La Phoenix ha sbarcato nella Città dello Stretto 414 persone, tra cui una trentina di minori e alcune donne incinte. Già diverse volte negli ultimi mesi l'imbarcazione dei coniugi Catrambone ha toccato la Sicilia. La missione privata è nata nel 2013 e andrà avanti fino a ottobre
Messina, migranti salvati dalla nave dei filantropi Il progetto voluto da una coppia italostatunitense
Non è la prima volta che la nave Phoenix fa scalo in Sicilia per sbarcare migranti salvati nel Canale di Sicilia. Ma l’attenzione verso le sue operazioni è sempre alta. Merito della natura della missione: non si tratta infatti di un’imbarcazione militare che partecipa a spedizioni internazionali, ma di un mezzo privato, di proprietà dei coniugi Catrambone, imprenditori filantropi che risiedono a Malta. Oggi a Messina ha accompagnato 414 migranti, di varie nazionalità africane e asiatiche. Ad accoglierli la macchina dell’accoglienza coordinata dalla prefettura peloritana. Nel folto gruppo ci sono una trentina di minori e alcune donne incinte. Nella città dello Stretto dall’inizio del 2015 sono passati circa 3mila profughi.
Sul molo Marconi stamani c’erano anche i coniugi proprietari della Phoenix. «Questa è la seconda volta a Messina – spiega Regina Catrambone – negli ultimi 15 giorni siamo stati a Trapani, Pozzallo e Reggio Calabria, e poi siamo rientrati in mare e abbiamo salvato 414 persone». L’imprenditrice spiega che «una donna è stata portata via d’urgenza con l’elisoccorso a Lampedusa per una colica renale». Ad aiutare nelle operazioni di salvataggio è stata anche la Marina militare italiana che poi ha lasciato alla nave privata il compito di accompagnare i migranti in Sicilia.
La missione dei coniugi Catrambone è stata preparata dal 2013, ancora prima dell’operazione della marina italiana Mare Nostrum, ed è iniziata nel gennaio del 2014. Finora ha salvato 8.595 persone. Oltre alla Phoenix vengono usati due droni, due gommoni e un’equipe, compreso personale sanitario, con esperienza in questo settore. Regina ha origini calabresi, il marito Christopher Catrambone è statunitense con origini calabresi. A far scattare la molla della solidarietà è stato il ritrovamento di una giacca che galleggiava a largo di Lampedusa. I due hanno fondato una Ong, MOAS (Migrant Offshore Aid Station), con sede a Malta. Dall’inizio delle operazioni di salvataggio ci sono state due fasi pienamente operative, la prima è durata circa due mesi. La seconda è iniziata lo scorso maggio e andrà avanti fino a ottobre.