A tutt’oggi non risulta ci siano persone indagate. Ma nei giorni scorsi sono stati sentiti i segretari delle varie commissioni. Ad allargare il cerchio al di là dei consiglieri comunali, è l’analisi di una serie di documenti emersi negli ultimi giorni, che rischia di ampliare lo spettro delle responsabilità
Messina, le indagini su Gettonopoli oltre il Consiglio Contraddizioni tra norme e pagamenti non trasparenti
Se Gettonopoli ha gettato il discredito sui consiglieri comunali di diverse città siciliane, ma non solo, l’analisi di una serie di documenti emersi negli ultimi giorni potrebbe ampliare lo spettro delle responsabilità. A rendere più complicata la matassa, infatti, sono le contraddizioni regolamentari e normative che stanno venendo a galla a palazzo Zanca, a Messina. Per non parlare del pagamento delle indennità che avviene senza il rilascio di un cedolino. Così, gli inquirenti stanno sondando il terreno senza limitarsi al perimetro dell’aula consiliare. Nei giorni scorsi sono stati sentiti i segretari delle varie commissioni. A tutt’oggi, in ogni caso, non risulta ci siano persone indagate.
Significativa appare una circolare risalente addirittura al 4 novembre 2010, diramata dall’allora dirigente della segreteria generale, Affari di giunta e Consiglio, Giuseppe Mauro. Dopo avere interpellato il ministero degli Interni, si dispone di «non corrispondere il gettone di presenza nel caso di conferenza dei capigruppo e qualora vadano deserte le sedute di Consiglio e commissione, per effettiva mancanza di attività determinata dalla carenza del numero legale sia in prima che in seconda convocazione».
Secondo il parere del ministero del precedente 25 marzo, basata sull’interpretazione del Testo unico degli enti locali (Tuel) «la corresponsione del gettone di presenza – si legge sempre nella circolare – è subordinata alla effettiva partecipazione dei consiglieri alle sedute di Consiglio e commissione». Secondo quello del 18 aprile, che richiama la delibera della Corte dei conti, sezione di controllo della Toscana, 362/2009, «ai componenti della commissione conferenza dei capigruppo non è dovuto alcun compenso per la partecipazione alla stessa».
Già l’8 novembre 2010, l’allora presidente del Consiglio comunale, Pippo Previti, eccepisce che sugli enti locali la Sicilia ha potestà esclusiva: «Il Tuel si applica nella nostra regione nella parte relativa alle politiche finanziarie e in quelle recepite da norme regionali». Previti rileva anche che il ministero, come in effetti risulta dalla lettura di un documento dell’Interno protocollato il 13 marzo 2010, si riferisce ai «gettoni di presenza per i componenti delle commissioni comunali di studio, non permanenti e non previste dalla legge, ma dallo statuto comunale, composte oltre che dai consiglieri comunali anche da persone esterne al Consiglio».
Ad alimentare ulteriormente la controversia è il regolamento comunale, la cui potestà appartiene all’assemblea cittadina, come recita l’articolo 12 dello statuto, fonte normativa primaria degli enti locali. L’articolo 53 recita che «la conferenza dei capigruppo costituisce, a ogni effetto, commissione consiliare permanente».
Singolare, infine, la modalità di corresponsione delle indennità. Sebbene tracciabile attraverso i conti bancari dei destinatari, non è documentata da alcun cedolino che ne motivi analiticamente l’importo: «Ho chiesto il rilascio del cedolino l’anno scorso – afferma Franco Mondello, consigliere dell’Udc – durante una conferenza dei capigruppo sull’approvazione del bilancio di previsione 2014, al segretario generale e a Giovanni Di Leo, responsabile dell’ufficio paghe. La mia richiesta era più che altro volta a capire quale sia l’imponibile Irpef al quale siamo soggetti. Nell’occasione si sono assunti l’impegno di provvedere dopo l’approvazione del bilancio, che è avvenuta, ma a tutt’oggi non è cambiato nulla».