Mafia, procura chiede di confermare condanna a Nicotra «Da politico e imprenditore era nelle mani dei Santapaola»

«I comportamenti arroganti di Vinciguerra e soci sono compatibili con l’accusa di concorso esterno, perché Nicotra era nelle mani della famiglia Santapaola». La frase arriva a metà della requisitoria, durata oltre due ore, del procuratore generale. È il passaggio più forte, quello che per i magistrati sintetizza meglio i rapporti tra l’ex deputato regionale Pippo Nicotra e il gruppo dei Santapaola-Ercolano di Aci Catena. Ma è anche una citazione. A usare quell’espressione, infatti, era stato in un interrogatorio Santo La Causa, il collaboratore di giustizia con un passato da killer e reggente della famiglia etnea di Cosa nostra, che, a Nicotra, lo ha incontrato. Da latitante e vestito da benzinaio. «Ma senza timore, lo incontrò serenamente addirittura confidandogli di avere preso le redini della famiglia», ha sottolineato il procuratore, facendo riferimento a un’intercettazione in cui Nicotra commenta quel faccia a faccia. 

L’ex onorevole e già sindaco di Aci Catena, questo pomeriggio, ha assistito alla lunga udienza svoltasi nell’aula Serafino Famà del tribunale. Con un completo blu, Nicotra, nel giorno del suo 65esimo compleanno, ha seguito la requisitoria dell’accusa con grande attenzione, lasciandosi andare a qualche piccolo gesto di disapprovazione nei momenti più delicati. La giornata, d’altronde, si annunciava importante e così è stato: l’accusa ha infatti chiesto di confermare la condanna a sette anni e quattro mesi, già comminata in primo grado. Un processo quello che vede alla sbarra il politico e imprenditore catenoto insieme a diversi esponenti dei Santapaola. Contro Nicotra ci sono le parole di diversi collaboratori di giustizia, tra cui Mario Vinciguerra, collegato oggi dalla località protetta in cui si trova. 

Prima che prendesse la parola l’accusa, il professore Giovanni Grasso – legale di Nicotra insieme all’avvocato Orazio Consolo – è intervenuto chiedendo l’acquisizione di un atto giudiziario di fine anni Novanta e delle dichiarazioni di una donna sposata con un uomo, vicino al clan, che avrebbe beneficiato dei favori di Nicotra per trovare lavoro. Dal canto suo il procuratore generale ha provato a smontare i rilievi posti dai difensori partendo da un assunto: il fatto che, fino a oggi, ogni procedimento penale sulla vicinanza di Nicotra alla mafia si sia concluso favorevolmente all’imputato va contestualizzato. Ed è così che è stata ripercorsa la carriera politica e imprenditorale del 65enne. Dai fatti del ’93 con l’opposizione al divieto di celebrazione del funerale del cognato del boss Sebastiano Sciuto, a cui poi Nicotra andò a fare le condoglianze al cimitero, alle molteplici assunzioni nei propri supermercati garantite ai familiari di esponenti della cosca. Ma anche i soldi che secondo Mario Vinciguerra e Santo La Causa – con riferimenti a volte lacunosi a volte troppo datati, che hanno portato all’assoluzione già in primo grado per il reato di scambio di voti politico-mafioso – Nicotra avrebbe pagato per rafforzare consenso nelle tante elezioni che lo hanno visto impegnato sia all’Ars che alle Comunali ad Aci Catena. 

«La vicenda è complessa, e questa complessità nasce dall’ambivalenza della personalità di Nicotra», ha detto il procuratore generale facendo riferimento alla duplice veste di imprenditore e politico, che lo avrebbe messo nelle condizioni di garantire sostegno economico a Cosa nostra in più modi. Ciò che per l’accusa va escluso è quanto invece gli avvocati di Nicotra pongono al centro della propria difesa, ovvero che i soldi dati ai Santapaola fossero frutto di estorsioni. «Tra le parti ci sono legami dalle radici antiche», ha ribadito il procuratore generale. Tra gli esempi citati ce n’è uno che risale a metà anni Duemila, quando il tribunale stabilì nei suoi confronti il non luogo a procedere per l’intervento della prescrizione in un processo riguardante una compravendita di voti legati alle Regionali del 2001, dove il politico si candidò nella lista del Nuovo Psi. Voto di scambio che sarebbe avvenuto con l’aggravante di favorire Cosa nostra. «Il gup in quella sede escluse il favoreggiamento della mafia, ma nonostante ciò specificò come Nicotra avesse accettato di avere rapporti con una serie di soggetti condannati per associazione mafiosa», ha ricordato il magistrato. Per poi chiedere: «Si può ignorare che queste condotte agevolino l’associazione?». La risposta potrebbe arrivare in autunno.

Simone Olivelli

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