La procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio della donna che, quella domenica finita in tragedia, guidava la Panda che ha travolto il 70enne di Ognina. Il racconto di Simona, la figlia che ha iniziato una battaglia contro l'inciviltà in strada a Catania
«Mio padre, ucciso sul lungomare che amava» La famiglia Di Grazia vuole giustizia per Nino
Nino Di Grazia forse non ha neppure fatto in tempo a capire cosa stava accadendo. Ha perso conoscenza subito dopo l’impatto con l’auto che lo ha ucciso. I racconti di chi era sulla scena della tragedia, la mattina dello scorso 16 dicembre, sembrano convergere in tal senso. Ma la figlia Simona non può darsi pace. E su Facebook, da quasi tre mesi, lancia appelli e condivide i suoi pensieri, il suo dolore scaglionato dalle visite non al cimitero – «Ancora non ci riesco», ripete – bensì su quel lungomare amatissimo dal padre 70enne, eppure costatogli la vita. Simona vorrebbe trovare qualcuno, un passante, un soccorritore magari non ancora fattosi vivo, che possa riferirgli le ultime parole di suo padre, se ci sono state. «Era un uomo pieno di vita, anziano solo nell’età. Che sia morto in quel modo è inaccettabile», dice a MeridioNews la donna, da due anni disoccupata dopo aver perso il posto da cassiera in un supermercato del gruppo Abate entrato in crisi.
Una famiglia che soffre, mutilata dopo una domenica come tante, di bel tempo e cielo azzurro. «Come sempre mio padre era uscito presto, ogni mattina faceva un giro a Ognina, lì dove lo conoscevano tutti e si sentiva a casa, accanto al suo mare», racconta Simona. Odontotecnico in pensione, Di Grazia abitava in via De Caro. Di ritorno dalla spesa al mercatino di piazza Verga, il 70enne si era fermato sul lungomare di Catania. Una passeggiata, una capatina al molo in cerca di pesce. Non solo per il pranzo di famiglia, ma anche per la Caritas. Da qualche tempo era solito donare alimenti e un po’ del suo tempo, cucinando per chi ha bisogno di un pasto, un mano d’aiuto.
Poi il botto, quando già il signor Nino aveva quasi finito di attraversare il viale Artale Alagona. «È stato trascinato per 18 metri, non sono stati trovati nemmeno i segni di una frenata», rivela l’avvocato della famiglia Di Grazia, Antonino Patti. «Non l’ho visto», avrebbe detto la donna che presto potrebbe trovarsi a processo con l’accusa di omicidio stradale. L’indagata è una 77enne di Aci Catena, quel 16 dicembre alla guida di una Panda che non ha lasciato scampo al signor Nino. L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Fabio Regolo, è culminata nella richiesta di rinvio a giudizio della conducente. «Di Grazia era al centro della carreggiata, è stato travolto dall’auto che andava a 50 chilometri orari, tutte cose che sappiamo anche grazie al recupero dei filmati di alcune telecamere della zona», fa sapere il legale.
«Non l’ho visto», è la frase che quasi tormenta la figlia Simona. «Se dice che non l’ha visto, perché era alla guida? Perché si mette in auto una persona che non vede?», si domanda amaramente. Riascoltare quella frase, quasi per caso la scorsa domenica, le ha fatto perdere il controllo. La 44enne si trovava sul lungomare, aveva come al solito portato un fiore sul luogo della tragedia, quando delle urla provenienti dalla strada l’hanno attraversata come una lama. «C’erano delle persone appoggiate a una macchina che aveva inchiodato di colpo, stavano per essere investite, vedendo quella scena non ho capito più niente».
Simona racconta di aver iniziato a inveire contro l’uomo alla guida di un auto che avrebbe sorpassato la fila. «Mi ha ripetuto anche lui che “non li aveva visti”, poi ha fatto inversione a U e si è allontanato». A quel punto la donna ha avuto un malore: «Tremavo. Ho rivisto quello che è successo a mio padre, e non voglio che accada più». Simona Di Grazia invoca controlli, una lotta senza quartiere all’inciviltà sul lungomare di Catania. «Su quella strada – conclude – gli automobilisti hanno comportamenti vergognosi, quel punto è pericolosissimo. Potrebbero avvenire altre tragedie, ma controlli non ne ho mai visti, nessuno fa nulla».