L'episodio è avvenuto sabato mattina e ha coinvolto la nave Aquarius di Sos Mediterranée. Dopo essere arrivata vicino al gommone in difficoltà, ha dovuto attendere il via libera della guardia costiera nordafricane per lanciare i giubbotti di salvataggio. Ottenendo l'ok solo per portare a bordo le persone più in difficoltà
Migranti, trattativa tra ong e libici per salvare neonati Volontari: «Le condizioni sono diventate inaccettabili»
Nessuna minaccia con le armi né l’intimidazione a cedere i migranti recuperati stavolta, ma un intervento discrezionale per dire chi poteva essere portato a bordo e chi no. A poche settimane dal duro confronto tra la guardia costiera libica e la nave della ong Proactiva Open Arms – al momento ancora sotto sequestro nel porto di Pozzallo, dopo l’apertura di un’inchiesta della procura di Catania per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poi passata nelle mani dei magistrati ragusani -, è Sos Mediterranée a riportare l’attenzione sulle attività in mare dei militari del paese nordafricano.
Due mattine fa, la nave Aquarius ha ricevuto una chiamata dal centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, che segnalava un gommone in difficoltà. Il mezzo è stato raggiunto dopo un’ora di navigazione. A quel punto, però, i volontari hanno ricevuto una comunicazione dai libici, con cui venivano informati dell’assunzione del coordinamento del soccorso da parte dei nordafricani. La situazione di pericolo per i migranti ha però reso necessaria una trattativa con la guardia costiera libica, affinché venisse concessa l’autorizzazione a distribuire i giubbotti di salvataggio. Via libera a cui segue, poco dopo, quello per portare a bordo le persone più bisognose. Tutte le altre – circa 90 – sono rimaste sul gommone in attesa dell’arrivo dei libici.
«Le attuali condizioni di salvataggio in mare, sempre più complicate e con dei trasferimenti di responsabilità confusi e pericolosi durante le operazioni, sono inaccettabili – dichiara la vicepresidente di Sos Mediterranée, Sophie Beau -. Le navi di salvataggio si ritrovano costrette a negoziare caso per caso, in alto mare, in una situazione di urgenza e di tensione pericolosa, l’evacuazione di persone in difficoltà, malate, ferite, esauste, verso un luogo sicuro dove saranno curate e protette. Mentre i mezzi in mare per salvare vite sono sempre più insufficienti, le operazioni sono ritardate, delle vite umane sono minacciate, è data priorità al rinvio delle persone in difficoltà verso la Libia, anziché alla loro messa in sicurezza».