Il manager Michele Vullo ha istituito la scorsa estate una commissione d'inchiesta che adesso rende noto i nuovi risultati. Sono stati esaminati certificati medici, assenze e utilizzo della legge 104, scoprendo che il personale assente svolgeva turni in ambulanza. Adesso rischiano dalla sospensione al licenziamento
Medici e infermieri malati ma in servizio al 118 Altri 61 casi nell’inchiesta all’ospedale Papardo
Settanta tra infermieri e medici dell’ospedale Papardo di Messina assenti sul posto di lavoro per malattia ma negli stessi giorni in servizio per il 118. Sono le novità dell’indagine interna voluta dal manager Michele Vullo che – dopo l’episodio del 31 luglio 2015, giorno in cui una settantina di infermieri risultarono malati – ha istituito una commissione speciale d’inchiesta. Di pari passo anche la magistratura ha voluto vederci chiaro e in questi mesi l’azienda ospedaliera ha consegnato nuovi documenti ai carabinieri dei Nas, incaricati di seguire le indagini.
«Abbiamo avviato uno screening sul personale medico ed infermieristico su tutto il 2015 – spiega Vullo -. La considero un’operazione trasparenza anche per verificare come funzioni il sistema che registra le entrate e le uscite dei dipendenti, le loro assenze per malattia e ogni aspetto che regoli la vita lavorativa all’interno all’ospedale». Sono stati esaminati certificati medici, assenze e utilizzo della legge 104 (che dà la possibilità di assistere i pazienti malati e quindi di assentarsi dal lavoro). Dall’esame di questi documenti ai nove casi iniziali, tra cui infermieri e un direttore di presidio (finiti poi anche indagati dalla Procura), si sono aggiunti altri 61 dipendenti. Tra di loro c’è anche qualche medico. Il rischio per tutti è che possa scattare il licenziamento ancor prima che cominci il processo penale. Nell’inchiesta in corso sul banco degli imputati potrebbero finire anche i medici di famiglia che hanno certificato le malattie.
Al momento la posizione più grave è quella degli infermieri che hanno marcato visita al Papardo per poi prestare servizio nel 118. Turno regolarmente pagato dalla Regione con una retribuzione di cinquanta euro netti al giorno. C’è anche il caso di due infermieri che non sono stati trovati a casa dal medico fiscale, uno di loro per tredici volte consecutive. «Ho scoperto che in questi casi è il dipendente a dover pagare il medico fiscale», conclude Vullo. C’è poi il direttore di presidio che risponde perché non avrebbe informato per tempo il direttore generale e non avrebbe consegnato in tempi rapidi la documentazione richiesta dagli stessi carabinieri dei Nas.
Adesso ci sono 120 giorni che serviranno alle commissioni di disciplina – una per i dirigenti, un’altra per il personale – per decidere eventuali sanzioni che verranno poi sottoposte al vaglio di Vullo. Si va dalla sospensione al licenziamento.