Manovra Ars, ragazzi, che ‘mazzata’!

La ‘botta’ era attesa. L’impugnativa della manovra economica approvata dall’Ars lo scorso 18 aprile, era nelle cose. Il commissario dello Stato ha preso di mira 4 articoli. I nostri lettori possono leggere il documento nella sua versione integrale. Noi proveremo a commentare i vari passaggi dell’impugnativa.

Salta il comma 2 dell’articolo 1 ella legge. Niente da fare per il mutuo da 558 milioni di euro. Per l’ufficio del commissario dello Stato questi non sono “investimenti coerenti”. Secco il commento: “La norma di cui al 2° comma dell’art. 1, poiché non dà garanzie che il nuovo ricorso all’indebitamento sia esente da vizi, non fornendo nel dettaglio la tipologia di investimento in concreto programmata, si appalesa in contrasto, nella parte… con gli artt. 117, 3° comma e 81, 4° comma della Costituzione”. Insomma, per il mutuo, agneddu e sucu e finiu u ‘vattui…

Dissalatori a ‘secco’

Poi si passa articolo 6, comma 3. E’ la storia dei dissalatori. Un’impugnativa che il nostro giornale ha ampiamente previsto. Impianti “affidati in base a convenzioni prorogate e/o scadute a privati ed enti pubblici, non tutti peraltro individuati con procedure di selezione pubbliche…”.

Niente da fare per il ripianamento di queste gestioni: la Regione risparmierà 180 milioni di euro. Come potete leggere nel testo originale dell’impugnativa in altra parte del giornale, l’ufficio del commissario dello Stato non considera queste somme “debiti della Regione”, trattandosi di gestioni “di fatto prive delle prescritte preventive autorizzazioni amministrative”.

Gli uffici del commissario dello Stato, su tale questione, hanno ‘sgamato’ e mandato all’aria un mezzo imbroglio contabile: “Nella sostanza il legislatore siciliano ha prima inscritto nel bilancio, di cui al disegno di legge n. 800, la spesa in questione pur in assenza della prescritta preventiva legge sostanziale di autorizzazione e di relativa copertura, per poi ridurla e/o azzerarla con il successivo provvedimento legislativo oggetto del presente gravame, nell’intento di ampliare, così operando, il ventaglio di risorse disponibili con cui far fronte agli oneri previsti”.

Tabella H, ‘festa’ dimezzata

Impugnati anche i commi 6, 7 e 8, sempre dell’articolo 6. Si tratta di autorizzazioni di spesa un po’ ‘abusive’. La più nota è la ex tabella H, una sorta di concentrato di clientele che sono state infilate nel comma 8. Fallisce, insomma, il tentativo di autorizzare una maggiore spesa per “enti e associazioni” più o meno culturali.

Se non abbiamo capito male, per la tabella H erano stati stanziati 33 milioni di euro circa. Ci fra che è stata incrementata di circa 200 milioni di euro. Senza, però, specificare da dove sarebbero arrivati i solidi. “Ogni legge sostanziale che importi ‘nuove o maggiori spese’ – si legge nell’impugnativa – deve indicare i mezzi per farvi fronte”; in pratica, “non possono emanarsi disposizioni che comportino per bilanci pubblici oneri di più ampia portata rispetto a quelli derivanti dalla legislazione preesistente, se non venga introdotta nella legislazione anche l’indicazione dei mezzi destinati alla copertura di nuovi oneri”.

 

Personale aziende regionali

Niente da fare anche per il comma 10 dell’articolo 6. E’ la proroga di un termine già scaduto da sei anni. Che riguarda il “tattamento economico del personale degli enti, aziende ed istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell’amministrazione regionale”. Questo passaggio della legge “legittimerebbe ex post l’eventuale corresponsione di emolumenti in misura superiore a quella prevista dall’art. 31 della L.R. n. 6 del 1997”.

‘Valorizzazione’immobili: fine

Il commissario ha impugnato anche il comma 15 delll’articolo 6, facendo – si spera – definitiva giustizia delle ‘sceneggiata’ relativa alla ‘valorizzazione’ del patrimonio immobiliare della Regione. Questo è un passaggio che fa ‘veramente male’ al governo e all’intera Assemblea regionale siciliana.

Per la cronaca, va detto che, all’inizio, il governo e i ‘califfi’ dell’Ars avevano posto tra le entrate 480 milioni di euro a valere sulla ‘valorizzazione’ dei beni immobili della Regione. Poi, governo e ‘califfi’, sono stati costretti a fare macchina indietro e a tagliare 300 milioni circa di spese. Ne restavano circa 190 che ‘califfi’ e Ars hanno comunque considerato fra le entrate. Solo che sono stati costretti a indicare i capitoli dai quali prendere queste somme nel caso in cui i 190 milioni di euro non sarebbero entrati nelle ‘casse’ della Regione. Con l’impugnativa ‘califfi’ e Ars hanno ora una ‘certezza’: i soldi non ci sono e i 190 milioni e rotti sono a carico dei capitoli che sono già stati individuati (per esempio, la terza annualità dei fondi che la Regione corrisponde ai Comuni). E’ evidente che questa parte dell’impugnativa costringerà governo e Ars ad effettuare un’ulteriore manovra finanziaria.

Talessemia

Pesante, in ‘punta di diritto’, l’impugnativa del comma 18 dell’articolo 6. Anche se leggerete la stessa cosa nel testo originale, riportiamo questa parte proprio per la chiarezza espositiva: “La norma, nel disporre a carico del finanziamento del servizio sanitario regionale gli oneri derivanti dalla corresponsione dell’indennità di cui all’art. 7 della L.R. n. 20/1990 in favore dei cittadini affetti da talassemia, si pone in contrasto con l’art. 81 della Costituzione. La Regione… introduce impropriamente a carico del Servizio Sanitario Regionale una nuova ragione di spesa senza individuare le ulteriori idonee e specifiche fonti di copertura. L’erogazione dell’indennità in questione non rientra infatti tra le prestazioni sanitarie, in quanto essa ha una connotazione previdenziale. La norma in questione, pertanto, attenendo alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, (che, in generale, è riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. m) della Costituzione), eccede dalle competenze della Regione, individuate, in particolare, dagli articoli 14 e 17 dello Statuto speciale regionale. La definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, infatti, non rientra tra le materie attribuite alla potestà legislativa regionale, ed è pertanto da considerarsi di esclusiva competenza dello Stato. Inoltre, poiché la norma in questione non quantifica gli oneri da essa derivanti, né gli specifici mezzi per farvi fronte, risulta leso anche l’art. 81 della Costituzione”. Insomma più chiaro di così gli uffici del commissariato dello Stato non potevano scriverlo.

Parchi e Riserve

Un’altra ‘lezione’ di diritto arriva dall’impugnativa del comma 26 dell’articolo 6. E’ la norma che riguarda gli enti Parco e gli enti gestori delle Riserve naturali. E qui si ritorna sui banchi dell’Università: “I primi sono enti dotati di autonomia amministrativa, gestionale, patrimoniale e sono sottoposti al controllo dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente. I secondi sono invece soggetti dotati di propria soggettività giuridica, anche di diritto privato (Province, università, associazioni ambientaliste, Azienda foreste demaniali) e non dipendenti in alcun modo dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente. Non si comprende in quale modo l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente possa disporre dei beni appartenenti alle Provincie, alle università o alle associazioni ambientaliste di cui non dispone o su cui non gode alcun diritto reale”. Prendi e porta a casa”.

Concessioni e terreni

A ‘mare’ pure i commi 27 e 28 dell’articolo 6. Si tratta del il rilascio di autorizzazioni o concessioni precarie di porzioni di sedi viarie appartenenti al demanio trazzerale per una serie di usi, alcuni dei quali anche attinenti ad attività imprenditoriali ed economiche, per una ‘durata limitata’. Orbene siffatta limitazione temporale dell’uso del bene demaniale assolutamente indeterminata si pone in contrasto con gli articoli 97 e 117, 2° comma lett. e). Nel mirino del commissario finisce la locuzione “avente durata limitata” che “nella sua estrema genericità consentirebbe l’uso particolare del bene pubblico da parte dei privati per periodi anche quasi perpetui, con innegabili refluenze sulla libera concorrenza degli operatori economici non concessionari operanti sul mercato, cui verrebbero precluse le possibilità di accedere all’utilizzo del demanio per un tempo imprecisato”. Questo vale per il comma 27. 

Stime poco ‘stimate’

Con l’impugnativa del comma 28 sfumerà qualche ‘operazione’. Si fa riferimento, infatti alla stima del valore dei terreni, che la legge avrebbe voluto considerare a valori agricoli medi sulla base della legge n.865 del 1971. Invece il commissario ricorda la “sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 2011”, che sancisce la valutazione dei terreni fatta secondo il valore di mercato. “Non risulta invero comprensibile -si legge sempre nell’impugnativa – in base a quale principio di buona amministrazione e di tutela del pubblico erario, gli espropri in danno dei privati sono pagati secondo il valore di mercato, mentre i beni demaniali dovrebbero essere concessi ai privati a valori significativamente inferiori”.

Tributo d’ingresso’ nelle isole

Impugnato anche il comma 30 dell’articolo 6. E’ la parte della legge che “stabilisce il pagamento di un biglietto di accesso per le aree naturali protette e per le aree attrezzate, nonché per le isole che comprendono aree protette”.

Cos’è, si chiede il commissario, un biglietto d’accesso nelle isole minori? E’ noto che in alcune isole minori (melgio sarebbe chiamarli arcipelaghi) sono state istituire Riserve naturali. “Viene, infatti, richiesto il pagamento per il mero accesso nell’isola – osserva ilcommissario dello Stato – indipendentemente dall’effettivo ingresso nelle aree protette, per cui il cittadino sarebbe chiamato ad assolvere il pagamento anche se non visita queste ultime, con ciò vanificando la finalità della norma che è quella di incrementare i servizi ai visitatori e le attività di tutela delle aree protette regionali”.

Addio Irfis-Fin-Sicilia

Addio al comma 8 dell’articolo 8. E’ la parte della legge che avrebbe dovuto consentire di ‘patrimonializzare’ ciò che è rimasto dell’Irfis, il glorioso istituto di mediocredito per le industrie siciliane, dopo che è stato privato del ramo d’azienda bancario. Il governo Lombardo avrebbe voluto farne il ‘giocattolino’ di qualche assessore che, dopo l’eseprienza al governo, avrebbe voluto ‘gioacare’ a fare il banchiere, magari con le imprese del settore fotovoltaico. Per la ‘bisogna’ si prevedeva di ‘patrimonializzzare il nuovo ‘carrozzone’, ribattezzato Irfis-Fin-Siiclia con 800 milioni di beni immobili. Da prendere, ovviamente, dal patrimonio della Regione.

“La genericità della dizione ‘immobili di proprietà della Regione’ – scrive l’ufficio del commissario dello Stato – non consente di escludere che fra gli stessi possano essere ricompresi beni appartenenti al demanio ed al patrimonio indisponibile, né si rileva tantomeno dal tenore estremamente sintetico della disposizione quale vantaggio economico tragga l’Amministrazione regionale dalla depatrimonializzazione disposta, non essendo indicata nella norma alcuna contropartita per il trasferimento degli immobili stessi”.

Stop alle ‘garanzie sussudiarie’

Salta a che il comma 9 dell’articolo 8. Sono le garanzie sussidiarie che avrebbero dovuto essere fornite dall’Irfis alle imprese industriali e artigiane. Dizione troppo generica che non pone limiti all’intervento pubblico. “La disposizione, in considerazione della laconicità del suo tenore letterale e dell’assenza di un qualsivoglia limite o criterio di determinazione dello stesso per l’assolvimento della garanzia prestata; rende questa non conforme agli art. 81 e 97 della Costituzione”.

Apertura domenicale e festivi grandi centri di vendita.

Art. 8, comma 18 – Si dispone che le grandi strutture di vendita debbano concordare con il Comune l’orario di apertura al pubblico nonché si prevede la sospensione delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni alle stesse. La disposizione si pone in palese contrasto con il quadro normativo vigente, risultante dall’art. 31, comma 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 211, recante “ Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011. Tale norma, infatti, intervenendo sull’articolo 3, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 233, come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché di quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio.

 

Cas

Art.11, comma 4 – Proroga al 31 dicembre 2014 la validità delle graduatorie del Consorzio Autostrade Siciliane riguardanti gli agenti tecnici esattori stagionali e part time di cui all’art. 5 della L.R. n. 17/2001 di modifica dell’art. 1, comma 1 bis, della L.R. n. 12/1991, ed appare in contrasto con i principi di uguaglianza buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli art. 3 e 97 della Cost. nonché con l’art. 51 Cost. Esso infatti impedisce nella sostanza l’espletamento di nuove selezioni pubbliche per il personale stagionale e part time del Consorzio Autostradale e il conseguente potenziale inserimento di nuovi dipendenti consolidando piuttosto posizioni di lavoro precario, ingenerando nei destinatari l’aspettativa di una definitiva assunzione con innegabili refluenze negative sul buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione garantiti dall’art. 97 della Costituzione

 

Aran.

Art.11, comma 12 – Nel sopprimere l’Agenzia regionale per l’impiego e per la formazione professionale, fa salve le disposizioni di cui all’art. 12 comma 2 bis della L.R. n. 96/1990, che prevede l’assunzione di personale con selezione diretta e mediante stipula di contratti quinquennali di diritto privato rinnovabili in evidente contrasto con l’art. 9, comma 28 del D.L. 78/2010 secondo cui a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009. Poiché la medesima disposizione afferma che si tratta di un principio generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica, al quale sono tenute ad adeguarsi anche le regioni e le province autonome, la norma si pone in contrasto con l’art. 117, 3° comma Cost.

 

Lsu

Art 11, comma 97 – La disposizione nel prevedere una proroga generalizzata del personale destinatario del regime transitorio dei lavori socialmente utili, si pone in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile, nonché con il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione.

Stabilizzazione precari

Art. 11, comma 103 – La norma è censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato si risolve invero in una deroga ingiustificata alla regola del concorso pubblico.
La circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un concorso pubblico, per effetto della diversità di qualificazione richiesta dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato non offre adeguate garanzie né della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti locali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive (sentenza C.C. n. 235/2009).

Leggi anche

Finanziaria, l’alt del Commissario dello Stato
Finanziaria, il testo dell’impugnativa

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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