Messina, un ‘Pinguino’ (De Longhi) per due Caravaggio…

Nel Museo regionale di Messina due quadri di Caravaggio che il mondo ci invidia sono custoditi nel peggiore dei modi possibili. Si trovano dentro locali i cui muri sono gonfi di umidità. Non c’è un deumidificatore, ma solo un ‘Pinguino’ della De Longhi. Non ci sono custodi. Non c’è protezione. Chiunque, in teoria, potrebbe mangiare le papatine e toccare i quadri! Tutt’intorno, insomma, si denota uno stato di totale abbandono.

In questo ‘Pinguino’, oggi ‘parcheggiato’ in un angolo della sala che ospita i due quadri di Caravaggio, c’è tutta la Regione siciliana: c’è il disinteresse di un’amministrazione pubblica verso i propri tesori: c’è l’abbandono di un luogo che i turisti che arrivano a Messina non conoscono (eppure quasi ogni giorno giungono centinaia di turisti con le navi da crociera): c’è l’assoluta mancanza di programmazione degli interenti per la valorizzazione dei nostri beni culturali.

Nel servizio che leggerete c’è questo ed altro!

di Cettina Vivirito

“La Resurrezione di Lazzaro” è uno dei dipinti più importanti eseguiti da Caravaggio in Sicilia nell’ultimo periodo della sua vita, dopo la precipitosa fuga da Malta. L’opera, dopo un complesso restauro compiuto dagli esperti dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, è stata esposta per la prima volta a Roma al Museo di Palazzo Braschi. Della tela del Museo Regionale di Messina tornano così particolari scomparsi, come l’autoritratto del Merisi e le originarie cromie. (a sinistra, La Resurrezione di Lazzaro del Caravaggio, foto tratta da catherinelarose.blogspot.com)

Opera imponente (3,80 metri per 2,85), il dipinto è stato circa sei mesi nella Capitale nelle mani dei restauratori dell’Istituto che hanno condotto a Messina alcuni saggi di pulitura. Grazie a leggeri solventi, molto volatili, sono riemersi particolari fondamentali per restituire una nuova leggibilità al capolavoro. Tra questi, il profilo del Cristo, le braccia spalancate di Lazzaro frementi di vita dopo il rigore della morte, l’autoritratto di Caravaggio confuso tra la piccola folla che assiste al miracolo.

Il problema della tela è sempre stato costituito dall’ingiallimento delle vernici usate nelle ridipinture settecentesche che avevano talmente compromesso il capolavoro da renderne incerta l’autografia. Invece, spiega la direttrice dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, Gisella Capponi, la grande pala, commissionata dal mercante genovese Giovan Battista Lazzari per la chiesa dei Padri Crociferi, è uno dei pochi dipinti la cui attribuzione sia documentata dalle antiche fonti messinesi.

Realizzata tra il 1608 e il 1609, appena l’artista arrivò a Messina, l’opera presenta le caratteristiche salienti dell’ultimo Caravaggio, da cui derivano le vicende conservative dal XVII secolo a oggi. A sostenere l’impegno dell’Istituto Superiore per il Restauro è stata la società Meta-Morfosi che ha stanziato centomila euro per l’allestimento della mostra romana e il trasporto a Messina a lavori ultimati. Per arrivare a Roma, la “Resurrezione di Lazzaro” nella seconda metà del 2011 ha usufruito dello spostamento di un altro Caravaggio, l’ “Adorazione dei pastori”, che Mondo Mostre ha portato a Mosca per l’esposizione al Museo Puskin.

Il definitivo rientro a Messina della “Resurrezione di Lazzaro” ricostituisce, insieme all’“Adorazione dei Pastori”, la coppia dei capolavori caravaggeschi presenti al Museo Regionale “Accascina”.

L’inaugurazione della mostra presso lo stesso Museo dal titolo “Caravaggio, Resurrezione di Lazzaro. Il capolavoro restaurato”, arricchita dal materiale esplicativo del restauro, è avvenuta lo scorso 25 luglio alla presenza del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, dell’assessore regionale ai Beni culturali, Amleto Trigilio, del dirigente generale del dipartimento Beni culturali, Gesualdo Campo, e del direttore del Museo, Giovanna Maria Bacci, e rimarrà visitabile fino al 25 novembre 2012 (lunedì e venerdì dalle 9 alle 14; martedì, giovedì e sabato dalle 9 alle 14 e dalle ore 16 alle 19; domenica e festivi dalle 9 alle 13; mercoledì chiuso).

Andiamo quindi a visitare il Museo, orgogliosi di “possedere” un patrimonio artistico così importante.

Percorso quasi tutto il viale della Libertà con alla nostra sinistra un mare azzurrissimo e calmo, intravediamo in lontananza una costruzione che ci ricorda qualcosa di già visto, una sequela di tetti spioventi in vetro asimmetrici, contornati da ferro nero e di diverse altezze. La vista però è occultata da case sul davanti. Nessun cartellone annuncia la mostra: indoviniamo l’entrata del vecchio Museo dove ammireremo finalmente i due Caravaggi.

Ci accoglie un giardino pieno di erbacce, incolto, disseminato di reperti archeologici, antiche campane, pezzi di capitelli e antiche otri e anfore. Una cabina in vetro con una frattura che la percorre dall’alto al basso rende visibile una piccola sala vuota, sedie nere e schermo sul fondo spento.

Non riuscendo ad individuare l’entrata, girovaghiamo un po’ nello spazio antistante, ci accorgiamo che a metà del lungo viale alberato una signora molto distinta armata di scopa, paletta e sacco nero, raccoglie le foglie morte sparse dal vento (scopriremo poi essere la professoressa Caterina Di Giacomo, responsabile delle collezioni e dell’esposizione museale). Entriamo incerti da una porta a sinistra, chiedendo all’unica persona astante, della direttrice del Museo, dottoressa Bacci: ci dice di attendere, è fuori. Nell’attesa, vediamo entrare e uscire persone prive di targhette identificative, un porto di mare. Finalmente la Bacci  (foto a sinistra) arriva. E’ una donna piccola e semplice: ci piace. Iniziamo la nostra intervista.

Dottoressa Bacci, Lei è responsabile, oltre che del Museo, anche dell’unità operativa III-collezione archeologica e numismatica, della biblioteca, nonché dell’educazione permanente e della promozione culturale dell’identità siciliana… Non siamo riusciti a leggere per intero il Suo curriculum vitae perché imponente diremmo, 23 pagine fitte fitte di titoli, lavori encomiabili, scoperte archeologiche. Vorremmo, attraverso questa intervista, smentire quello che si legge sullo stato attuale di questo Museo, che ospita due importantissime opere di Caravaggio: ‘La resurrezione di Lazzaro’ e ‘L’adorazione dei pastori’. E’ vero che ci sono sale dove ci piove dentro?

“Lei si riferisce al Museo vecchio o al nuovo?”.

– Quello che ospita Caravaggio, ci dica lei.

“No, non ci piove dentro, assolutamente no. E’ una vecchia struttura, che posso dire, ma è accessibile a tutti, si paga un biglietto. Questa è la sede storica del Museo regionale di Messina, ovvero la cosiddetta ex filanda Mellinghoff, che è una struttura nobile, però è una struttura vecchia. Insomma avrebbe bisogno di tanta manutenzione, di tanti lavori, lei sa che in questi ultimi anni di crisi in genere non si è potuto fare molto. Sicuramente però non ci piove dentro…”.

Ma allora questi lavori di ristrutturazione durati 30 anni con 3 miliardi di vecchie lire spese?

“No, questi sono problemi legati al cosiddetto Nuovo Museo, la struttura nuova”.

– Quella di cui c’era un progetto di Carlo Scarpa che venne poi disatteso?

“Sì… quella è una lunghissima storia, una questione che anch’io conosco per sommi capi, c’ero ma ero alla Sovrintendenza e non me ne sono mai occupata. Il nuovo Museo che è sempre in questo complesso, ma è più avanti è moderno, si vede dalla strada. Il Caravaggio è nel vecchio Museo, se vuole andiamo dopo a vederlo insieme, così si potrà rendere conto che non ci piove dentro anche se ci sarebbe bisogno di tanta manutenzione… Il nuovo è una storia effettivamente vecchia, risale all’Ottanta, sì, inizialmente c’è stato un progetto di Carlo Scarpa, ma poi fu passato a un gruppo qui di Messina. Comunque parliamo di tanti anni fa… Sì, ha avuto tutta una serie di finanziamenti che però… che posso dire? E’ difficile… io poi parlo cosi… è un progetto che forse ha avuto fin dall’inizio dei difetti, dei problemi che si sono dovuti correggere negli anni. C’è stata tutta una serie di finanziamenti fino a oggi che l’hanno portato avanti. Diciamo che, però, non sono riusciti ad eliminare tutte le problematiche per poterlo aprire al pubblico definitivamente. In questo momento, diciamo da due o tre anni, la nuova struttura è già più o meno allestita, più o meno le sculture e le opere sono nei posti dove dovrebbero essere, quasi tutti… Mentre nel vecchio Museo… Ci facciamo poi un giro insieme… nella ex filanda (dove insomma non ci piove, ci sono tanti problemi, ma non ci piove) sono restate le opere pittoriche, le tavole e qualcos’altro… In atto… Veramente in questi mesi ci hanno finanziato quello che speriamo sia l’ultimo finanziamento per il nuovo Museo… Perché qual è il problema più grosso? Parlo della nuova struttura…. Non c’è la climatizzazione! Speriamo che con questo ultimo finanziamento…”.

– Ci scusi, dottoressa Bacci, ci siamo un po’ confusi, la climatizzazione manca nel Nuovo Museo, ma anche nel vecchio Museo, dove ci sono i Caravaggio. Per intenderci: Claudio Fava su facebook ha scritto che ad agosto, durante l’afa, sarebbe stato messo un pinguino De Longhi per evitare che l’afa stessa scorticasse le opere, può smentirlo?

“Stiamo un po’ confondendo le cose. Andiamo a vedere dunque… Allora dobbiamo distinguere vecchio Museo- nuovo Museo… Il vecchio Museo ha avuto una storia di decenni nata e proseguita con tutta una serie di finanziamenti da parte della Regione, fondi europei, ecc. che l’hanno portato allo stato attuale; il nuovo Museo non si può aprire perché non si possono portare le tele, il materiale organico insomma… Voi capirete… Però c’è già tutta la scultura, la collezione archeologica che è stata parecchi decenni qui… Ma è molto importante che in questi giorni stia andando in gara questo finanziamento che sono poco meno di due milioni di euro”.

Ascoltantola, cominciamo a chiederci se la dottoressa Bacci c’è o ci fa: con questo giochetto tra vecchio e nuovo siamo sempre più confusi.

– Quindi le gare di appalto sono già state espletate?

“Sì le gare di appalto sono già state espletate cioè sono in gara in questi giorni all’Urega (Ufficio regionale per l’espletamento di gare per appalti opere pubbliche) perché sopra soglia. Oltre una certa soglia le gare non le fa l’Istituto, ma la Sovrintendenza di Messina o l’Urega, in questo caso l’Urega… abbiamo anche avuto approvato… E’ uscito il bando… anche un secondo finanziamento europeo di circa un milione e duecentomila euro per la rifunzionalizzazione della filanda, di quello che ora andiamo a vedere, che è aperto, che effettivamente ha anche grossi problemi, non ci piove dentro, ma ha umidità che risale e l’impianto di climatizzazione è molto vecchio…”.

Paradossale viste le enormi cifre spese!

“No… Questo del nuovo Museo e del vecchio Museo era una cosa che andava avanti con manutenzioni ordinarie e straordinarie ogni anno…”.

Il Caravaggio si trova qui? E… spostarlo nel nuovo?

“No! Non è possibile… In questo Museo vecchio non ci sono stati finanziamenti europei in questi anni, ci saranno, ma andranno in gara in questi mesi. E’ andato avanti con manutenzioni… Si sa, con la crisi che ha la Regione… Quest’estate è successo, questo posso dirlo con certezza… Siccome il Caravaggio più importante è stato in restauro a Roma, doveva ritornare, si doveva esporre con un certo decoro… Abbiamo avuto dei soldi.. La Regione ci ha dato dei soldi per rimettere in funzione l’impianto di climatizzazione… magari nella stagione fredda aveva funzionato, ma con più di trenta gradi si era guastato… l’abbiamo rimesso in funzione, abbiamo avuto anche una brava ditta che è venuta a controllare ogni giorno e forse ci sono stati dei momenti in cui abbiamo messo anche un deumidificatore… però non è quello che mantiene il Caravaggio…”.

– Vorremmo sperarlo, quindi ha scritto bene Claudio Fava? Paradossale e grave, diremmo…

“Ma chi è questo Claudio Fava? Non lo conosco.. No, ora c’è la climatizzazione che funziona è stata riparata, ma andrebbe sostituita totalmente.. ora con questo nuovo finanziamento che si chiama POR anzi no si chiama PO FESR di un circa un milione e duecento e qualche cosa… si dovrebbe sostituire l’impianto”.

– Allora Lei ritiene che il direttore dell’assessorato ai Beni culturali, o dirigente generale, Gesualdo Campo, si sia impegnato?

“Ma sì, si è impegnato… per Messina diciamo che col POR della filanda non ci saremmo comunque arrivati… Si è impegnato per farci aggiustare in questi mesi d’estate il vecchio sistema di climatizzazione che andrebbe sostituito, ma è stato riparato…”.

In queste condizioni che fruizione possono avere queste importanti opere? Il museo di Reggio Calabria, per esempio, ha un utenza di centomila persone l’anno; qui a Messina, dove si potrebbe sfruttare il popolo dei croceristi che sono tanti, che accordi, che convenzioni sono state fatte?

“Mah.. certamente non abbiamo questa utenza, deve avere influito il fatto che… sapete che in questi ultimi anni i Caravaggio sono spesso stati spostati, sono andati in giro per mostre e i tour operator portano persone, ma non vedono Caravaggio e quindi questo ha portato una certa disaffezione… Poi c’è questo problema dell’esposizione ridotta perché non c’è più la scultura che ormai è tutta dall’altra parte…”.

– Lei dunque ritiene che non valgano la pena, da soli, i Caravaggio…

“Certo che valgono la pena, però per lunghi periodi negli ultimi decenni spesso sono stati fuori”.

– Come mai non c’è nemmeno un sito internet, nessuna interattività, informazione…

“Ma perché risultiamo sul sito della Regione Sicilia. Forse dovremmo farcelo noi un sito, ma in questo momento non ci sono soldi per pagare esterni, qua dentro professionalità non ne abbiamo… sono abbastanza convinta che dovremmo fare uno sforzo noi, dovrebbe farlo la Regione, la quale ha tutt’altro a cui pensare… Io non sono un programmatore informatico. Non so, che posso dire… Questi sono anni che purtroppo i soldini sono pochi, speriamo molto in questi due finanziamenti europei, sia per finire, completare quello nuovo, sia per dare una sistemazione a questa struttura che dovrebbe essere svuotata, ma dovrebbe restare per eventi, mostre circolanti… Se tutto va bene siamo già in contatto con il Guggenheim Museum di New York, lo saprete certamente, il primo evento sarà quando sarà sistemata questa struttura vecchia.. sarà un evento di grande richiamo… Da quando è ritornato il secondo Caravaggio c’è una migliore risposta anche dai turisti, dai tour operator… Da mesi ricevo molte mails di molti gruppi che mi chiedono: ‘Ma se veniamo il mese tale il giorno tale vediamo il Caravaggio?’. E io per molto tempo sono stata costretta a dire sì, ne vedete uno, l’altro è a Roma e quindi forse non son venuti per questo… Ora da un po’ di tempo che scrivono io rispondo che vedranno tutti e due i Caravaggio in splendida forma… Ma i problemi rimangono… Vuole farsi un giro?”.

– Certo

“Lei vedrà una struttura sicuramente vecchia.. Ah Caterina…”.

La dottoressa Bacci chiama la dottoressa Di Giacomo. E’ la signora che poco fa spazzava il viale? Sì, è lei. La dottoressa Di Giacomo ha collaborato al restauro del Caravaggio…Però

Ora la dottoressa Bacci si rivolge alla dottoressa Di Giacomo (foto a sinistra). Le dice: “La signora, che è una giornalista, mi ha fatto un sacco di domande imbarazzanti sul Museo vecchio e sul Museo nuovo e poi si è sentita dire che nel Museo ci piove, che davanti al Caravaggio c’è un pinguino…”.

La dottoressa Di Giacomo non si tira indietro: “Chi l’ha detto? Ma è mai venuta qua dentro? Ma forse un deumidificatore no, però… Per quanto riguarda le utenze, poiché abbiamo il Museo vecchio svuotato delle sculture e di tante cose e il nuovo non è visitabile non ci ‘spertichiamo’ nella ricerca delle utenze perché in questo momento sarebbe inutile… noi diamo l’anima… speriamo che arrivino questi due finanziamenti… Facciamo un giretto”.

Nel frattempo la dottoressa Di Giacomo, ironicamente, continua i suoi commenti: “Ci sono Musei che fanno più schifo di questi due… Per esempio Pompei… E poi il Museo di Reggio mi pare che non sia stato aperto ultimamente, quindi questi centomila utenti chissà a quali anni si riferiscono…”.

Siamo esterrefatti. Visitiamo le sale del vecchio Museo e le sue opere d’arte.

Ci dice la dottoressa Bacci: “Come vede può sentire la climatizzazione”.

Sì, osserviamo, l’aria circola. Ma tutte le porte sono aperte, anche quella che da sull’atrio.

La dottoressa Bacci allarga le braccia: “Purtroppo è un vecchio impianto…”.

Compaiono Antonello, Alibrandi, Rodriguez, Scuola di Antonello. Dipinti fiamminghi medievali. Ed ecco finalmente Caravaggio! Ci stupiamo della scarsa illuminazione: la Bacci sostiene essere proiettata appositamente dal basso così da consentire la visione della “luce” naturale dei dipinti. Comunque, meravigliosi.

Ci accorgiamo, a un tratto, di un piccolo deumidificatore dimenticato all’angolo della sala: sarà quello di cui parlava Claudio Fava? “Mah, probabilmente”, risponde la Bacci, assolutamente inconsapevole della sua esistenza.

A guardare con attenzione poi ci accorgiamo di una diffusa e minacciosa umidità che, risalendo dal basso per tutto il perimetro delle sale, rigonfia le pareti, riempie i pavimenti di una polvere muffosa e bianca.

Seguono alcuni arredi lignei del barocco siciliano, del manierismo messinese; nell’ultima sala le maioliche di Domenico da Venezia. Rimangono invisibili tutte le sculture e la famosa carrozza d’epoca con cui fino a qualche anno fa si concludeva il percorso museale: vorremmo fare qualche foto al nuovo museo, magari alla facciata, la Bacci risponde che è un cantiere aperto e non si può.

Osserviamo: dottoressa Bacci, vorremmo porle un ultima domanda: come mai non ci sono cordoni protettivi antistanti le opere? Sa, quelli che tengono a una distanza di sicurezza gli ospiti (nel frattempo pensiamo che sia possibile, dunque, davanti a un Caravaggio, mangiare pop corn e poi toccare la grande tela..).

“Bè, non sono necessari – risponde con grande ingenuità – c’è il personale, ci sono i custodi”.

Dove saranno i custodi?, ci chiediamo. Non abbiamo visto altro che due giovani all’entrata che staccavano i biglietti. Per il resto, la Bacci ci fa nuovamente notare, all’aprirsi spontaneo di una porta a vetri scossa dal vento, che è una vecchia struttura che avrebbe tanto tanto bisogno di soldi…

Un altro cattivo pensiero si fa strada: non sarebbe necessario essere Diabolik per mettersi sottobraccio un trittico del Duecento, e portarlo a casa propria.

Questa la deludente e incredibile visita al Museo regionale: 31 anni di lavori, 30 miliardi di vecchie lire spesi, finanziamenti vari non meglio specificati, due milioni di euro in arrivo. Soldi che non sono bastati e che non basteranno certo, considerando che, più grave di qualunque climatizzazione, abbiamo constatato la necessità di potenti opere murarie vista “l’umidità che risale” inesorabile.

ps

Un problema, quello dell’incapacità di salvare prima che promuovere un patrimonio artistico unico al mondo, su cui gli amministratori regionali dovrebbero seriamente interrogarsi. E ciò vale non solo in previsione di uno sviluppo turistico, ma anche di quello sociale, cosa ancora più importante.

Abbiamo 1.800 custodi, ma i Musei e le Biblioteche rimangono chiusi, o lasciati alla mercé della sola buona volontà di pochi, come la professoressa Di Giacomo che ripuliva il viale, che ha cercato eroicamente di difendere una realtà indifendibile: altro che copertura del Teatro greco di Siracusa con una cupola di plastica, come ha giustamente e ironicamente sostenuto Claudio Fava.

 

 

 

 

 


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