MIchele Pagliaro (Cgil): “Il futuro della Sicilia passa da giovani e formazione professionale”

Proseguiamo il nostro ‘viaggio’ nel settore della Formazione professionale siciliana per sviscerare aspetti critici e proposte fattibili attraverso le parole dei protagonisti del mondo sindacale. Dei temi caldi che soffocano il sistema formativo regionale, ne parliamo con il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro (nella foto sotto tratta da vivivienna.it).

Entra subito nel cuore delle emergenze, il segretario, affrontando il tema delle politiche del lavoro. “Sugli Sportelli multifunzionali la situazione è critica – ci dice Pagliaro – perché non c’è un’idea conclamata su quello che il Governo regionale intende fare. La scadenza è prossima, non si intravvede una soluzione ed è complicato immaginare un percorso. Chiederemo al Governo una proroga fino a dicembre per poi ragionare su come riorganizzare questa filiera”.

Nell’emergenza che interessa la filiera dei Servizi formativi, Pagliaro pone l’accento su quanto emerso a livello nazionale in merito alla riorganizzazione dei servizi per l’impiego e le politiche del lavoro. Ricordiamo che l’orientamento romano sulle politiche attive del lavoro potrebbe portare alla scelta di offrire un nuovo assetto incompatibile con l’attuale modello siciliano.

“La Sicilia – afferma il segretario della Cgil Sicilia – ha competenze specifiche in materia ed ha già sperimentato il modello pubblico centralizzato con un insuccesso conclamato da una relazione della Corte dei Conti che ha messo a nudo le criticità derivanti da una gestione delle politiche di orientamento”.

Il riferimento è chiaramente alla sperimentazione di un modello operativo, tutto siciliano, che negli anni ha prodotto come risultato finale la chiusura dell’Agenzia regionale per l’Impiego. “Ci aspettiamo – precisa Pagliaro – al di là delle emergenze, un disegno più complessivo, legato agli effettivi bisogni del territorio ed elle imprese. Un approccio che metta in relazione le politiche attive del lavoro, l’orientamento, le funzioni degli Sportelli multifunzionali, il ruolo della Formazione professionale”.

La Cgil critica la sordità delle istituzioni del recente passato che non hanno mostrato sensibilità rispetto al tema centrale del processo di riforma del sistema formativo, imploso da tempo. “Noi da tre anni – ricorda il segretario – abbiamo rivendicato, in solitudine, trasparenza e chiarezza nel settore della formazione professionale, denunciando tutto quello che oggi sta emergendo. Guai a buttare l’acqua sporca con tutto il bambino, serve costruire, però, un’idea ancorabile al territorio”.

Secondo l’analisi del sindacato, la politica regionale ha più volte assunto impegni non tradotti in fatti concreti, ha detto di volere cambiare ma ha fatto poco e niente. “Tutto quello che è emerso finora nella Formazione professionale siciliana – ribadisce Pagliaro – è dovuto alla cambiata natura del finanziamento che è passato dalle risorse regionali a quelle comunitarie. Sono proprio le regole dell’Unione europea (Ue) ad avere messo in luce le anomalie di un sistema formativo che faceva acqua da tutte le parti, noi lo abbiamo più volte denunciato nel disinteresse del mondo politico”.

Per la Cgil serve una politica responsabile che affronti i temi scottanti. Questo significa, per esempio, introdurre un nuovo sistema di accreditamento che chiami alla responsabilità tanto gli enti formativi quanto la Regione siciliana. Poi, l’affondo critico sul ruolo degli uffici regionale e sulle responsabilità.

“L’inefficienza della burocrazia è un problema – spiega sempre il segretario – così come lo sono le procedure sempre più complesse che si inceppano troppe volte. Una Regione che deve bonificare il settore deve sburocratizzare gli uffici e fare chiarezza. Se i mandati di pagamento, indirizzati agli enti formativi ed ai lavoratori per le retribuzioni, non vengono emessi per incapacità o carenza di risorse umane, il Governo regionale deve fare chiarezza e intervenire. È paradossale che con tutto il personale alle dipendenze della pubblica amministrazione regionale non si trovi personale capace di lavorare un mandato e liquidare gli acconti. Se, invece, il problema è finanziario, la questione diventa complessa e il ragionamento si allarga. Si apre la pagina del bilancio regionale e della partita dei residui attivi”.

Sulle politiche regionali di bilancio del recente passato la Cgil esprime un giudizio negativo e pone l’accento sulla partita dei residui attivi. Si tratta di somme che, a parere del sindacato, difficilmente potranno essere esigibili seppur indicate tra le entrate.

“La cifra che si aggira intorno ai tre miliardi e mezzo di euro – riferisce Pagliaro – è un’anomalia prodotta da un sistema, ereditato dal passato, che faceva acqua da tutte le parti e che preoccupa non poco. Cosa sono questi residui, a quali categorie fanno riferimento? Forestali, precari, Formazione professionale, Sportelli multifunzionali? Il problema c’è e si vede. Ecco perché vogliamo costruire un settore in trasparenza e contribuire con il nostro apporto al cambiamento. Servono idee chiare e una scala delle priorità. I servizi di orientamento, le politiche attive del lavoro sono attuali, non possiamo aspettare i tempi del Governo nazionale. Su alcuni temi abbiamo autonomia statutaria che dobbiamo far valere, soprattutto in un momento come questo in cui si mette in discussione il ruolo delle province. Ed allora, occorre guardare al territorio come riferimento per nuovi compiti e funzioni. Si parla dei liberi consorzi di Comuni, possiamo essere d’accordo purché non si tratti di duplicazione delle nove province. La nostra idea è che si debbano ridurre le strutture e accorpare i territori per creare vaste aree e realizzare risparmi attraverso economie di scala sulla gestione di servizi essenziali come acqua e rifiuti. Anche la Formazione professionale e gli Sportelli multifunzionali diventano strategici in un progetto che valorizzi il territorio dove protagonista è il cittadino”.

L’idea della Cgil, infatti, è che per costruire una Sicilia diversa occorre intervenire anche sulla pubblica amministrazione per superarne storture e inefficienze. Tornando al tema delle emergenze, vero nodo cruciale per contrastare la crisi generalizzata, il sindacato registra, ad oggi, un’interlocuzione difficile con l’Esecutivo regionale ed i dipartimenti.

“Attraverso le categorie – sottolinea Pagliaro – inseguiamo di continuo le emergenze e non è più possibile. Con approccio responsabile, invece, è opportuno avviare un confronto generale che abbia articolazioni in tavoli settoriali. Il progetto del Governo regionale è ambizioso e ci convince, almeno negli annunci, e vogliamo partecipare per offrire il nostro contributo al cambiamento”.

C’è un’altro tema emergenziale non solo nella filiera degli Sportelli multifunzionali e riguarda la tutela dei redditi messi a serio rischio dalla crisi soffocante. Nell’idea della Cgil siciliana, la Cassa integrazione guadagni diventa tema di grande attualità ed il Governo deve assicurare le risorse. Il sindacato si rifiuta di immaginare un sistema senza tutele per i lavoratori.

Ed arriva il chiarimento. “In Sicilia gli ammortizzatori sociali – sottolinea sempre il segretario – non sono una prerogativa ma lo specchio di una situazione assurda che impatta con la crisi e che non risparmia nessuno. Dai nostri dati in possesso, sono venti mila i lavoratori interessati dallo strumento. Su questo tema il Governo deve riflettere a tutto tondo e tirare fuori un’idea di sviluppo, perché il problema non è solo nella Formazione professionale o negli Sportelli multifunzionali ma in tutti i settori”.

La ricetta della Cgil per invertire la tendenza e avviare un serio cambiamento passa da tre direttrici: emergenza sociale, risanamento del bilancio, politiche di sviluppo.

“Senza un preciso disegno di rilancio tutto diventa emergenza – spiega Pagliaro -. Vogliamo una Sicilia diversa che ambisca a divenire la terra del cambiamento. Ci auguriamo che le difficoltà possano essere superate, altrimenti sarà sciopero e mobilitazione. Le riforme in Sicilia sono sempre complicate, la nostra è una terra complessa che deve fare i conti con 18 mila precari, 7 mila e cinquecento nelle partecipate, 27 mila nel settore forestale, 12 mila nella Formazione professionale, 17 mila nei dipartimenti regionali. Problemi che hanno dimensioni vaste e se vogliamo veramente essere protagonisti della fase nuova di cambiamento lo strumento non può che essere quello del confronto attraverso il coinvolgimento dei lavoratori. Sappiamo che sono poche le risorse e che servirà qualche sacrificio, ma parliamone. Vogliamo concorrere al cambiamento in una Sicilia che guarda in prospettiva futura ai giovani”.

Sulle nuove generazioni il segretario generale della Cgil siciliana sembra non avere dubbi: “Sono – dice – proprio le migliori energie ad abbandonando l’Isola. E questa è una fase pericolosa. Rileviamo una forbice allarmante, vanno via i giovani in possesso di un alto tasso di scolarizzazione. Mentre prende piede in Sicilia il fenomeno conosciuto come Neet. Di coloro cioè che non studiano, non si formano e non lavorano. Abbiamo stimato che in Sicilia si aggirano intorno ai 380 mila, tanti quanto l’intera Francia. In prospettiva, quindi, vanno costruite opportunità per trattenere i giovani”.

La questione sollevata dalla Cgil è di quelle che non ammettono tentennamenti a va affrontata prima possibile. In un rapporto realizzato da Italia Lavoro, sulle caratteristiche e le dinamiche del fenomeno, emerge nel confronto europeo, che l’Italia detiene la maggiore quota di popolazione giovanile tra 15 e 29 anni che non studia o non partecipa più a un percorso di formazione, ma non è neppure impegnata in un’attività lavorativa (Not in Education, Employment or Training – NEET).

È il caso di rimarcare che, secondo lo studio citato, i Neet sono identificati per quello che non fanno ( non studiano, non sono in formazione e non lavorano) piuttosto che per quali ragioni, volontarie o involontarie, risultano esclusi o si escludono dal circuito formativo o lavorativo. Comprendono un mix eterogeneo di giovani con livelli di esclusione sociale molto differenziati e che si trovano nelle più diverse condizioni professionali, alcune delle quali basate su scelte individuali, temporanee o determinate dalla fase ciclica della recessione. Non sono , di conseguenza, un unico target per le politiche attive del lavoro, ma sono costituiti da più tipologie di giovani con caratteristiche diverse rispetto al loro rapporto con il mercato del lavoro, in particolare per quanto riguarda il loro livello di occupabilità.

In conclusione, ripensare meglio la Formazione professionale per la Cgil significa sgombrare il campo e rendere tutto trasparente. Un settore che potrà restare strategico solo se saprà ancorarsi ai bisogni delle aziende che si innovano.


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