Un sequestro cautelare per «tutelare l’incolumità pubblica», ma anche quella «degli operai che vi lavorano dentro». Sono queste le richieste della Procura di Catania per i due tratti delle metropolitana del capoluogo etneo in fase di prolungamento: quello lungo oltre tre chilometri di Borgo-Nesima e quello che da piazza Giovanni XXIII (quindi dalla stazione ferroviaria) dovrebbe collegare con la centralissima piazza Stesicoro.
Un doppio passaggio sotterraneo su cui peserebbe in alcuni punti, secondo la perizia tecnica dell’accusa, il passato utilizzo di cemento depotenziato, motivo per cui dieci persone sono state rinviate a giudizio nel giugno del 2014. «In caso di terremoto – ha affermato in udienza il pm Antonino Fanara – potrebbe crollare tutto. Uno dei due tratti sarebbe ormai concluso e si rischia di buttare via altri soldi. Lavorare dentro queste gallerie potrebbe essere un fattore di pericolo».
Diversa la posizione degli avvocati difensori che si sono opposti alla richiesta. «So che in contraddittorio – spiega l’avvocato Carmelo Peluso, difensore del consorzio appaltatore Uniter – sono stati concordati degli interventi proprio per mettere in sicurezza l’opera e per evitare problemi, anche se non ho idea di quali possano essere. La nuova ditta ha assunto l’onere con la stazione appaltante di realizzare l’opera a regola d’arte e a quanto mi risulta è sicura».
La decisione sulla richiesta avanzata dall’accusa sarà sciolta nella prossima udienza dalla seconda sezione penale del Tribunale presieduta da Ignazia Barbarino.
Decadono intanto alcune ipotesi accusatorie grazie alla prescrizione. A beneficiare della legge ex Cirielli sono l’ingegnere Tuccio D’Urso, all’epoca direttore dell’ufficio speciale emergenza traffico e il dirigente del dipartimento del ministero dei Trasporti Elena Molinaro. Per entrambi l’accusa era di falsità ideologica in atti pubblici. Al palo restano invece le posizioni degli altri imputati accusati a vario titolo di truffa aggravata in concorso e frode nella pubbliche forniture. Secondo l’accusa, nei cantieri sarebbe stato utilizzato cemento di bassa qualità. Nel mirino degli investigatori anche i lavori di impermeabilità dei tunnel sotterranei e la collocazione, in maniera difforme rispetto al progetto, dell’attrezzatura utilizzata per il getto in opera delle campate.
Sul banco degli imputati, ma fisicamente assente, l’avvocato Santo Campione, ex numero uno di Sigenco spa. Società che all’epoca dei fatti faceva parte, insieme alle aziende degli imprenditori Concetto Bosco e Mimmo Costanzo, del consorzio Uniter, vincitore della gara d’appalto della metropolitana. Alla Sigenco tuttavia, per problemi economici è stato revocato l’appalto che è stato affidato da parte del commissario liquidatore di Uniter alla Tecnis di Costanzo, inserita nello stesso consorzio.
Campione inoltre, secondo la Procura etnea, come recentemente emerso in un’altra operazione denominata White knight , tra novembre e dicembre 2012 insieme al figlio Pietro, avrebbe sottratto ingenti disponibilità finanziarie alla sua azienda. Motivo per cui gli inquirenti hanno disposto un sequestro preventivo di 3,4 milioni di euro accusandoli di bancarotta fraudolenta, truffa e falso.
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