Memorie attuali/ La Chiesa tra teologia e azione

Ho intravisto per caso su Youtube alcuni sketch di Ficarra e Picone:

“… perché uno quando vive una vita bella, poi è difficile andarsene. E se tu la vivi brutta è più facile. Li vedi quelli del terzo mondo?, che vivono nella fame e negli stenti? Quando arriva la morte li trova più sereni”.

“Compà, questi del terzo mondo hanno culo e non lo sanno”. (Ficarra e Picone, Cose che capitano, 2007).

Questa del terzo mondo sembra una favola inventata per far ridere noi, che siamo primo e secondo mondo, ovvero un mondo diseguale.

Terzo mondo è considerato anche il Congo, la nazione del mio amico Blaise.

Ho incontrato la prima volta Blaise Ilinke una decina di anni fa. Avevo l’incarico di intervistarlo per conto di una emittente locale televisiva. Un sacerdote del Congo, un sacerdote nero di circa 45 anni. Ora ogni tanto ci incontriamo, ad Agrigento o a Roma, dove lui viene spesso per organizzare progetti per “promuove la lotta alla malnutrizione, il miglioramento della qualità di vita e lo sviluppo agro-socio-economico”, impegnandosi a favorire la cooperazione tra vari enti, regioni, stati e movimenti internazionali senza frontiere. Mi parla dei problemi della sua terra. Dice che proprio in questo momento molti bambini muoiono ogni giorno a causa del colera. Non c’è acqua. Hanno questo in comune Agrigento e il Congo. Mi viene in mente la devastante situazione di Haiti.

Per un pozzo servono circa 10.000 euro. Ma anche a trovarli, sono necessari macchinari, sonde geologiche, utensili che molti sarebbero disposti pure a regalare, ma a causa delle erosissime tasse doganali in entrata volute dal governo nazionale, i costi diventano insostenibili.

All’epoca dell’intervista io avevo le idee chiare: lo incalzavo con le mie domande, sicuro di metterlo in difficoltà. Gesù era stato portato in Africa da molti missionari. E sulla funzione dei missionari nei vari continenti avevo nutrito fino ad allora qualche diffidenza.

Già. Questo è un aspetto oscuro del colonialismo, anzi ne costituisce l’avanguardia. Oggi, per stare al passo coi tempi, per non soccombere politicamente, economicamente, culturalmente, è necessario essere consapevoli delle proprie risorse, è necessario superare le barriere culturali che relegano all’interno di un’angusta e ingenua “antropologia” gran parte dei Paesi Africani, anche loro etichettati subdolamente come “Terzo mondo”, di un livello inferiore, perché c’è sempre pronto qualcuno molto più furbo del nostro mondo, nazioni comprese, pronto a defraudarli di tutte le migliori risorse in cambio di qualche illusione. Ne parlo spesso con padre Blaise.

Il Coltan innanzitutto, questo materiale pregiatissimo di cui è ricchissimo il Congo dell’Est e il cui mercato locale è controllato dai guerriglieri: serve all’informatica e all’industria delle tele-comunicazioni, telefonini in testa. In quell’intervista Blaise un po’ rideva, forse per imbarazzo, e mi spiazzava. Io gli ricordavo Cristoforo Colombo e la scoperta dell’America. E lui sembrava annuire, con sguardo profondo e pensieroso. Gli ricordavo persino di un film quasi documentario, ‘Ombre Bianche’, con Anthony Quinn, sulle popolazioni Inuit, le loro usanze e l’incontro esiziale con la cosiddetta civiltà occidentale, manco a dirlo attraverso i “suoi” missionari. Parlavamo di tutto ciò che a che fare pubblicamente con quell’entità che si chiama Vaticano, un’entità primariamente politica, come direbbe Corrado Augias nelle sue riflessioni sui segreti del Vaticano stesso. La Chiesa è un’altra cosa, d’accordo. Ma cosa? Le gerarchie?, le dottrine?, i dogmi?, le sue posizioni anacronistiche su molti temi che regolano il vivere civile (sessualità, contraccezione, famiglia e matrimonio, tanto per citarne qualcuno)?, gli scandali pedofili? Cosa?

Questa, diremmo, è una posizione che non tiene conto della realtà di tutti i Figli di Dio: perché c’è anche una Chiesa silenziosa e dimessa, che accoglie, lavora sodo per il bene del prossimo, senza chiedere nulla in cambio, è la Chiesa della Carità, del riconoscimento dell’altro così com’è, senza la pretesa di cambiarlo, la Chiesa della solidarietà, della condivisione, la Chiesa povera e dei poveri che nulla ha a che spartire coi fasti e le magnificenze dei riti ufficiali, nulla con la necessità di mantenere il controllo per non perdere il potere acquisito, nulla con le speculazioni bancarie, i patrimoni ecclesiastici da mantenere e ingrandire, i privilegi, i concordati. È la Chiesa gioiosa che prega e condivide, donando la propria vita all’altro. È la Chiesa di Francesco, di Teresa, degli umili servi, degli oppressi, che si sforzano giorno per giorno di dare dignità e decoro agli ultimi, che si sforza di ridistribuire equamente le risorse mondiali.

Anche questa Chiesa, a ben pensarci, è missionaria. E rischia di suo. Ma è anche quella Chiesa che cerca di donare consapevolezza dei propri mezzi a chi non ne ha, che vuole insegnare a viverla, questa dignità, a testa alta, impegnandosi innanzitutto a scoprire il modo migliore per sfruttare le risorse che la natura – DIO – ci ha messo a disposizione: il Congo e il Ciad sono dei paradossi, le nazioni più ricche del mondo in termini di materie prime e risorse energetiche, le ultime in termini di ricchezza. Gli americani prima, i cinesi oggi, ai quali è stato concesso un curioso privilegio: fanno le strade, le infrastrutture, tutto quello che potrebbe servire a una qualche crescita socio-economica, ma di tutto ciò che trovano sul loro passaggio se ne impossessano, legalmente, diamanti, pietre preziose varie, minerali, materie prime d’ogni genere.

“Capisci? Gesù, da noi, non è venuto ad imporre il suo Credo. Almeno non è venuto con questa intenzione: vedi quel cumulo di pietre? Ognuno ha le sue. Quelle sono le nostre reali risorse, ma non sappiamo come sfruttarle al meglio, anzi non ce ne accorgiamo, perché non abbiamo i mezzi per farlo, non abbiamo mai acquisito le competenze giuste per farlo. Sono lì, accumulate, che aspettano di essere utilizzate, le materie prime di cui tutti abbiamo bisogno per costruire e crescere in un mondo più equo, ma da vivere insieme, nessuno ci pensa, ma Gesù è venuto ad insegnarci come fare, senza togliere nulla a nessuno, è venuto ad insegnarci che noi non dobbiamo tradire il nostro essere, la nostra tradizione, ma che possiamo migliorarla, “imparando” la tecnologia adatta, ma senza farci sfruttare. Queste pietre d’Africa sono ancora qui, in attesa che i suoi figli, che sono anche loro Figli di Dio, imparino finalmente a costruire un futuro nuovo”.

foto tratte da:

cesnur.it

solidanemondo.org

lameziainstrada.it

ilcassetto.it

 


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