Su 4mila 628 minori stranieri registrati nei centri dell'Isola, di 1.882 non c'è più traccia. Sono i dati diffusi ieri dal ministro dell'Interno Angelino Alfano. La vicenda dei ragazzi allontanatisi dalla comunità La Maddonina, nel comune etneo, il 20 dicembre e ancora oggi in semiclandestinità è emblematica
Migranti, 4 minori su 10 scomparsi da comunità siciliane La storia di 12 ragazzi scappati dal centro di Mascalucia
Le previsioni di Nello Musumeci sui minori stranieri scomparsi dalle comunità siciliane erano state fin troppo rosee. Il presidente della commissione regionale antimafia aveva lanciato l’allarme dalle pagine di MeridioNews lo scorso mese: «Negli ultimi anni dai centri di accoglienza della Sicilia sono scomparsi circa mille e 300 bambini. E’ una situazione gravissima e, per molti versi, inquietante. I minori arrivano sulle nostre coste con i barconi, vengono identificati e poi trasferiti nei centri. Molti di loro dopo un mese o, al massimo, dopo due mesi scappano. Ci dicono che una minima parte di questi ragazzi – si calcola più o meno il venti per cento – raggiunge i genitori nel Nord Italia o nel Nord Europa. Ma gli altri che fine fanno?». Ieri il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ospite a Palermo della commissione regionale antimafia, ha aggiornato l’inquietante dato, fornendo i numeri del ministero del Lavoro al 31 dicembre del 2014: su 4mila 628 minori stranieri registrati, di 1.882 non c’è più traccia. Quattro su dieci sono scomparsi in un pericolosissimo limbo.
Il dato siciliano è ovviamente il più rilevante, essendo l’Isola il primo approdo per migliaia di migranti. I 1.882 scomparsi rappresentano circa la metà di tutti i minori stranieri di cui non si hanno più notizie in Italia. Il dato nazionale parla infatti di 14mila 423 ingressi nelle comunità e di 3mila 707 scomparse. Spinti dal sogno che custodiscono sin da quando sono partiti dal loro Paese, o dalle condizioni, troppe volte pessime, dei centri di accoglienza, migliaia di ragazzi si allontanano e scelgono la clandestinità. «Abbiamo siglato lo scorso luglio un accordo con Regioni e comuni per dare maggiore efficienza al sistema – ha spiegato Alfano – Al ministero degli Interni è stata istituita una specifica unità di missione, perché il tema dei minori ha un profilo di sicurezza, vogliamo che non entrino nel circuito dell’illegalità, a partire dalla prostituzione. Un’azione forte passa dall’inserimento dei dati dei minori nel Ced, poi collegato al sistema di Schengen».
Un caso simile si è registrato a Catania nell’ultimo mese. E’ quello di 12 ragazzi, compresi tra i 15 e i 17 anni, che lo scorso 20 dicembre sono scappati dal centro La Madonnina di Mascalucia, comune ai piedi dell’Etna. L’obiettivo non era fuggire, ma avere una sistemazione diversa. Hanno trascorso una notte in strada e a piedi hanno raggiunto al Prefettura di Catania. Qui hanno protestato per un giorno. «Non vogliamo più tornare a Mascalucia – spiegava Palanin, 17enne del Gambia, portavoce del gruppo – vogliamo andare a scuola, imparare l’italiano, avere dei vestiti nuovi e chiamare le nostre famiglie». Tutte cose che, a detta dei minori, nel centro La Madonnina non gli era possibile fare. Dichiarazioni false secondo i gestori della comunità.
La struttura di Mascalucia ha aperto lo scorso 5 novembre. Si tratta di un centro di prima accoglienza, gestito dall’associazione La Madonnina, presieduta da Francesca Indelicato, già titolare di diverse cliniche private nel Catanese. Avrebbe dovuto aprire nel 2015, ma l’imponente afflusso di minori non accompagnati e le pressioni delle istituzioni competenti hanno anticipato l’avvio dell’attività. In un paio di occasioni ha ricevuto la visita di importanti politici di area Pd: l’assessore regionale alla Famiglia Bruno Caruso (da cui dipendono le autorizzazioni per l’apertura dei centri di accoglienza), la deputata regionale Concetta Raia e il neo assessore comunale al Welfare Angelo Villari. Tutti con un passato, più o meno recente, nella Cgil. E tutti entusiasti della gestione del centro La Madonnina, definito «un fiore all’occhiello nel sistema siciliano dell’accoglienza, un modello per quelli che nasceranno dopo».
Dei dodici ragazzi per giorni non si è saputo più nulla, inghiottiti dal silenzio di quasi tutta la stampa e in un limbo legale. Tra i pochi ad aiutarli i volontari della Rete antirazzista catanese. La prefettura negli ultimi giorni è riuscita a trovare una sistemazione per sei di loro nel centro per minori non accompagnati Regina Elena di Catania. Gli altri sei, invece, continuano a vivere in semiclandestinità. Chi li ospita, evitando loro di dormire in strada, secondo la legge commette un reato, perché dovrebbe denunciarli alla Questura e chiudere loro le porte in attesa di un’autorizzazione del Tribunale dei Minori.
Cinque di loro non hanno nemmeno un tutore. La normativa prevede che gli venga assegnato al momento di entrare nella comunità di accoglienza. Da La Madonnina fanno sapere di aver immediatamente inviato le richieste non appena sono arrivati, lo scorso 5 novembre. Il tempo medio di attesa affinché il tribunale dei minori (per i ragazzi con meno di 16 anni) e quello ordinario (tra i 16 e i 18) assegnino un tutore è di circa un mese. Nei prossimi giorni per loro potrebbe arrivare il sostegno legale del centro Astalli.
Nel frattempo, dal centro di prima accoglienza di Mascalucia per risolvere in maniera strutturale il problema e abbattere i tempi, è partita la richiesta di nominare come tutore lo stesso affidatario, cioè il rappresentante legale del centro. Proposta che è stata accolta dal Tribunale dei minori di Catania. Una ventina di giorni fa è stata quindi emanata una direttiva che prevede l’applicazione dell’articolo 402 del codice civile: «L’istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore». Così nella comunità di Mascalucia il tutore per quasi tutti i 60 minori è Francesca Indelicato, numero uno dell’associazione che gestisce il centro.
Misura quantomeno controversa, perché viene meno la figura di un soggetto terzo, estraneo alle strutture dove i minori sono accolti, spesso in condizioni non idonee, che diventi un reale garante. «Per noi è stata una vittoria – precisa l’avvocata del centro Barbara Parisi – perché così accorciamo i tempi per la richiesta di protezione internazionale».