«Quando c’è il mollicone c’è il mollicone, quando c’è la mollica c’è la mollica e ci prendiamo la mollica». È da queste parole pronunciate dal sindaco di Mellili, Giuseppe Carta, che prende il nome l’operazione Muddica della polizia di Stato che ha coinvolto amministratori, dipendenti pubblici e imprenditori accusati a vario titolo di aver fatto parte di un sistema per gestire appalti pilotati nel Comune del Siracusano. Dagli scuolabus ai pali dell’illuminazione, dai tabelloni elettorali all’accoglienza dei migranti. Sarebbero questi i settori in cui gli indagati destinatari di misure cautelari – e non solo – avrebbero provato a prendere molliche e molliconi.
Promotore, direttore e capo del sodalizio sarebbe stato il primo cittadino di Melilli che, insieme al vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici e alla Legalità, Sebastiano Elia (detto Stefano) – entrambi sottoposti agli arresti domiciliari – avrebbe agito con lo scopo di influenzare la scelta delle ditte a cui affidare gli appalti. I due avrebbero esercitato anche pressioni sui dirigenti per ridurre, tramite la scomposizione in più procedure, gli importi degli appalti e restare così sempre sotto la soglia dei 40mila euro. A fare da intermediario tra i due esponenti politici, i dirigenti e gli imprenditori sarebbe stato il dipendente comunale Reginaldo Saraceno – ora sospeso dal pubblico impiego, come la collega Giulia Cazzetta.
«Superiamo abbondantemente i 40mila euro e siamo sopra la soglia, quindi il lavoro non può essere affidato direttamente», dice un imprenditore che non sa di essere intercettato mentre parla con l’assessore Elia. I lavori cui si fa riferimento sono quelli per l’installazione di 80 pali a led per la pubblica illuminazione. «Come possiamo fare per farlo in due volte? – chiede l’assessore – Il problema è che è una strada. Come la illuminiamo a metà? Possiamo illuminare intanto la curva», suggerisce infine Elia. La mollica ci sarebbe stata, dunque. Ma non sempre. In un altro dialogo intercettato tra Carta, Elia e un imprenditore, è quest’ultimo a lamentarsi per un prezzo ritenuto troppo basso: «Oh, che cazzo vuoi? – si rivolge al sindaco – Mi avete scambiato per il Fate bene fratelli?».
Non solo affari, ma anche relazioni. Tra gli imprenditori coinvolti – cui è arrivato il divieto temporaneo di esercitare l’attività – c’è anche Marilena Vecchio, rappresentante legale dell’impresa di trasporti Vecchio Srl e compagna di vita dell’assessore Elia. È per agevolare questa ditta che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato architettato un disegno criminoso per garantire l’affidamento del servizio del trasporto degli alunni della scuola materna e dell’obbligo. Pressioni e interferenze per un affidamento poi effettivamente arrivato senza alcuna procedura di selezione, nonostante un valore superiore ai 40mila euro. Sarebbe stata la dipendente Cazzetta poi a dare una ulteriore proroga, «nonostante fosse consapevole del conflitto di interessi e che i mezzi fossero inadeguati e non conformi alle direttive tecniche previste per gli scuolabus».
L’accordo sarebbe stato stretto tra Vecchio, il titolare della ditta Euroviaggi Franco Biondi e Giovanni Zuccalà della Travel bus, anche loro raggiunti dal divieto di esercitare. In pratica, questi due avrebbe partecipato solo formalmente alle selezioni e, in caso di aggiudicazione, sarebbe stata comunque la Vecchio a fornire uomini e mezzi, incassando i pagamenti indirettamente. L’accordo avrebbe previsto, infatti, che la ditta formalmente aggiudicataria girasse subito i soldi ricevuti. È in questa vicenda che sarebbe entrato in gioco anche l’attuale sindaco di Francofonte, Daniele Nunzio Lentini – destinatario del divieto di dimora nei Comuni di Melilli e Francofonte – che all’epoca ricopriva il ruolo di funzionario responsabile dell’ente melillese. Sarebbe stato lui, stando a quanto ricostruito dall’accusa, a fare una determina di liquidazione falsa in favore della Vecchio e ad affermare che il suo ufficio aveva «provveduto a riscontrare la regolarità della fornitura», senza che questa verifica fosse mai stata svolta e anzi, sostengono gli inquirenti, «nella consapevolezza che i mezzi fossero inadeguati». Il sindaco Carta e Lentini vengono anche immortalati dentro la stanza del primo cittadino, mentre Carta annota qualcosa su un bigliettino, lo fa leggere al suo interlocutore e poi lo distrugge.
Oltre ai viaggi, anche gli arrivi. Tra gli affari cui si sarebbe interessato il sindaco Carta, ci sarebbe infatti anche la gestione dell’accoglienza per minori stranieri non accompagnati. «Peppe io voglio lavorare – dice una voce femminile che il primo cittadino chiama Samantha – e guadagni pure tu». Il guadagno, in realtà, non gli interessa. «Sentimi a me dobbiamo fare lavorare i ragazzi di Mellili», risponde Carta che, nonostante abbia spesso manifestato posizioni politiche contrarie all’apertura di centri di accoglienza sul territorio melillese, prometteva alla donna di impegnarsi per la stipula di una convenzione fra la cooperativa sociale e il Comune. In cambio avrebbe richiesto e ottenuto la possibilità di far lavorare presso la cooperativa soggetti che lui stesso avrebbe indicato. «Un’utilità sia patrimoniale, sia personale per il prestigio politico connesso al potere di fare assumere cittadini o persone a lui vicine». Altre molliche sarebbero state raggranellate anche in occasione delle elezioni alla Camera dei deputati dello scorso 4 marzo. Carta e Lentini, in concorso tra loro e con l’imprenditore Sebastiano Franchino, avrebbero turbato la procedura di selezione per i servizi di montaggio e smontaggio dei tabelloni elettorali.
In un sistema in cui ognuno sembra impegnato a piluccare le propria parte, chi non si allinea viene punito. «La segretaria mi ha fatto non dico piangere, perché non sono una che piange per carattere, ma mi ha demoralizzata – confida la dipendente Cazzetta al sindaco Carta – Mi dice “quando io parlo con la polizia che cosa dico?”. Io rimugino su quello che ascolto: è una mia impressione, sicuramente sbagliata e voglio che sia sbagliata, ma questa raccoglie notizie». Secca arriva la risposta del primo cittadino: «Dobbiamo mandare a questa». La segretaria comunale, Loredana Torella, lavorava a Melilli per una convenzione col Comune di Camporotondo Etneo, nel Catanese. A un certo punto, il consiglio comunale approva il recesso dalla convezione che dal primo cittadino sarebbe stato motivato in modo «del tutto apparente, falso e pretestuoso, non per finalità istituzionali ma allo scopo di danneggiarla, punendola in quanto ritenuta responsabile di avere reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria che avrebbero potuto comportare conseguenze sfavorevoli», sostengono gli inquirenti.
I sindaci di Melilli e Francofonte, interrogati ieri dalla gip Carmen Scapellato hanno respinto ogni addebito. Carta, difeso dagli avvocati Francesco Favi e Emanuele Scorpo, in tre ore ha spiegato di non aver mai fatto pressione sugli uffici comunali per dirottare gli affidamenti, sottolineando che con la segretaria comunale era scaduta la convenzione e sarebbe stato questo il motivo per cui la collaborazione è terminata. Il primo cittadino è tornato agli arresti domiciliari ma la difesa presenterà, forse già oggi, l’istanza di scarcerazione. Il sindaco di Francofonte, Lentini, difeso dall’avvocato Stefano Rametta, ha rilasciato una lunga dichiarazione spontanea spiegando di aver sempre operato nella massima autonomia e ha prospettato di volersi fare interrogare dal pm che ha coordinato le indagini per chiarire i due episodi di falso e turbativa d’asta che gli vengono contestati.
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