Aperto ad agosto, chiuso a novembre, riaperto a gennaio. Di nuovo chiuso nei giorni scorsi, dopo l'ultima sciroccata. E' lo scalo di Tremestieri. «Errori progettuali e di gestione hanno aumentato le difficoltà che ora sembrano insormontabili», afferma il sindaco. Una nuova maxi opera dovrebbe tenere lontani i tir dal centro. Critico il Wwf che propone un'alternativa più economica e meno invasiva
Messina, porto insabbiato. Accorinti pretende chiarezza Rischi ambientali col nuovo progetto da 80 milioni
Il 2014 è stato l’anno della riapertura integrale dell’approdo messinese di Tremestieri, avvenuta, più precisamente, il 25 agosto. Dopo pochi mesi la chiusura il 5 novembre dopo una mareggiata. Quindi, la tanto agognata riapertura il 26 gennaio. Uno spiraglio durato troppo poco. Il porto di Tremestieri è di nuovo chiuso, dopo l’ultima sciroccata di qualche giorno fa che ne ha provocato l’insabbiamento. Uno stop che ha spinto il sindaco di Messina, Renato Accorinti e l’assessore alle Risorse del mare, Sebastiano Pino, a invocare chiarezza sulle responsabilità dell’accaduto. «L’ennesima chiusura degli scivoli del porto di Tremestieri non può essere considerato un evento ineluttabile, ma stavolta deve essere l’occasione per capire se errori progettuali, e successivamente di gestione, non abbiano contribuito ad aumentare le difficoltà che oggi appaiono insormontabili», scrivono il primo cittadino e l’assessore nell’odierna nota congiunta.
A contribuire al disagio ormai permanente si c’è messo anche il maltempo, che negli ultimi giorni ha colpito Messina e provincia, provocando danni e allagamenti e conseguenti difficoltà per la viabilità cittadina. Così nulla è cambiato negli ultimi mesi: Messina è ancora costretta a subire il passaggio dei tir per le vie cittadine. Un problema che sembra insanabile: «Non possiamo continuamente rincorrere le emergenze – sottolineano Accorinti e Pino – diciamo basta all’improvvisazione, i Messinesi sono parte lesa e ci siamo davvero stancati di assistere a continue inagibilità del porto nato per liberare la città dai tir». L’ultimo episodio s’inserisce in un contesto di tensione e scioperi – che si protrarranno anche al mese prossimo – da parte degli autotrasportatori, che denunciano disagi per i rigidi provvedimenti applicati dall’amministrazione.
L’assessore Pino, la cui nomina è stata ufficializzata il 26 gennaio, aveva sottolineato già nelle sue prime dichiarazioni come il porto di Tremestieri fosse nato più come approdo d’emergenza, con una serie di errori riguardo la sua collocazione fisica. Troppi i soldi già spesi solo nell’ultimo anno per il dragaggio del porto, oltre al danno temporale: ogni dragaggio richiede una gara d’appalto e le mareggiate forti non aiutano, visto che il porto s’insabbia facilmente e per riaprirlo bisogna attendere anche mesi.
La colpa sarebbe nel progetto originale. Era il 2006 quando lo scalo portuale di Tremestieri, a Messina Sud, fu completato per allontanare il traffico dei tir dal centro storico, ma c’è chi sostiene che l’insabbiamento sistematico del porto era prevedibile proprio a causa del sito in cui l’opera è stata realizzata. Tra queste il sindacato Orsa che parla di progetto fallimentare. Lo scalo, come già detto pensato come opportunità d’emergenza, sarebbe dovuto essere affiancato da un’altra piattaforma, ben più ampia.
Intanto il sindaco Accorinti ha chiesto all’assessore regionale al Territorio, Maurizio Croce, un tavolo urgente con tutte le parti interessate, per accelerare al massimo le procedure per l’avvio dei lavori del nuovo porto, – per alcuni l’unico strumento in grado di salvare la città dai tir, dal momento che non si può fare affidamento sui due scivoli attuali – per il quale il Comune ritiene indispensabile il conferimento da parte del governo dei poteri speciali. Opera sui cui finanziamenti restano dei dubbi: gli 80 milioni di euro destinati alle sei invasature del nuovo approdo a sud, sono stati stanziati. In particolare le risorse sono così ripartite: 10 dal Cipe, 15 dall’Authority, 20 dalla Regione e, 35 dal Ministero delle infrastrutture. Ma proprio sul finanziamento da parte del Ministero restano le paure più grandi: c’è tempo fino a dicembre di quest’anno per poterne usufruire e, considerati i continui intoppi, in molti intravedono la seria possibilità che tali fondi vadano perduti.
Il direttore generale del Comune, Antonio Le Donne, riferisce d’aver più volte sollecitato il Cipe e la Regione a dare conferma dei rispettivi cofinanziamenti. Il mutuo però non è stato ancora confermato. Intanto il tempo passa inesorabile.
Ma siamo proprio sicuri che la realizzazione delle nuove quattro invasature per Tremestieri possa rappresentare la panacea di tutti i mali? Non la pensano così le associazioni ambientaliste. Anna Giordano, responsabile Policy di Rete Natura 2000 WWF Italia, che sottolinea come non si possa pensare a un’opera del genere senza tenere in considerazione la salvaguardia dei siti naturali. Nell’aprile, nel luglio e nel settembre 2014, il WWF Italia, l’Associazione Mediterranea per la Natura e Italia Nostra hanno sollecitato, con diverse note congiunte, gli organi preposti a voler ripetere la procedura di VIA, ovvero la Valutazione di Impatto Ambientale per il progetto. I diversi mutamenti di importanti condizioni ambientali, intercorsi tra il 2011 (data emissione parere della CTVIA su progetto SIGENCO) e il 2014 (ripresentazione progetto con alcune modifiche, da parte di altra società), erano alla base della richiesta. «Lo Stretto di Messina – viene sottolineato nei documenti a firma delle associazioni – è zona di protezione speciale e include ambienti, specie e habitat marini anche nel formulario Natura 2000». Il progetto del nuovo porto, cioè, presentava alcune cricitità di elevato impatto ambientale.
Per queste associazioni l’unica possibilità sarebbe via Don Blasco: un’importante arteria alternativa che potrebbe finalmente congiungere porto storico e molo Norimberga allo svincolo di Gazzi senza invadere il centro. L’opera a Tremestieri non andrebbe realizzata anche perché coinvolge tre fiumare, di cui una verrebbe del tutto bloccata.
Da non sottovalutare, inoltre, il caso del Vallone Guidari che, secondo il progetto, dovrebbe essere interessato dalla realizzazione di briglie, l’inscatolamento del tratto finale e un intervento di riqualificazione ambientale. Ebbene tale tratto, secondo quanto riportato nel documento a firma delle associazioni ambientaliste «è stato oggetto di brillante indagine del Corpo Forestale Regionale che ha portato alla emissione di 18 custodie cautelari per scarico di sostanze tossiche, che negli anni si sono anche riversate (inevitabilmente) a valle. Qualsivoglia azione in questo vallone, fiumara, che sia a monte, a valle e nel mezzo, non può prescindere da intervento di bonifica preceduto da attentissima verifica delle conseguenze derivanti dalla azione di movimentazione dei suoli e soprassuoli, stante la quantità e la qualità degli inquinanti che si sono riversati sotto ogni forma (solida e liquida) negli anni». Il processo è in corso e il WWF si è costituito parte civile.
La costa di Galati è in erosione e un’opera del genere richiederebbe una continua manutenzione, compreso il dragaggio, che resta comunque sempre un onere a carico della collettività. «Intere aree a sud dell’attuale porto – si legge ancora nel documento – sono in costante grave erosione e le opere previste non potranno fare altro che aggravare la situazione».
Utilizzare via don Blasco, secondo le associazioni, consentirebbe di non dover ampliare il porto di Tremestieri, eviterebbe di intervenire sulle fiumare e non alimenterebbe il problema dell’erosione costiera, oltre ad avere un costo economico e ambientale di gran lunga inferiore e a collegarsi direttamente alla rete autostradale, permettendo così il passaggio dei tir senza intaccare l’equilibrio cittadino.
Le associazioni ribadiscono da mesi come il progetto manchi della Valutazione di incidenza, richiesta dalle norme vigenti e necessaria per escludere enormi rischi di impatto ambientale. Ora si attende solo la stipula del contratto d’appalto con l’impresa Coedmar, che dovrebbe avvenire tra marzo e aprile.