a pesanti minacce facendo riferimento anche all’intervento di «amici di Catania», e ricordando che comunque «dietro le donne ci sono gli uomini».
Nel corso delle indagini, sono state eseguite delle perquisizioni che hanno permesso di sequestrare assegni, cambiali, copie di contratti di prestiti e ricevute di pagamento. L’esame di tale documentazione ha fatto emergere che le indagate, oltre a concedere prestiti a tassi elevatissimi, operavano illecitamente nella mediazione creditizia e finanziaria, traendone cospicui guadagni. In pratica, le tre individuavano la vittima e la indirizzavano verso alcune finanziarie da loro prescelte, perfettamente consapevoli che la pratica non sarebbe andata a buon fine.
A quel punto, grazie alla presenza di dipendenti compiacenti che riuscivano, per brevi periodi, a oscurare le posizioni debitorie delle vittime, si inserivano come mediatrici e, in cambio del favore, ricevevano esosi compensi. Le vittime, dunque, corrispondevano una percentuale in denaro per il solo fatto di aver ottenuto il prestito, somma che alimentava il costo del prestito stesso.