Sono ore di ansia per i familiari e i proprietari del Ghibli I, affiancato ieri da persone armate e costretto ad attraccare nel porto libico di Ras al Helal. «L'equipaggio ha trascorso la notte a bordo e sta bene, adesso attende di capire l'importo di una multa», spiega Domenico Asaro che non nasconde la profonda amarezza
Mazara, peschereccio sequestrato da miliziani libici L’armatore: «Nessuno vuole più fare questo lavoro»
«L’equipaggio ha trascorso la notte a bordo e sta bene, adesso attende, da quello che gli sarebbe stato fatto capire, che gli venga comunicato l’importo di una multa da pagarsi per essere rilasciato». Domenico Asaro, uno degli armatori del Ghibli Primo, il motopesca mazarese sequestrato ieri mattina da miliziani libici, è preoccupato.
Il natante si sarebbe trovato «in acque internazionali», a circa 25 miglia nord nord-est dalla zona di Bomba, nell’area di Tobruk e condotto nel porto di Ras al Helal. «Non ho personalmente parlato con l’equipaggio – aggiunge Asaro -, ma le notizie mi sono giunte dai marittimi di un altro peschereccio che si trova in Grecia con i quali gli uomini sono riusciti a mettersi in contatto». Non è la prima volta che Asaro affronta situazioni simili, tutt’altro. Il Ghibli I a novembre era stato sequestrato dalle autorità egiziane, che soltanto dopo l’intervento diplomatico del governo italiano avevano deciso di lasciare ripartire l’imbarcazione verso la Sicilia. In quella occasione era stato fermato anche il peschereccio Giulia Pg. A metà aprile, invece, era stato bloccato da una motovedetta con a bordo militari di Tripoli. Anche in quel caso è stato necessario l’intervento della marina militare che, a detta di Tumbiolo, avrebbe evitato un atto di pirateria.
«La marineria di Mazara del Vallo – denuncia l’armatore – negli ultimi decenni ha salvato molte vite umane nel Mediterraneo ma anche pagato in vite umane e soldi di sequestri. Ormai siamo allo stremo. Ci troviamo sull’orlo del fallimento. Mi chiedo a quanto ammonterà la multa che ci faranno e se saremo in grado di pagarla. Inoltre non troviamo più personale disposto a fare questo lavoro. I giovani, anche alla luce di tutto quello che accade nell’area del Mediterraneo e dei tanti divieti imposti dalle leggi italiane e dall’Ue, non sono più disposti a intraprendere questo lavoro. I nostri pescherecci però devono andare in acque internazionali per effettuare la pesca del gambero rosso che si effettua in fondali di non meno di 700 metri».
Asaro ricorda anche gli episodi in cui lui stesso è rimasto coinvolto in prima persona. «Nel 1996, dopo cinque ore di mitragliamento, i libici hanno condotto il peschereccio Osiride a Misurata. Io e l’equipaggio abbiamo fatto sei mesi di carcere e dopo siamo stati liberati per buona condotta. Nonostante il pagamento di un’ammenda di 26 milioni delle vecchie lire, il peschereccio fu confiscato». Alla fine del mese di febbraio 2010 Asaro, all’epoca comandante del peschereccio Luna Rossa, scampò a un nuovo sequestro dei libici, ma il natante fu raggiunto da sventagliate di mitra che hanno lasciato in 96 buchi un ricordo indelebile. «Nell’ottobre 2013, sempre i miliziani libici – prosegue – dopo averci sparato hanno condotto a Bengasi, sequestrandoli, i pescherecci Giulia PG e Daniela L., che è di un altro armatore. Ci trovavamo a circa 40 miglia al largo delle coste cirenaiche. Dopo 52 giorni, due processi e il pagamento di un riscatto il Giulia PG è stato rilasciato, ma il Daniela L. è ancora là, sotto sequestro».