Foto di Antigone

In Sicilia carceri minorili tra corsi di formazione interrotti e separazione razziale. Antigone: «Che faranno fuori?»

Non si vede il mare fuori dagli istituti di pena per i minorenni siciliani. In uno dei quattro, semmai, si vede dentro. Ma è solo l’immagine proiettata sullo schermo di un monitor posizionato davanti a un vogatore nella palestra. Nell’Isola ci sono 72 ragazzi (solo uomini perché non esistono Ipm femminili in Sicilia) detenuti nei quattro istituti di pena minorili: 16 ad Acireale, 10 a Caltanissetta, 24 a Catania e 22 a Palermo. In tutta Italia, nei 17 Ipm, ce ne sono 496. «La cifra più alta degli ultimi quindici anni», è l’allarme lanciato nel rapporto Ragazzi dentro di Antigone, l’associazione che da quarant’anni si occupa di diritti e garanzie nel sistema penale. «Con sempre meno prospettive di speranza per il loro futuro», commenta a MeridioNews il presidente di Antigone Sicilia Giorgio Bisagna. Anche a causa delle scelte politiche, nazionali e locali.

I corsi di formazione professionale interrotti dalla Regione

«La missione della detenzione minorile dovrebbe essere la rieducazione con l’obiettivo del reinserimento in società – sottolinea Bisagna – Nell’ultimo periodo, invece, c’è stato un drastico cambio di rotta in cui prevale l’aspetto repressivo». Il riferimento è al decreto Caivano (dal Comune in provincia di Napoli teatro di uno stupro di gruppo ai danni di due cuginette di dieci e 12 anni), che ha introdotto un inasprimento delle misure per i minori determinando un’impennata degli ingressi negli Ipm. Ma «punire per educare – sottolineano da Antigone – è una politica perdente. È illusorio e socialmente dannoso». Per la mancanza di prospettive quando i minorenni, che negli istituti possono rimanere fino a 25 anni, torneranno in società. Eppure in nessuno dei quattro Ipm siciliani esistono corsi di formazione professionale, interrotti dalla Regione a partire dal 2014. Per sopperire a questa mancanza, in alcuni casi, ci si arrangia con percorsi formativi che però non rilasciano certificazioni e, quindi, non sono spendibili per i ragazzi una volta fuori. Non aiutano, insomma, a rifarsi una vita onesta.

E ad allontanarsi da spaccio, aggressioni, rapine e furti. Ma anche violenza sessuale (pure di gruppo) e omicidio. Sono questi i reati per cui i ragazzi sono detenuti negli Ipm siciliani. «Una realtà diversa da quella che si vede in Mare fuori (la popolarissima serie su Netflix, ndr) – continua Bisagna – Nella realtà, le relazioni affettive sono rare, mentre più spesso si creano ghetti per età o nazionalità che, talvolta, sfociano in rivolte anche violente». Nella stessa Isola, a distanza di pochi chilometri, ci sono due modelli molto diversi d’integrazione dei minori detenuti: a Caltanissetta condividono luoghi e progetti, mentre a Palermo vengono tenuti separati con confini netti che non rispecchiano la realtà sociale esterna.

Il modello (senza certificati) di Caltanissetta

I dieci posti letto dell’Ipm di Caltanissetta sono occupati da cinque italiani e cinque stranieri, metà minorenni. «La convivenza tra loro – affermano da Antigone – è serena e senza conflitti». Nata negli anni Cinquanta come fabbricato per l’edilizia popolare, la struttura offre ai ragazzi la possibilità di frequentare corsi di alfabetizzazione (scuola media e biennio della scuola superiore) e corsi di giardinaggio ed edilizia che, però, non rilasciano certificati. Tra le attività extra, ci sono il rugby, il calcetto e i cineforum. Vengono inoltre organizzati incontri con i familiari di alcune vittime di reati gravi: a portare le loro testimonianze sono andati la vedova Franca Evangelista (moglie di Gaetano Giordano, imprenditore gelese ammazzato dopo avere denunciato il pizzo) e i genitori di Aldo Naro (il giovane medico ucciso in una discoteca a Palermo). «Attività che hanno grande impatto emotivo sui ragazzi – sottolineano da Antigone – perché si rendono conto del significato del reato quando lo vedono in una persona concreta».

La difficile ripresa ad Acireale

In un’antica costruzione nata per ospitare un convento, dal XIX secolo, c’è l’Ipm di Acireale che si trova appena fuori dal centro cittadino. Dei 20 posti letto di capienza massima, quelli effettivi sono in realtà 17 (una stanza è chiusa perché non funziona il bagno) di cui 16 occupati: da sette minorenni e nove maggiorenni, la metà d’origine straniera (Tunisia, Marocco, Egitto, Romania Serbia ed El Salvador), con tre genitori di bambini piccoli. «Si respira un clima sereno e familiare», certificano gli esperti di Antigone che lo hanno visitato a metà gennaio. Una quiete a cui si arriva dopo le difficoltà, tra la fine del 2022 e la primavera del 2023, per la gestione di un gruppo di minori stranieri non accompagnati trasferiti da diversi Ipm del nord Italia sovraffollati. Le proteste più gravi sono sfociate in incendi appiccati nelle celle. «Negli ultimi anni – si legge nel report – si è registrato un incremento di ragazzi con disagio psichico». Mentre sono in corso lavori di ristrutturazione per creare un laboratorio di ceramica e pittura, anche qui non esistono percorsi di formazione professionale.

Il disagio psichico dilaga a Catania

La conformazione dell’edificio dell’istituto penale per minorenni di Catania Bicocca, che si trova isolato in una zona extraurbana con celle piccole e arredi limitati, richiama quella di un classico penitenziario per adulti. Ci vivono, però, 24 ragazzi: 15 minorenni e nove maggiorenni (in gruppi separati), dieci di origine straniera (Egitto, Tunisia, Marocco e di etnia rom). La capienza della struttura è di 54 posti ma, al momento, sette stanze sono inagibili dopo gli incendi appiccati: anche stavolta in segno di protesta per le difficoltà nella gestione di ragazzi provenienti da altri Ipm del nord. «La maggior parte – fanno notare da Antigone – assume terapie per il controllo dell’ansia o altre problematiche». Attivi corsi di alfabetizzazione (scuola media e un biennio di potenziamento), assenti quelli professionali e carenti le opportunità lavorative. Si svolgono molte attività sportive, ricreative e culturali: dal campo di calcio all’orto da coltivare, dal teatro alla biblioteca, ma anche musica, danza e pallavolo. Il progetto Remare in libertà consente a due ragazzi di uscire regolarmente per svolgere un corso di canottaggio. Tutti gli altri devo limitarsi ad allenarsi in palestra con un vogatore davanti a uno schermo che riproduce il mare.

Il ghetto degli stranieri a Palermo

Una grande piscina dovrebbe essere messa in funzione in estate nell’Ipm di Palermo. La struttura è una villa settecentesca che si trova nel complesso Malaspina in un quartiere residenziale del capoluogo. Dei quaranta posti disponibili quelli occupati sono 22: sette da maggiorenni e nove da stranieri. «Ci sono relazioni fortemente oppositive tra ragazzi italiani e stranieri – riportano da Antigone – per questo la gestione è improntata a una netta separazione». Già così, in un solo anno, ci sono stati più di cento sanzioni di isolamento con l’esclusione dalle attività in comune, comprese le lezioni. Anche qui i ragazzi possono frequentare la scuola media e il biennio delle superiori ma non hanno a disposizione nessun corso di formazione professionale erogato dalla Regione. Solo tirocini di giardinaggio, edilizia e ceramica. Nel 2022 sono stati attivati cinque laboratori di apprendistato cinematografico. Un progetto da cui è nato il film Scianél, che è in distribuzione in un piccolo circuito legato alle scuole. Nel 2016, nell’Ipm palermitano è nato il laboratorio per la preparazione di prodotti da forno Cotti in Fragranza: un’occasione di inclusione sociale per i ragazzi detenuti, chiamati a prendere parte a tutte le scelte imprenditoriali. E con cui possono continuare a lavorare anche alla fine della pena detentiva. In assenza di prospettive oltre le mura dell’istituto.


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