Le ragioni della protesta sono tante e sono vere. La crisi economica in Sicilia pesa come un macigno, complice un governo che fa ben poco e che non sa neanche spendere i fondi europei. Ma nella marcia per il lavoro, andata in scena stamattina a Palermo, promossa da Confcommercio Sicilia, Confindustria, Cna, Confesercenti, Confartigianato, Cia, Confagricoltura, Confapi, Casartigiani Claai, Confcooperative, Legacoop, Unicoop, Cgil, Cisl, Uil e Ugl, c’era qualche nota stonata.
Sacrosante le parole di Mario Filippello, segretario regionale della Cna: “In Sicilia cè bisogno di meno precariato e di più apprendistato: questa, insieme al sostegno al credito, è la strada per rafforzare la nostra economia e creare lavoro vero allinterno delle imprese. Il credito ha aggiunto Filippello – è indispensabile per superare la crisi: chiediamo alla Regione di sostenere i Confidi che, per la maggior parte delle imprese siciliane, rappresentano lunico strumento per ottenere credito dalle banche”.
Come quelle di Filippo Ribisi presidente regionale di Confartigianato: “Nell’ultimo anno in Sicilia hanno chiuso i battenti 6600 pmi mentre il governo resta a guardare. Noi abbiamo bisogno di lavoro per uscire da questo tunnel. Sarebbe già tanto se si usassero i fondi europei invece di assistere inermi alla morte del sistema produttivo siciliano. Oggi” ha aggiunto Ribisi “è una giornata importante perché siamo riusciti a mettere da parti divisioni e polemiche e siamo qui tutti insieme con un solo obiettivo: fare crescere la Sicilia”.
Ogni categoria ha le sue sacrosante ragioni. E le ha espresse manifestando nel capoluogo siciliano. Ma veniamo alle note stonate. La prima: Confindustria, Cgil, Cisl e Uil.
L’associzione degli industriali si commenta da sé: hanno un loro uomo al governo regionale, l’assessore Marco Venturi, ma protestano contro il governo. Di farlo dimettere, come chiaro, inequivocabile e concreto atto di proesta, non ne vogliono sentire parlare.
Cgil, Cisl e Uil. Dove sono stati negli ultimi tre anni? Mentre le impres chiudevano, aumentavano i disoccupati e le banche stringevano i cordoni delle borse? La sensazione è che troppo spesso si trovavano nelle stanze del governo e a dividere la torta. Quella della formazione professionale in primis. Sigle sindacali e categorie produttive sono stati affaccendati a difendere interessi di bottega e a pugnalarsi a vicenda. Ora all’improvviso scoppia la pace. Ci crediamo poco.
Altra nota stonata: una presa di distanza, palesata o ventilata, dal Movimento dei forconi. Perché? Non sono forse sacrosante le proteste degli agricoltori ridotti alla fame mentre nulla si sa dei 2,1 miliardi di euro del Piano di sviluppo rurale? Che razza di protesta è quella che snobba una categoria che è sempre stata la spina dorsale dell’economia siciliana? Che senza l’aiuto di centri studi e uffici stampa, ha portato a Palermo 10mila persone?
“Questa è la Sicilia che produce” hanno detto nel corso della manifestazione di stamattina. Anche quella è la Sicilia che produce, ma forse è troppo lontana dalle stanze del potere per essere presa in seria considerazione da chi, con il governo, ha sempre lavorato fianco a fianco.
(Foto di Claudia Foderà)
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