Messina, gettonopoli tra verbali falsi e presenze fittizie  «Io voglio questa c… d’indennità, me la devono dare»

«Gliel’ho spiegato non si pesa su questo, compare,
io lo voglio il coso, devo raggiungere 40 presenze… non va pesato sul gettone di presenza il lavoro, non è il gettone di presenza, non è la commissione, perché nella commissione non fai un c…». Funziona così la gettonopoli di Messina. L’inchiesta è culminata oggi con 12 misure cautelari ai danni di altrettanti consiglieri comunali. Ipotizzati i reati continuati di truffa aggravata, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e abuso d’ufficio. Altri 11 membri dell’assemblea cittadina sono indagati. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Barbaro, che non esita a parlare di «disvalore etico», quello che emerge è un sistema in cui «l’unico obiettivo è raggiungere il massimo delle indennità», senza preoccuparsi minimamente del bene collettivo.

L’ordinanza del gip Maria Militello, disposta su richiesta di Barbaro e dal sostituto procuratore Diego Capece Minutolo, riguarda
Carlo Abbate (Pdr), Piero Adamo (Siamo Messina), Pio Amadeo (Articolo 4), Santi Daniele Zuccarello (Progressisti democratici), Paolo David, Benedetto Vaccarino e Nicola Cucinotta (Pd), Carmela David (Udc), Angelo Burrascano (Il Megafono), Giovanna Crifò e Fabrizio Sottile (Forza Italia), Nicola Crisafi (Ncd), tutti attualmente in carica. Per loro è stato disposto l’obbligo della firma davanti ai vigili urbani in servizio a palazzo Zanca prima dell’ingresso in aula e all’uscita. Un deterrente efficace, secondo i magistrati, capace di neutralizzare il pericolo di reiterazione. Per chi ricopre cariche elettive, la legge vieta misure interdittive.

Le indagini – eseguite dalla
Digos tramite intercettazioni telefoniche e riprese video – si sono protratte da novembre 2014 a gennaio 2015, all’insaputa dei diretti interessati. Il fenomeno della riscossione dei gettoni di presenza nella misura massima mensile pare abbia riguardato la quasi totalità dei consiglieri comunali. In alcuni casi, tuttavia, questa pratica avrebbe configurato un illecito. Alcuni consiglieri avrebbero firmato il verbale delle presenze pur non partecipando ai lavori. Il danno diretto alle casse comunali generato da chi avrebbe apertamente violato la legge sarebbe di 38mila euro. A questo andrebbe aggiunto quello indiretto derivante dal pagamento del gettone agli altri consiglieri, senza che tuttavia le sedute si tenessero realmente. La Procura ritiene che ci sia un sufficiente grado di fondatezza per credere che questa condotta sia stata tenuta anche prima e dopo i tre mesi a cavallo tra il 2014 e il 2015.

A insospettire i magistrati, l’
aumento del numero delle sedute di commissione all’indomani della modifica regolamentare, imposta dalla legge regionale, che abbassava l’importo del gettone di presenza da 100 a 56 euro. Fino a dicembre, l’indennità mensile massima di mille 529 euro è rimasta tale. Successivamente è aumentata fino a 2mila 184 euro, raggiungibile con un minimo di 39 presenze mensili. «Il gettone diventa un modo per avere l’indennità che ci vuoi fare… me la devi riconoscere… è fatto così ma io la devo avere l’indennità», si apprende da un’altra conversazione. O ancora: «Io voglio questa c… d’indennità! A me di fare le commissioni non me ne f… niente, io voglio l’indennità…».

La Procura ha preso in considerazione i casi di coloro che sono stati
ripresi dalle videocamere mentre abbandonavano la sala delle commissioni, imboccando la scalinata che conduce all’uscita di palazzo Zanca, entro i tre minuti successivi alla firma. Il «recordman» è un consigliere trattenutosi appena 20 secondi. Non si parla di partecipazione fittizia alle sedute per chi ha comunque presenziato ai lavori in seconda convocazione, o a chi in una sola occasione è andato via immediatamente, o a chi ha comunque superato le 39 sedute mensili, dimostrando di non avere conseguito un indebito profitto.

Sotto osservazione anche una decina di casi in cui
sarebbe stato falsamente accertato il numero legale da parte dei presidenti di commissione. Oltre alla prassi per cui la prima convocazione andava quasi sistematicamente deserte per fare lucrare il gettone pure ai consiglieri della seconda. Una situazione capace di determinare un danno patrimoniale. Ritenuto parte lesa, il Comune, indotto erroneamente a corrispondere le indennità. Senza trascurare l’aspetto degli oneri riflessi, per cui gli accertamenti non sono ancora ultimati. L’istituto riguarda i consiglieri lavoratori dipendenti che, esonerati dalla professione, farebbero percepire l’indennità al datore di lavoro con un ulteriore aggravio per le casse pubbliche.

Pare ci sia anche chi si è messo d’accordo per firmare in sostituzione di un consigliere dello stesso gruppo o del capogruppo, senza la delega scritta: «
Io spesso e volentieri mi sostituisco con la xxxx tanto la xxxx non c’è mai e sostituisco lei perché tanto quella c’è poco, c’è soltanto alle 8 e mezza… Oppure… il capogruppo… quando riesco…»


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