Domenico Assinnata junior, rampollo della famiglia Assinnata e figlio di Turi, capo indiscusso dell’omonimo clan operante nel territorio paternese e legato ai santapaoliani di Catania, da qualche settimana ha iniziato a collaborare con la magistratura. La conferma del salto del fossato arriva dalla notifica dell’avviso delle conclusioni indagini ai dodici soggetti coinvolti nell’operazione Assalto di fine agosto: infatti viene specificato, a proposito di Assinnata junior, che è «in atto detenuto per questa causa e domiciliato presso il servizio centrale di protezione».
Le indiscrezioni sul clamoroso passo indietro del figlio del boss si erano diffuse a Paternò nei primi giorni dello scorso ottobre. Le prime dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia avrebbero consentito di chiudere il cerchio attorno ad altri soggetti coinvolti nell’operazione Assalto con contatti diretti con gli Assinnata. Nel registro degli indagati sono finite infatti altre due persone: Rocco Anello, 57 anni, calabrese della provincia di Vibo Valentia, attualmente detenuto per altra causa, e Francesco Iannino, catanese di 42 anni, denunciato a piede libero.
Le dichiarazioni troverebbero conferma anche nelle accurate indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò. Tra gli Assinnata e Anello ci sarebbe stato un rapporto di affare molto particolare, in quanto gli esponenti del clan paternese si sarebbero forniti di marijuana e cocaina proprio in Calabria. Con l’operazione Assalto gli investigatori hanno esaminato il periodo che va dal maggio 2015 e a luglio 2017. In mezzo, i fatti del 2 dicembre 2015, ossia l’inchino dei cerei, le cosiddette varette, sotto casa di Domenico Assinnata junior, durante le celebrazioni di santa Barbara, patrona di Paternò. Per gli inquirenti quell’inchino – con relativo bacio del capovaretta a Domenico e successiva annacata, stava a testimoniare il passaggio del figlio del boss a reggente del clan malgrado la gioventù. Tutto però non sarebbe stato gradito dal vecchio boss Turi: «Non dobbiamo attirare l’attenzione», avrebbe detto in un’intercettazione captata dalle cimici della procura di Catania.
A finire in manette ad agosto, oltre Domenico Assinnata, anche Erminio Laudani,49 anni; il figlio Gaetano, 21 anni; Marco Impellizzeri, 25 anni; Samuele Cannavò, 21 anni; Marco Giuseppe Sciacca, 24 anni; Cristian Terranova, 26 anni; Ivan Gianfranco Scuderi, 24 anni; Rosario Sammartino, 39 anni, e Salvatore Alex Atanasio, 26 anni. Gli indagati sono chiamati a rispondere «dei delitti di associazione di tipo mafioso – come si legge in un comunicato dei magistrati – in quanto ritenuti appartenenti al gruppo Assinnata, quale articolazione territoriale della famiglia mafiosa Santapaola di Catania, facente capo a Salvatore Assinnata, nonché di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, tentato omicidio e di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso».
Aggiornamento del 10 novembre 2018, riceviamo e pubblichiamo dall’avvocato Carmelo Lo Presti:
A seguito della pubblicazione della notizia concernente le vicende giudiziarie del sig. Assinnata Domenico Junior, sento il dovere a tutela della mia assistita, Laudani Giuseppa Rachele, moglie del sig. Assinnata Domenico, di evidenziare l’assoluta falsità della notizia riportata che nuoce gravemente alla serenità della stessa. È mio dovere informarLa che il titolo dell’articolo giornalistico porta con sé il difetto di non aver verificato la veridicità di quanto affermato. La Sig.ra Laudani, infatti, non ha seguito il proprio marito e non trovasi, unitamente al di loro figlio presso alcun centro di protezione, così come riportato dal predetto articolo. Nel pieno rispetto del diritto di informazione e della libertà di stampa, la sig.ra Laudani specifica, altresì, di aver incaricato il sottoscritto professionista di presentare ricorso di separazione coniugale dal sig. Assinnata Domenico.
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