Prosegue il braccio di ferro tra l'azienda statunitense - che ha deciso improvvisamente e in maniera inspiegabile il licenziamento di oltre 400 dipendenti - e i sindacati. Da questi la richiesta è una: il reintegro in St Microelectronics, la ditta che nel 2008 ha ceduto parte dell'organico a Numonyx, prima, e due anni dopo a Micron. Critiche alla giunta di Rosario Crocetta, «impegnata con il suo presidente al rimpasto mentre l'eccellenza siciliana viene licenziata»
Micron, tutto rinviato a mercoledì La Regione diserta l’incontro al ministero
Dopo le incertezze e le proteste degli ultimi giorni, ieri è arrivata la data temuta per i 421 lavoratori la cui carriera all’interno della Micron è stata troncata in maniera netta, ma l’appuntamento al ministero del Lavoro si è risolto con un nulla di fatto. «Incontro aggiornato a mercoledì; abbiamo ritenuto ancora insufficienti e distanti le proposte dell’azienda», riporta Francesco Furnari, dipendente e delegato Fiom-Cgil. «Il governo deve fare di più nei confronti di St Microelectronics affinché si impegni a trovare una soluzione che veda, assieme a Micron, un saldo degli esuberi pari a zero», spiega il delegato riferendosi a una delle opzioni avanzate. Ossia il riassorbimento del personale ceduto nel 2008 da St Microeletronics a unaltra ditta del settore, la Numonyx, questultima acquistata nel 2010 da Micron. Un’ipotesi che, nel corso della trattativa, è stata più volte sfiorata ma mai discussa operativamente.
Eppure per i sindacati il rientro alla prima azienda è l’unica alternativa al ritiro dei licenziamenti: «Fino ad allora ogni proposta sarà rifiutata», afferma categorico Furnari. Il delegato sottolinea come ieri si sia assistito alla «ennesima assenza al tavolo della Regione siciliana, impegnata con il suo presidente al rimpasto mentre l’eccellenza siciliana viene licenziata». All’incontro romano, infatti, a fianco dei dipendenti è stato presente il vicesindaco catanese Marco Consoli.
All’ombra dell’Etna sono 128 i dipendenti a rischio su 324; gli altri esuberi sono stati individuati in tutte le sedi italiane: Agrate, Vimercate, Napoli, Avezzano. Lazienda – che produce componenti di ultima generazione che permettono il funzionamento di smartphone, tablet e televisori – ha optato per la delocalizzazione negli Usa e in Giappone, scegliendo improvvisamente di abbandonare il Paese.
I dipendenti hanno subito respinto l’ipotesi di avviare un tavolo affidato solo alla politica. Ma hanno avviato una prima collaborazione con la Regione e il Comune etneo, oltre alle trattative istituzionali con i ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro. A marzo le parti hanno ottenuto anche un colloquio con il consigliere per gli Affari interni del presidente della Repubblica, il prefetto Giulio Cazzella. Lappello lanciato da Giorgio Napolitano in chiusura della sua visita a Catania è stato netto: «Non basta impiantare e portare a sviluppo una realtà come questa, ma serve saperla salvaguardare nei momenti di crisi», ha dichiarato. «Bisogna spostare lattenzione dalla discussione a carattere rivendicativo nei confronti di ciò che deve venire da fuori e vedere invece come sostenere quello che cè qui».
Una presa di posizione che non è bastata a fermare il conto alla rovescia ormai avviato. Negli ultimi giorni i dipendenti hanno sollecitato un incontro tra il sindaco Enzo Bianco e il presidente del Consiglio Matteo Renzi, occupando anche l’aula consiliare etnea per mettere in risalto la problematica anche agli occhi dell’opinione pubblica. Il presidio è stato sospeso solo grazie alle rassicurazioni circa un colloquio tra il primo cittadino e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio.