Max Pezzali, fan di ogni età al Palatupparello Dalla generazione bic a quella del repeat

Buona parte dei suoi fan – o almeno di quelli presenti al PalaTupparello – «gli anni dei Roy Roger’s come jeans» non li hanno mai vissuti. Ma li hanno conosciuti attraverso i testi e le sonorità di Max Pezzali. Il cantante – 47enne, ex leader degli 883 – sabato ha inaugurato la stagione dei concerti ad Acireale con la sola data siciliana del tour che accompagna l’album Astronave Max. Oltre due ore di spettacolo e trenta canzoni che hanno ripercorso i suoi 23 anni di carriera e creato un ponte musicale che ha fatto incontrare almeno quattro generazioni.

Sono circa quattromila i presenti, quando le luci del palazzetto si spengono per dare inizio al concerto. Il palco è sovrastato da un’astronave a led e illuminato da un videowall avveniristico, nel quale scorrono immagini rétro. La sequenza della scaletta alterna brani recenti a pezzi di repertorio. Tutto concorre a creare un’atmosfera in cui i momenti dedicati ai giovanissimi non dispiacciono ai genitori, alle zie e agli zii, alle sorelle e ai fratelli maggiori, che per l’occasione hanno vissuto insieme a loro il sabato sera.

A spezzare il silenzio, dopo l’urlo che accoglie Pezzali sul palco, è Come Bonny e Clyde, canzone presa dall’ultimo album. Ma sono i successi del passato a essere i più partecipati e applauditi. Al ritmo veloce di Nord Sud Ovest Est – incisa nel 1993 – in platea parte il trenino, condotto da un esperto capotreno. Il testo de La regola dell’amico – scritto nel 1998 – teorizza i principi di quella che la generazione nata nel 2000 riconosce come friendzone. Arrivato il momento di Ti sento vivere – che fa parte di un album del 1995 – un mosaico di smartphone si alza sopra le teste degli spettatori. 

Le canzoni romantiche – recenti e meno – fanno dondolare a ritmo lento le mani e gli sguardi dei fan. Sono i brani che fanno abbracciare strette le coppie. Quelle tracce che adesso basta attivare la funzione repeat per riascoltare. Ma che un tempo venivano registrate anche cinque o sei volte di seguito – portare il nastro indietro, a meno di usare una penna bic, rischiava alla lunga di rovinarlo – dal cd alla musicassetta. Proprio con l’intenzione di mantenere quanto più a lungo possibile l’atmosfera di Una canzone d’amore.

Da platea e spalti – lungo le tribune laterali l’acustica mangia qualche parola – le canzoni arrivano anche fuori dal palazzetto. Una donna – con qualche filo grigio tra i capelli – telefona e rivolge il cellulare verso la musica. Accanto a lei una ragazzina – che le somiglia parecchio – tiene il dito premuto per registrare una nota vocale, che condividerà poco dopo con una nota applicazione per smartphone. Le pause che Pezzali si concede – tre, la prima dopo un’ora e le altre due più ravvicinate – anche se coperte da un mix di canzoni scratchate con sonorità hip hop – spezzano il ritmo e l’atmosfera della serata. Che si conclude con un finale acustico

Pezzali e i sei musicisti che lo affiancano prendono posto su degli sgabelli, più vicini al pubblico. Le luci e l’amplificazione del suono vengono abbassate «per dare modo a chi vuole cantare di sentire meglio la propria voce», spiega. L’ultima parte del concerto si apre con Se tornerai. Seguono altri cinque brani. Tra questi anche Niente di grave – presa dalla raccolta più recente – che parla del rapporto tra generazioni «tra chi era figlio e adesso è padre, ma – dice Pezzali al microfono – rimane pure figlio». 

Con un deca – canzone che sta nel primo disco degli 883 – fa tornare alti il volume e le mani del pubblico, e il ricordo delle generazioni passate dalle diecimila lire ai dieci euro. Poi le luci si accendono e la musica si spegne. Max Pezzali, dal palco, chiama tutti gli spettatori a posare per una foto ricordo. È il momento dei saluti, ai grandi e ai più piccoli. Ma stavolta molti dei genitori non aspettano i figli fuori dal palazzetto per riaccompagnarli a casa, tornano insieme. «Ci vediamo alla prossima», grida il cantante. «Tranquillo, siam qui noi» è la risposta di un fan.

Marco Di Mauro

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