‘Marie Antoinette’: un mito della Francia del ‘700 in chiave moderna

Titolo: Marie Antoinette
Regia: Sofia Coppola
Soggetto: ispirato alla biografia “Maria Antonietta – La solitudine di una regina” di Antonia Fraser
Sceneggiatura: Sofia Coppola
Musica: Nicolas Godin, Jean-Benoît Dunckel
Costumi: Milena Canonero
Fotografia: Lance Acord
Montaggio: Sarah Flack
Interpreti: Kirsten Dust, Jason Schwartzman, Rip Torn, Asia Argento
Produzione: Columbia Pictures Corporation
Origine: USA/Francia 2006
Durata: 123 ‘

È la rilettura pop “Marie Antoinette”, firmata da Sofia Coppola, che ha fatto indignare alcuni storici francesi, ha ricevuto parecchi fischi al Festival di Cannes, dove il film è stato presentato lo scorso mese di maggio, e che ha diviso la stampa americana. Negli Usa però è già una moda, e lo diverrà presto anche in Italia.

Un tris d’assi tutto al femminile racconta e rivisita la storia della regina fashion victim del XVIII sec. Lady Antonia Fraser, scrittrice e storica inglese, moglie del premio Nobel 2005 per la letteratura Harold Pinter, lo fa attraverso la sua biografia in omaggio ad un personaggio “che è sempre stato condannato, anche dopo il fatidico 1793”. Dal libro alla telecamera il passo è breve e Sofia Coppola, figlia d’arte, ma anche promettente regista  (“Lost in translation”, 2003) decide di cimentarsi nell’impresa, filtrando il passato con il suo stile impeccabilmente elegante, attenta a far venire a galla un ritratto più umano che storico. Ai detrattori di Cannes ha prontamente risposto “Non volevo fare una lezione di storia ma un film su Maria Antonietta per le ragazze di oggi”. L’attrice, icona delle teen-agers assunta ad interpretare il difficile ruolo della principessa infelice, è Kirsten Dust perfetta sia per il colore chiaro della carnagione (essendo in parte tedesca), sia per lo spirito “giocoso e creativo” che secondo scrittrice e regista poteva aggiungere al personaggio.

La trama l’abbiamo studiacchiata tutti, forse un  po’ superficialmente, sui banchi di scuola. Maria Antonietta, la più giovane tra le figlie di Francesco I e Maria Teresa, imperatrice d’Austria, nacque a Vienna il 2 novembre 1755. Nel 1770 raggiunse a Versailles il suo promesso sposo, il futuro Luigi XVI. Il 16 ottobre 1793 venne ghigliottinata. Questa è la storiella che ai tempi, da bravi studenti con stile “parrot recitation”, eravamo soliti ripetere. Ma la sua vita si articola in più vicende: aveva solo quattordici anni quando venne concessa in sposa al Delfino di Francia; riluttante e ancora inesperta, la giovane principessa austriaca trasferitasi a Versailles, non riescì a far breccia nel cuore della gente, che le fu ostile perché straniera, per il suo comportamento frivolo e per le sue continue intromissioni nelle faccende private dell’aristocrazia; infine, allo scoppio della Rivoluzione, nel 1789, si schiererà dalla parte della nobiltà più reazionaria e intransigente, senza capire le necessità del suo popolo, siglando così la sua condanna a morte.

Tutto ciò, in effetti, è dato per scontato dalla regista che sceglie di sottintenderlo, impostando l’intera sceneggiatura piuttosto dal punto di vista della giovane sovrana e centrando l’attenzione sul disagio di una straniera in un ambiente nuovo e ostile, che non le appartiene fino in fondo. Scelta questa di forte impronta autobiografica; dichiara Sofia Coppola: “si parla di qualcuno che si è perso nel mondo, di una ragazza che deve trovare la sua strada”. La routine di corte, lo sfarzo e il lusso in cui viene sommersa a Versailles (che suggerisce un chiaro contrasto con la fame che il popolo soffre a due passi dal palazzo!) e ogni cerimoniale viene decorosamente rispettato, forse anche esageratamente e in modo reiterato, ma con il chiaro intento di ridicolizzare tali fastosi rituali. Alla constatazione di Marie Antoinette “This is ridiculous!”, le verrà contestato “This, madame, is Versailles”.

Una versione originale, dunque, in cui la celebre frase attribuita alla regina “se il popolo non ha più pane, date loro delle brioches” viene riportata come un pezzo da tabloid e la Reggia di Versailles, dove la troupe ha girato la maggior parte delle scene, è vista come lo specchio del jet set contemporaneo. Punto di forza del film è la musica, con una colonna sonora pop-rock (un mix di musica d’epoca e brani di Bow Wow Wow, New Order e Phoenix) che, a ritmo d’umore, trasmette tutta la malinconia e solitudine della sovrana prigioniera del potere, ma a tratti anche la sua esuberanza e spensieratezza, attualizzando una storia di due secoli fa! Punto debole è invece l’eccessiva attenzione alla fase adolescenziale della regina, pur giungendo a toccare tutte le tappe decisive della sua vita, fino alla decapitazione finale, suggerita indirettamente.

 

Scelta azzeccata per la protagonista indiscussa: Kirsten Dust. La Coppola torna a lavorare con lei (“Il giardino delle vergini suicide”, 2000), ne utilizza la fresca malizia ma al contempo la libera dal ruolo di “fidanzatina della porta accanto” che “Spider man” le aveva incollato addosso e che “Elizabethtown” aveva poi ritoccato. Questa star di Hollywood (il suo esordio era avvenuto con il bacio a Brad Pitt in “Intervista col vampiro”) bene incarna la figura di una giovane donna piacevole e finalmente umana, anche nelle sue debolezze. Piena di vita e moderna nelle sue lotte con la solitudine, le maldicenze, il desiderio sessuale e l’amore. Un ingessato Luigi XVI è interpretato da Jason Schwartzman, cugino di Sofia Coppola: sarà solo una fortuita coincidenza la sua parentela con la regista? In un cast internazionale, anche una nostra connazionale, Asia Argento, ha ricoperto una parte, ma… impossibile apprezzare il suo inglese, a causa delle sue pochissime, insignificanti battute (monosillabi, gemiti e addirittura miagolii)!

 

Non aspettatevi di assistere a un dramma storico, non si vedrà nessuna rivoluzione nel film “Marie Antoinette”, ma piuttosto il ritratto di una giovane principessa arrivata troppo presto all’appuntamento con  la storia. Al cinema venerdì 17, sfaterà la proverbiale sfortuna legata a questa data!

 


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