Minori, la commissione Antimafia riunita allo Sperone Fava: «L’ascensore sociale si è fermato ai piani alti»

L’ultimo atto dell’indagine della commissione parlamentare Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana sulla condizione dei minori in Sicilia è andata in atto sul campo, con le audizioni tenute alla scuola Sandro Pertini del quartiere palermitano dello Sperone. Dispersione scolastica, condizioni dei giovani nelle periferie, possibilità dei minori di avere una vita serena solo alcuni tra i temi indagati in una situazione complessiva che appare piuttosto delicata.

«Una situazione che in parte ci aspettavamo, ma che col racconto di esperienze concrete diventa ancora più allarmante – dice il presidente della commissione Claudio Fava – Un racconto che dice che qui il concetto di periferia non è solo un concetto di distanza geografica, ma entra nelle vite delle famiglie, delle persone e i ragazzi sono l’anello più fragile. Diceva un professore: “l’ascensore sociale si è fermato ai piani alti”». 

Tante le voci sentite in queste settimane: insegnanti, professionisti, magistrati, operatori sociali e volontari delle associazioni. «Quando ti raccontano che un intervento neuropsicologico urgente per un ragazzo con forte disagio viene caratterizzato 13 mesi dopo essere stato chiesto – prosegue Fava – quando ti spiegano che l’unico progetto realmente cantierabile in tempi stretti è un’altra stringa di case popolari, mentre piscine, strutture sportive, parchi giochi, restano in un limbo lontano e astratto ti rendi conto che bisogna intervenire su queste periferie con fatti concreti, non solo con parole di affetto e preoccupazione. C’è bisogno di tirare fuori questi ragazzi dalla loro solitudine». 

Un’impresa non semplice se si guarda a un contesto in cui l’offerta di un’alternativa di vita talvolta sembra un miraggio. «Stiamo parlando di ragazzi che vivono in un disagio sociale fortissimo, a cui viene data una risposta solo di tipo repressivo – prosegue ancora il deputato – Se la scuola viene vista come un’entità forestiera, è chiaro che si trova un suo protettore, un suo modello di vita. E quando guadagni 50-70 euro al giorno con la gavetta o lo spaccio e non hai alternative e ti costruiscono come risposta solo un’altra stringa di case popolari, è preoccupante».

Tra le soluzioni proposte da chi lavora sul territorio, una immediatamente percorribile sarebbe quella del tempo pieno all’interno delle scuole. «Si sta lavorando al tempo pieno, ma bisogna anche convincere le famiglie. Il punto è dare un’offerta scolastica complessiva, non strutture che richiedono interventi anche da poche centinaia di euro, che vengono procrastinati sistematicamente. Se fuori da qui l’unica attrattiva è un centro commerciale è faticoso – conclude Fava – L’offerta scolastica a tempo pieno riesce a tenere i ragazzi in un luogo che è un punto di riferimento, ma non basta». 


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