Mafia, Pippo Nicotra condannato a 7 anni e 4 mesi I decenni trascorsi vicino alla famiglia Santapaola

È probabilmente la sentenza più importante emessa da un tribunale siciliano da quando sono scattate le limitazioni legate al Covid-19. A pronunciarla pochi minuti fa è stata la gup Anna Maria Cristaldi: l’ex deputato regionale Pippo Nicotra è stato condannato a sette anni e quattro mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione. Si conclude così il primo grado del processo scaturito dall’operazione Aquilia che, a ottobre 2018, portò in carcere diversi appartenenti al gruppo di Aci Catena legato alla famiglia Santapaola facendo luce sui rapporti intrattenuti da questi ultimi, in un arco di tempo di almeno un ventennio, con l’imprenditore. 

A sostenere l’accusa nei confronti di Nicotra, che oggi era presente in aula affiancato dai propri legali, il professore Giovanni Grasso e l’avvocato Orazio Consolo, è stato il pubblico ministero Marco Bisogni. Il magistrato, che aveva chiesto una pena di 9 anni e 4 mesi, ha ricordato i molteplici elementi che proverebbero come la carriera, non solo politica, di Nicotra si sia sviluppata all’ombra della criminalità organizzata. Rapporti che non avrebbero rispettato quella distanza di sicurezza da Cosa nostra richiesta a chiunque, a maggior ragione se si tratta di qualcuno che gestisce la cosa pubblica. Ed è per questo che Nicotra è stato anche condannato a un risarcimento di 50mila euro in favore del Comune di Aci Catena, costituitosi parte civile contro il politico ma non contro gli esponenti mafiosi locali.

Per la procura etnea, la cui tesi sin dal principio ha poggiato sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mario Vinciguerra e Santo La Causa, è altamente probabile che Nicotra abbia ottenuto il sostegno dal clan Santapaola in occasione delle elezioni regionali del 2008 e del 2012. Tuttavia, già nelle precedenti udienze, l’accusa aveva chiesto l’assoluzione per la tornata 2012, per la mancata possibilità di ottenere una controverifica alle dichiarazioni di Vinciguerra, mentre per il 2008 era stata evidenziata l’avvenuta scadenza dei termini di prescrizione

Ciò, comunque, non sposta di una virgola l’assunto dei magistrati: Nicotra e Cosa nostra si sarebbero scambiati favori nel tempo. Il clan, infatti, avrebbe beneficiato della vicinanza dell’ex deputato di Nuovo Psi, Mpa, Pdl, Udc, Articolo 4 e infine Pd in più di un’occasione: il 63enne avrebbe assunto nei propri supermercati uomini indicati dai Santapaola, si sarebbe prodigato all’occorrenza al mantenimento delle famiglie dei detenuti e avrebbe messo a disposizione il denaro dei registratori di cassa per scambiare in contanti gli assegni emessi dagli imprenditori taglieggiati dal pizzo. In una circostanza, poi, avrebbe scambiato in banconote da 500 euro il denaro che sarebbe dovuto servire ad acquistare una partita di cocaina da alcuni trafficanti spagnoli, a loro volta legati a narcos colombiani.

Tra le dichiarazioni confluite nel processo ci sono quelle dell’ex reggente della famiglia Santapaola, Santo La Causa. Ai magistrati ha raccontato di avere incontrato Nicotra. All’appuntamento, tenutosi vicino a uno dei supermercati dell’imprenditore, il boss si sarebbe presentato travestito da benzinaio. Il colloquio era necessario per trattare il pagamento del pizzo su alcuni capannoni nella zona industriale di Catania ma anche a manifestare l’interesse su alcuni terreni di Aci Catena che avrebbero avuto bisogno di un cambio di destinazione d’uso. A fare riferimento a quell’incontro è stato lo stesso Nicotra, preoccupato dalla notizia che La Causa avesse deciso di collaborare con la giustizia. L’estrema vicinanza tra l’imprenditore e i mafiosi avrebbe portato anche al pestaggio di un imprenditore e socio della ditta edile della moglie, accusato di essersi accaparrato di 16mila euro.

«Gli unici rapporti che Nicotra ha avuto con l’organizzazione mafiosa erano esclusivamente di natura estorsiva e legati alle continue vessazioni e richieste di denaro di cui l’attività imprenditoriale del Gruppo Nicotra è stata vittima per decenni – si legge in una nota degli avvocati del deputato, Orazio Consolo e Giovanni Grasso -. Anche nella sua attività politica, nessun scambio di favori è mai avvenuto
tra l’onorevole Nicotra e l’associazione criminale». 

Il sigillo del tribunale sui rapporti tra Nicotra e Cosa nostra arriva 9.846 giorni dopo l’abbraccio che l’imprenditore, all’epoca sindaco di Aci Catena, scambiò con il boss Nuccio Coscia. Era il 24 maggio 1993, quando al cimitero Nicotra, che nei giorni precedenti aveva vivacemente protestato per la decisione dei carabinieri di non consentire i funerali pubblici, si presentò per fare le condoglianze al boss per la morte del cognato Maurizio Faraci. L’uomo era rimasto ucciso durante una rapina a cui aveva partecipato anche Mario Vinciguerra, colui che quasi tre decenni dopo avrebbe contribuito a fare luce sulla parabola dell’onorevole imprenditore. Una storia che per la giudice sarebbe molto lontana da quella di un self-made man.

Le altre condanne:
Arcidiacono Fabio, 11 anni e 32.600 euro di multa
Bella Fabrizio, 8 anni e 8 mesi
Bonfiglio Rodolfo, 8 anni
Cannavò Cirino, 7 anni e 30.200 euro di multa
Cosentino Fabio Vincenzo, 8 anni
Cosentino Gianmaria Tiziano, 14 anni e 14mila euro di multa
Failla Danilo Tommaso, 6 anni e 8 mesi
Fonti Salvatore Nunzio, 8 anni
Grasso Camillo, 8 anni e 8 mesi e 8800 euro di multa
Indelicato Salvatore Rosario, 6 anni e 4mila euro di multa
Manca Antonino Francesco, 8 anni
Messina Carmelo, 3 anni e 3mila euro di multa
Nicolosi Mario, 12 anni e 12mila euro di multa
Panebianco Rosario, 4 anni e 4mila euro di multa
Pappalardo Camillo, 8 anni e 8 mesi
Puglisi Concetto, 15 anni e 4 mesi e 15.400 euro di multa
Rogazione Giuseppe, 9 anni e 4 mesi
Sciuto Stefano, 3 anni
Strano Sebastiano, 4 anni, 5 mesi e 10 giorni e 4480 euro di multa
Vinciguerra Gaetano Mario, 2 anni


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