Due manifesti con sopra la foto del giornalista palazzolese ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984, accompagnati da un gioco di parole provocatorio, sono comparsi ieri notte accanto alla redazione de La Sicilia e di fronte al palazzo di Giustizia. Ma stamane, in occasione dell'anniversario, nei pressi della sede del quotidiano locale il volantino non c'era più. «Li hanno strappati via», racconta il lettore che ha segnalato le immagini a CTzen
Mafia, volantini ironici per ricordare Fava A 29 anni dalla morte «non solo un legume»
Un piccolo manifesto in bianco in nero, con sopra la foto di Giuseppe Fava, giornalista palazzolese ucciso dalla mafia a Catania il 5 gennaio di 29 anni fa (e che proprio oggi – come ogni anno – sarà ricordato con tante iniziative nella città etnea). Sotto la foto una frase in maiuscolo: «Non è solo un legume». Un gioco di parole con il cognome dello storico direttore de I Siciliani, dal tono provocatorio, che porta solo la firma Yac, Young artist of Catania. Avvistati stanotte in due luoghi che hanno segnato la vita e la carriera giornalistica di Pippo Fava: uno sulla cancellata a fianco della redazione de La Sicilia, in viale Odorico da Pordenone, e un altro su un cartellone pubblicitario proprio di fronte al Tribunale, in piazza Verga.
Il volantino affisso in piazza VergaA segnalare a CTzen la loro presenza un lettore, Davide, che li ha incrociati per caso girando in auto per la città a tarda sera con gli amici. «Un mio amico – racconta Davide – mi ha detto che li hanno strappati via». E stamani davanti alla sede del quotidiano cittadino, del volantino non c’era più traccia, mentre resiste ancora quello affisso di fronte al palazzo di Giustizia. Un messaggio «un po’ pesante», secondo chi li ha fotografati, ma che centra in pieno lo scopo di chi li ha realizzati e attaccati in giro per le strade di Catania. La sensazione del voler ricordare Giuseppe Fava, nel giorno in cui è stato ucciso da Cosa Nostra, non solo come un nome, ma come un giornalista che lottava contro gli intrecci del sistema mafioso , che – come denunciavano Fava e i suoi redattori su I Siciliani– si annidava perfino nelle aule del
Il manifesto in viale Odorico da Pordenone, ora strappatoTribunale della città etnea, tanto da far diventare Catania un “caso” nazionale. Una città in cui negli anni Ottanta la piovra allungava i suoi tentacoli su tutto attraverso politici, imprenditori, giudici e mass media, con il maggiore quotidiano cittadino – La Sicilia – accusato di censurare le notizie sulla mafia. Un’accusa che torna oggi – a distanza di quasi trent’anni – nelle pagine dell’ordinanza del gip catanese Luigi Barone con la quale il giudice sollecita la prosecuzione delle indagini a carico dell’editore-direttore, Mario Ciancio Sanfilippo, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Pippo Fava fu ucciso perché non volle rinunciare al diritto – e al dovere morale – di raccontare perché come scrisse una volta “a che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?” Un messaggio che, a quanto pare, continua a dare fastidio.