Tredici giorni senza toccare cibo e l'imprenditore vitivinicolo di Linguaglossa continua la sua protesta pubblica, interpellando giorno per giorno il governatore della Regione, il Prefetto e il Procuratore della Repubblica di Catania. Fino ad ora senza ottenere risposte. Stanco di una vita vissuta tra ripetute minacce e calunnie per aver denunciato i suoi estorsori, chiede la tutela delle istituzioni
Mafia, Puglia continua lo sciopero della fame «Si ricorderanno di me solo quando muoio»
Continua nel silenzio di tutti la protesta di Saro Puglia, imprenditore antimafia di Linguaglossa, noto per aver denunciato i suoi estorsori nel 1998 ed essere uno dei testimoni chiave del processo Iblis che coinvolge anche Raffaele Lombardo nel processo per voto di scambio. Niente cibo da quasi due settimane e un messaggio giornaliero, inviato alla città e alle istituzioni. Ma fino ad oggi nessuna risposta è arrivata da parte di queste ultime.
«All’ottavo giorno ho dovuto interrompere lo sciopero della sete. I medici dell’ospedale di Acireale, che mi seguono, mi hanno detto che era necessario. O mi avrebbero ricoverato, perché stava per subentrare un blocco renale a causa della mancanza di liquidi». Così Puglia racconta le sue condizioni di salute, dopo giorni di astinenza dal cibo.
Voce bassa al telefono e tono rassegnato, spiega di non sentirsi già bene da giorni. E’ debilitato. «Non tocco cibo da giorno 24 gennaio – dice – ma a nessuno importa. Mi ha chiamato il sindaco di Linguaglossa dicendomi che, nonostante fosse sembrato assente in questi anni, si è sempre interessato alla mia vicenda. Ma non mi basta – dice Puglia – Questa volta o risolvo tutto o finisco così. Non ho intenzione di sospendere la mia protesta. Hanno sbagliato con le loro lungaggini burocratiche e ora voglio la tutela per me e la vigilanza per le cantine e i miei dipendenti», spiega l’imprenditore vitivinicolo, facendo appello al Procuratore della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, al Prefetto Francesca Cannizzo e al governatore della Sicilia, Rosario Crocetta.
«Sapevo a cosa andavo incontro», racconta l’imprenditore che, anche durante la sua protesta pubblica, dice di sentirsi minacciato. «Da qualche giorno sono iniziate telefonate strane. Mi chiamano, stanno in silenzio e poi riattaccano il telefono. Oppure chiedono: “Dove abita Puglia?” E poi mettono giù».
«Basta con l’antimafia delle chiacchiere – dice – Qui si ricorderanno di me solo il giorno in cui mi ammazzano. E magari verranno tutti: preti, magistrati, istituzioni. Verranno a dedicarmi una piazza. E poi tutto resterà come prima», ripete scoraggiato ma allo stesso tempo fermo nella sua decisione.
Oggi, tredicesimo giorno di sciopero, stremato nelle forze e nello spirito, lancia un ulteriore appello alle istituzioni. Sorretto dalla sola vicinanza dalle Associazioni I Cittadini contro le Mafie e la corruzione, Antonino Caponnetto e dall’Associazione Nazionale testimoni di giustizia vittime di criminalità e crimine.
[Foto di Cantine Don Saro su Facebook]