Mama Kasbah, un po’ di Sicilia a Dublino «In Irlanda c’è più curiosità per la musica»

La Sicilia l’ha lasciata quattro anni fa per seguire un breve corso d’inglese in Irlanda, com’è buona usanza tra molti neolaureati. Ad attenderlo, però, c’era un contratto di lavoro a tempo indeterminato come programmatore informatico in una grande azienda. E così Fabio Pitino, giovane musicista originario di Pozzallo, a Dublino decide di restarci, mettendo per un po’ da parte la musica e le soddisfazioni raccolte con la sua band di allora, gli Skaramanzia. Voce e chitarra del gruppo ska-punk siciliano formatosi nel 2003, racconta che uno dei motivi che lo ha spinto a lasciare la Sicilia – della quale parla e canta ancora il dialetto ragusano – è da cercare nella fine di quel progetto musicale. «Lo stile non andava più bene, l’autofinanziamento era economicamente insostenibile e il gruppo viveva un momento di generale stanchezza», spiega. Ma la voglia di fare musica non lo abbandona e, dopo due anni di ambientazione tra le verdi colline irlandesi, fonda una nuova band multietnica: i Mama Kasbah. Un ponte tra la Sicilia e il mondo, della quale a breve uscirà il primo album, interamente finanziato in crowdfunding da fan e curiosi.

L’emozione di salire sul palco, il calore del pubblico, il desiderio di trasmettere energia attraverso la musica. «Iniziavo a provare nostalgia di tutto questo quando ho incontrato Christophe Redondo, chitarrista e fisarmonicista francese, anche lui emigrato a Dublino – racconta -. Ci siamo subito capiti e così abbiamo steso le basi per la nascita dei Mama Kasbah». Poco dopo, un po’ per caso e un po’ per vera e propria ricerca, Fabio e Christophe conoscono Angel Caballero Ruiz e Carl Masurel. Uno spagnolo e l’altro francese, diventeranno rispettivamente il batterista e il bassista del gruppo a forte vocazione multiculturale, sia nei temi che negli intenti. E lo si nota già dal nome della band. «Mama Kasbah significa casa allargata, comunità, e questo si trasferisce anche nei messaggi che cerchiamo di trasmettere: immigrazione e antirazzismo in primo luogo, ma anche libertà, lotta e attenzione per i diritti umani», spiega Pitino.

E gli argomenti trattati, misti a un sound multietnico – che va dalla rumba al reggae, dalla patchanka allo ska, fino a ritmi balcanici – con testi in italiano, siciliano, francese e spagnolo, piace molto alla gente di Dublino che non nega spazio ai musicisti desiderosi di farsi conoscere. «Con la nostra musica riusciamo a raggiungere anche diverse comunità straniere e questo, per noi che qua siamo degli immigrati, è motivo di grande felicità», puntualizza Pitino. La gioia è ancora maggiore adesso che stanno raccogliendo consensi anche per il finanziamento del nuovo album attraverso la piattaforma di crowdfunding Ulule. «Non chiediamo contributi e basta, ma vendiamo in anticipo il disco ampliando l’offerta con gadget che vanno dalle t-shirt ai biglietti di ingresso per i nostri concerti live».

L’album di esordio è ancora in fase di registrazione in uno studio a Temple Bar, nel centro storico di Dublino. «Non è poi diverso da quando registravo con gli Skaramanzia. Nonostante la location, si cerca sempre di risparmiare sui costi», ricorda divertito. Ma, nonostante ciò, ammette che la capitale irlandese «offre tantissime possibilità ai musicisti perché investe molto nell’originalità della musica e sulla curiosità che può suscitare un gruppo o una singola canzone», continua. Il paragone con l’Italia è di rigore, ma Pitino punta più che altro alla Sicilia e afferma: «Se spesso non si riesce a emergere, è anche per mancanza di idee e non solo per un disinteresse verso la musica da parte di chi amministra le città del sud».

E proprio dal sud dell’Italia sono arrivati ai Mama Kasbah i complimenti del cantautore folk Eugenio Bennato. «Abbiamo riarrangiato il suo brano Brigante se more e a lui è piaciuto così tanto che ci ha chiamati per ringraziarci di aver trasgredito e sperimentato», racconta emozionato Pitino. La nostalgia della sua Sicilia è forte. A quella terra dove già a sette anni suonava il clarinetto nella banda del paese «penso almeno tre volte a settimana – racconta – ma d’altra parte un pezzo del mio cuore ormai è anche a Dublino». Un ritorno, però, non lo esclude del tutto. «Chissà, forse, un giorno…».

Cassandra Di Giacomo

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