Micheli (ABI) dichiara ‘guerra’ ai bancari: “Non ci sono soldi per gli aumenti salariali”

CONGRESSO NAZIONALE DELLA FABI/ IL DENARO E’ ABBONDANTE SOLO PER PAGARE I SUPER STIPENDI AI MANAGER. PER IL PERSONALE RETRIBUZIONI GRAME E LICENZIAMENTI. LA REPLICA DI SILEONI. IL QUESTION TIME CON MESSINA DI INTESA SANPAOLO

Al congresso nazionale della FABI va in scena il ‘match’ tra il segretario nazionale della più importante e rappresentativa organizzazione sindacale dei lavoratori bancari, Lando Maria Sileoni, e il Capo delegazione sindacale dell’ABI, Francesco Micheli, con Nicola Borzi, giornalista di Plus 24, nelle vesti di moderatore.

Al centro della discussione il rinnovo del Contratto Nazionale di categoria, che riguarda 309 mila lavoratori bancari italiani. Critiche, posizioni talvolta contrapposte, ma anche visioni comuni sulla strada che dovrà intraprendere il settore per riemergere dalla crisi.

A dichiarare a chiare lettere gli obiettivi del sindacato ci ha pensato subito il padrone di casa, Lando Maria Sileoni: “Nella vertenza sul rinnovo del Contratto Nazionale – ha detto Sileoni – non intendiamo più confrontarci soltanto sui numeri della crisi, in una mera ottica di taglio dei posti di lavoro e delle garanzie contrattuali, ma vogliamo condividere un nuovo modello di banca. Siccome i vertici, fino ad oggi, non si sono presi questa responsabilità, ce la prendiamo noi”.

“Vogliamo un modello sociale di banca – ha detto il numero uno della FABI – che non faccia outsourcing di attività, ma che punti sulla consulenza allargata e specialistica a famiglie e imprese, che crei nuove professionalità, mantenendo così posti di lavoro e creando le condizioni per nuove assunzioni”.

Sileoni dunque sfida Micheli sul suo stesso terreno: quello dell’innovazione dei modelli di business, spesso invocato dalla controparte.

Ma se sugli obiettivi ci sono punti di convergenza tra banche e sindacato, ancora grandi restano le distanze sui metodi per realizzare questo cambiamento. Micheli lo dice subito: “Non ci sono risorse economiche per rinnovare il contratto”. Tradotto: dimenticatevi aumenti salariali.

Pronta la replica di Sileoni: “Non siamo disponibili a un cambiamento a costo zero. Le professionalità vanno adeguatamente pagate”. Poi provocatorio si rivolge a Micheli: “Tu un cambiamento a 0 euro lo faresti?”

Il capo delegazione sindacale dell’ABI incassa e poi elenca, uno ad uno, le mire della sua organizzazione, nella vertenza del rinnovo contrattuale. “Abbiamo una parte normativa del Contratto che va completamente riformata. Sull’area contrattuale vanno prese decisioni. Non può rimanere quella di 10 anni fa. Inoltre vanno rivisti gli inquadramenti, che devono tenere conto della nuova organizzazione del lavoro”.

Su inquadramenti e area contrattuale, il leader della FABI è irremovibile: “Non ci daremo mai la zappa sui piedi, non annulleremo mai 30 anni di conquiste sindacali”.

Quanto all’area contrattuale, Sileoni è tranchant: “Abbiamo fatto uno sforzo abissale per riportare le lavorazioni in Italia, con le procedure di insourcing previste dall’ultimo accordo di rinnovo del Contratto Nazionale, poi i gruppi (vedi Unicredit) hanno fatto come gli pare. Una cosa del genere non può più accadere”.

Diverse le frecciate lanciate da Sileoni nel corso del faccia a faccia con Micheli. Il leader della FABI chiama in causa i manager. “Tutti quelli che negli ultimi 15 hanno distrutto il sistema bancario – ha detto il segretwrio nazionale FABI – ora si candidano a rilanciarlo”. E ancora sull’ABI: “Se ogni gruppo va per conto suo nell’applicazione delle regole, significa che l’ABI politicamente non conta nulla”. E a proposito del costo del lavoro delle banche italiane più alto della media europea, il Segretario Generale della FABI puntualizza: sono le maxi retribuzioni dei manager a far lievitare il dato.

Ma, stoccate a parte, il leitmotiv del faccia a faccia rimane il contratto nazionale. E Micheli non si nasconde dietro a un dito: “sarà una partita molto più difficile rispetto a quella del 2012”.

Sileoni non si scompone. “Andremo fino in fondo per portare a casa il nuovo Contratto di categoria. Vogliamo però cambiare metodo. Vogliamo confrontarci non sui soliti numeri della crisi, ma su un nuovo modello di banca. Le priorità devono essere il mantenimento dell’occupazione, il recupero dell’inflazione e la tenuta della categoria”.

Interessante anche il question time che ha visto confrontarsi Carlo Messina, Consigliere Delegato di Intesa Sanpaolo, Sileoni e Mauro Bossola, Segretario Generale aggiunto della FABI e Federico De Rosa, firma del Corriere della Sera.

Di scena è il Congresso Nazionale della FABI – il sindacato più rappresentativo della categoria dei bancari – in corso a Roma. Ed è proprio il congresso della FABI a fare da sfondo alle tematiche più rilevanti del momento. Ancora una volta la platea è gremita.

Messina, ad un anno dall’assunzione del suo ruolo, punta tutto sulla necessità di stimolare motivazione all’interno della banca, tramite percorsi di valorizzazione del personale.

“Intesa Sanpaolo è una banca dell’economia reale – ha puntualizzato Messina – una banca che vanta 300 miliardi di credito a famiglie e piccole e medie imprese, di cui 50 miliardi solo da quando è iniziata la crisi. Ora è mia intenzione azzerare le partecipazioni che hanno connotazioni istituzionali, lo abbiamo già fatto con Pirelli, ora lo stiamo facendo con Generali”.

Ma il sindacato non va per il sottile e sa dove mirare. Sileoni e Bossola incalzano, quindi, Messina su bad bank, riduzioni di filiali e tagli di personale.

“Nessuno ha intenzione di fare una bad bank che diventi una scatola in cui mettere le sofferenze che vanno a morire. Meglio creare una business unit in cui far confluire le sofferenze – ha assicurato il Consigliere delegato dell Sanpaolo -. Sui tagli: intanto non mi piace parlare di esuberi, abbiamo un approccio rispettoso della persona. Ma aziendalmente bisogna essere consapevoli che, proprio per l’ambiente esterno in cui siamo inseriti, abbiamo in questo momento un eccesso di capacità produttiva. Quello che sto cercando di fare è riconoscere e valorizzare il merito: questo è quello che le persone ci chiedono. Un’azienda non motivata non farà mai reddito. Da qua il piano di impresa e la necessità di trovare un progetto comune. Per questo credo che creare percorsi di crescita e carriera all’interno della banca sia l’unico modo per generare energia all’interno della banca stessa”.

Sileoni non si lascia certo sfuggire una risposta sulla chiusura delle filiali, che entro l’anno scenderanno a 3700. Se per Messina, infatti, questa situazione non creerà nessun problema nel portafoglio clienti, non è dello stesso avviso il numero uno della FABI: “Chiudere le filiali – ha detto Sileoni – ha come conseguenza lo sradicamento dal territorio”. Per non parlare dell’aspetto finanziario.

“Sono orgoglioso – dice Messina – di aver investito 60 miliardi nei titoli di Stato del mio Paese. Certo questa è una fase di transizione, con uno spread inferiore ai 200 punti sarà, infatti, molto ridotto il peso della componente finanziaria sui risultati della banca e quindi dovrà aumentare la leva commerciale”.

Battuta finale affidata a De Rosa: a lui il compito di parlare di nuove assunzioni. “Credo che mirate e specializzate saranno necessarie, nel tempo”. Così, Messina ne esce indenne.


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